La
scuola [è] il
compendio, la sintesi di tutti i vezzi e difetti del tempo moderno. Il
gergo
degli scolari, tramato di idiozie puberiali, collima col gergo della
società in
cui viviamo. E la retorica delle aule, col suo culto dei bardi,
dei geni,
della bellezza maiuscola, coi suoi luoghi comuni è la retorica
stessa della
nostra esistenza. Ostentando una fittizia maturità, ogni uomo in
effetti
perpetua le smorfie, la vuota fraseologia, le formule apprese sui
banchi.
Quel limbo vischioso di «latinorum», di ablativi
assoluti, di coniugazioni,
di parolacce viscerali, di professori stantii e isteriliti, quel limbo
(dove si
vive sospesi nel timore dell'interrogazione) è la preimmagine
del nostro mondo
angusto e volgare.
(Angelo Maria Ripellino, prefazione a W.
Gombrowicz, Ferdydurke, Einaudi,
1961)
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