VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo




Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Ianus

A cura di Giuliana Lucchini


Annamaria Ferramosca
Poesie inedite (2007-2009)

Testi in I poeti di Vico Acitillo
Testi in Almanacco di Poesia

 
Evoluzione di una performance
Extranee strutture        
Bionanostrutture
Grandi Madri di Malta
Un'aria di foresta mi batte sulle guance
Lo chiamano abitare
Paesemondo
Sarai famosa

Avessi avuto figlie
Noi etrusche
Un infinitesimo bianco
Un labirinto inciso in lineare B
Techne
Nonostante il solito paesaggio
Nascita
Sempre più spesso dimentico
Al capolinea
Una linguasilenzio felice larga piove







             
 
Evoluzione di una performance
 
 
vorrei dirvi -no- piuttosto dirti
la mia poesia, vorrei
da te ascolto lancinante
risposta acuminata
come fossimo solo noi due
con l’oceano nel mezzo
e ti stessi scrivendo
la mia lettera estrema, di consegna
 
così non mi esibisco
m’invento una parabola
più o meno acuta 
più o meno musicale
per chiederti una maglia
alla rete da lanciare
noi tutti in mare
 
se solo qui e subito ognuno
salendo sul mio palco
dell’incertezza
mi rispondesse muto
- in mano la sua lettera -
sarei il più raggiante dei vincitori
in questo silenzio
che ci esplode in segni


Evolution of a performance
 
I don’t want to tell all of you my poem 
just you, I’d like
piercing attention from you
a sharpened response
as if there were just the two of us
with the ocean in between
and I were writing you
my last letter
 
that way I can’t show off
I invent a parable
more or less clever
more or less musical
to ask you for some mesh
for the net we will all cast
out to sea
 
if only here, and at once, everyone
climbed onto the stage
of my uncertainty
and gave me a mute reply
- holding my letter in their hand -
I’d be the most radiant of victors
in this silence
exploding into signs around us
 
 
 
Extranee Strutture

 
sul monitor sei
senza tregua né appigli
guardo le tue pupille mai sazie           
di lumi extranei
sulla tua fronte inquieta piove
un’insidia di voci tenuissime
dall’accesa coppa virtuale
       
hai sulla testa
non un antiquato, di certo, serto di lauro
ma una lucida tecnocorona
barbara, sfolgorante. La mente
- che non ha chiesto protesi -    
                           vacilla
 
 
Xtrange structures

 
you’re at the monitor
with no truce or hold
I look at your pupils never sated
by xtrange lights
a snare of very faint voices
rains on your anxious brow
from the vivid virtual cup
 
on your head you sport
not an ancient laurel wreath, of course 
but a bright technocrown
barbarous, dazzling. The mind
- not having asked for a prosthesis -    
                                           boggles
 
 


Bionanostrutture
 
                                    
avrò anch’io, come il geco nelle zampette
in qualche area inesplorata del cervello del cuore
sterminati minimi bioappigli
                                          angstrom
capaci di sorreggere
il tuo peso sfrontato di bastione
 
ti sostengo
urtando urlando contro il cielo
mio masso di Stonehenge
col tatuaggio del nome tuo ripetuto
in finissime impronte
- come sulla foglia di loto -
                                      sul mio petto
 
 
 
Bionanostructures

maybe, like the gecko’s little legs 
some unexplored part of my brain or my heart
also has tiny infinite angstrom
                                               bioholds
capable of bearing
your shameless bulwark weight
 
I hold you up
my Stonehenge boulder
pounding shouting at the sky
 
your name repeatedly tattooed
in gossamer impressions 
- as on a lotus leaf -
                             on my chest
 


Grandi madri di Malta

 
equivalenza dell’aspetto fertile del tempo
a questa madre
feliceobesa  guardiana di Tarxien
curvilinea di abbracci
 
semplicità del corpo senza necessità di scrittura
parola sazia sacrale
indicando la direzione morbida innocente
 
doni di granomiele e seme
inarcano i fianchi
il ventretempio imita il cielo
le nove lune trascorrono
in sonno largo di incontri
 
madre dormiente in preascolto del vagito, pure
                                              del nostro lamento
 
 
 
Great mothers of Malta

 
the fertile aspect of time
is equivalent to this mother
a happyobese guardian of Tarxien
curvilinear with hugs
 
the simplicity of her body needs no writing 
like the sated sacred word
pointing out the soft innocent path
 
gifts of hooneywheat and semen
curve her thighs
her wombtemple imitates the sky
the nine moons go by
in a long slumber of encounters
 
sleeping mother wakeful to the newborn’s cry, even
                                                             to our lament
 
 

Un'aria di foresta mi batte sulle guance

 
un’aria di foresta mi batte sulle guance
sto volando
a braccia distese esploro un sogno
siamo voci in stormo
come in cammino su un sentiero d’aria
con la conchiglia la veste monacale
          la sera irradia pulsazioni di canto
 
sto scrivendo
della mia stanza dell’incertezza
nel bagliore tenue dello schermo
che sottrae voce, emoticons
a surrogare parole-carezze sulla pelle          pelle
che almeno scorticasse
della superbia della competizione
della frazione ormai plasmatica del male
oh quanti siamo in astinenza
e la dose d’amore intravista                     
è materia immigrante, flusso peligroso
frutto ibridato - era mela divina - 
a marcire negli angoli
 
sorvolo l’area desertica, le oasi antropiche
                                              della distanza
anche l’area temperata, antropofaga
                              a macchie urbane
 
sto scrivendo
della mia illusione sulle fondamenta
molle cemento in lenta subsidenza del desiderio
sentirmi lambire da lingue-incendio          lingue
a parlarsi, poi
                     solo scintille     buio
 
il risveglio sarà per-voce, ancora          voce
canto battesimale, onda di madre
scalderà d’accoglienza sangue, cellule          cellule           
cresceranno ancora nel timore di spegnersi
nella tragedia che ancora accade
l’odio l’incendio il trasporto dei padri sulle spalle                  
Enea in cammino fino all’Antartide
 
sto guardando
la foresta giù che lampeggia
il verde corpo disteso beneaugurante
a vegliare  sui flussi naturali, sui nuovi nati
- potrebbero tecnomorire - o puri
tornare a correre sulla pianura     salvarsi
di diluvio in diluvio


A forest breeze blows on my cheeks

a forest breeze blows on my cheeks
I’m flying
exploring a dream arms splayed
we are voices flocking 
as if en route on a path of air
with our shell our pilgrim’s robe
evening radiating the pulse of song
 
I’m writing
about my room, its uncertainty
in the soft glow of the screen
that steals the voice, emoticons 
replacing word-caresses on my skin          skin   
if only it would shed
pride competition
the now plasmatic fraction of evil
oh how many of us are deprived
and the dose of love we glimpse
is immigrant stuff, a perilous flux
hybrid fruit  - apple that once was divine - 
rotting in a corner  
 
I hover over desert ground, the anthropic oasis
of distance
over temperate anthropophagous ground too
dappled with towns
 
I’m writing
about the foundations having deceived me
soft cement subsiding slowly with my desire
to feel fire-tongues licking me          tongues
speaking to each other, then
mere sparks     darkness
 
we’ll be woken by the voice, once more
baptismal song, a maternal wave
will warmly welcome blood, cells          cells
will grow again afraid of being extinguished
in the tragedy that is still unfolding
hatred fire fathers carried on our backs                  
Aeneas en route to Antarctica
 
I’m looking
at the forest flickering below
its green body auspiciously outstretched 
watching over the natural flow, over the newborn
- they could die a technodeath - or remain pure
running through the plain once more    be saved
between one deluge and the next  


Lo chiamano abitare

 
lo chiamano abitare: si rotola
sul confine tra deserto e una terra
insolente di promesse, sterile
per dismisura di pianto
eufrate e tigri insabbiati
nel salino di lacrime
perdo lo sguardo smémoro la luce
- sclera bianca -
non riconosco la tua casa che brucia
la tua voce che calma
 
è l’amen della notte questo cielo
polvere raggelata
accade con l’imperfezione annunciata
il riproporsi ostinato del sangue
il dibattersi vano di parole nell’inchiostro dei secoli
storia illudedelude
verità tradiscetrasgredisce:
due civette dai grandi occhi impassibili
stanno -sfrontate- sui Grandi Libri
su ogni colonna miliare o torre ambigua
di avvistamento di controllo 
minaretocupolacampanile
 
tu solo mi raccogli, amore
nel tuo cesto di scintille
in tempuscoli di tuono
 
siamo mandorle di luce nella coppa del buio
minime caparbie vibrazioni
lasceremo tracce di un approdo
un viluppo tremante al riparo
 


They call it living

they call it living: we spin
on the border between desert and an insolent
land of promises, made sterile
by an excess of sorrow  
euphrates and tigris buried in sand
in the salt of tears
I lose my sight the memory of light
- white sclera -
unable to recognise your house burning
your calming voice 
 
this sky, frozen dust
is the night’s amen
the obstinate reemergence of blood
the vain flapping of words on the ink of centuries
come with announced imperfection
history disappointsdeceives
truth betraystransgresses: two owls
with their large impassive eyes
pose - impudent - on the Great Books
on every milepost, or ambiguous
lookout or watch tower 
minaretcupolacampanille
 
you alone pick me up, sweetheart
in your basket of sparks
in the briefest moments of thunder
 
we are almonds of light in the cup of darkness
little stubborn vibrations
we’ll leave traces of our mooring
a trembling embrace in a shelter
 
 


Paesemondo
 
Un paese che si chiama Cocumola è
come avere le mani sporche di farina
e un  portoncino verde color limone.
Uomini con camicie silenziose
fanno un nodo al fazzoletto
per ricordarsi del cuore                                                                                                                                                               
Vittorio Bodini

 
 
ritorno pellegrina                                 
a uno spazio d’equilibrio
sommerso di luce orientale
mia casa-paese protetta che protegge
                senza recinti
 
attraversarla è penetrare
una calda coerenza
un racconto vivo che non si ferma
                oltrepassa i muri
 
partire è lasciarsi dietro un mondo
le sentinelle accese su ogni soglia
non atterrisce nessuna terra dei giganti
flebile ogni canto di sirene
 
la nostra piazza è centro che dilata
cerchi di parole, urti semplici
a dipanare vita, tenere accesi i fuochi
 
quelle foto in cortile, da bambini
         occhi neri vivissimi
frenesia di giochi mai interrotti
ai quattro cantoni del mondo
 
tatuata casa-paese che con noi cammina
ovunque, sotto l’unico cielo scritto dalle stelle
                        paesemondo
                  per vivere, con-vivere


Villageworld
A village called Cocumola is
like having your hands covered in flour
and a green lemon-colored wicket door.
Men wearing silent shirts        
tie a knot in their handkerchief
so as to remember the heart                                                                                                                                                            Vittorio Bodini
 
I return as a pilgrim                                 
to a place of equilibrium
submerged in eastern light
my protected home-village protecting
                without fences
 
crossing it means penetrating
cosy coherence
a living story that never ends
                that transcends walls
 
going away means leaving a world behind
with watchmen alert at every doorstep
no land of giants instills fear
every siren’s song is faint
 
our piazza is a hub that expands
circles of words, simple knocks
to unravel life, keep the fires burning
 
those photos in the courtyard, us as kids
         with our vivid black eyes  
the frenzy of games never interrupted
tig in the four corners of the earth.
 
tattooed home-village that walks with us
everywhere, under the one sky inscribed with stars
                        villageworld
                      to live in, love in


Sarai famosa

 
accende la stanza intera, dal video
frenetica
la tua pelle in moto, giovane e inerme
aggredisce
invaso da suoni lucidi il corpo
inconsapevole trasmuta
sintetico
 
come hanno potuto dileguarsi
tutte le fiabe che ti avevano nutrita
arretrare tutte le leggende
addensarti Nausicaa  iperflessuosa
nel moto convulso che ti svela
occhismarrita efémera di una notte
fragile di troppa attesa
 
poi ti sembra di udirlo, dal buio
oltre l’ultima fila, il fruscio 
qualcosa-qualcuno
                         che s’allontana
 
Raccolgo da terra braccia, gambe
ti riassemblo a fatica
                          per un altro palco
 


You'll be a star

the whole room lights up, on the video 
frenetic
your skin in motion, young and defenseless
attacks
invaded by gleaming sounds your body
unconsciously transmutes
synthetically
 
how could all the fairytales
that fed you have dispersed
all the legends withdrawn                                
made you, super-supple Nausicaä, heavy
in the convulsive moves that reveal you
as ephemeral, losteyed for one night 
frail from so much waiting
 
then you think you hear it, in the dark
beyond the last row, a rustle 
someone-something
leaving
 
I pick up fallen arms, legs
painstakingly rebuild you
                                 for some other stage
 
 
 

Avessi avuto figlie
 
le avrei chiamate con nomi di fiori
Amarilli Artemisia Ninfea  risvegliate dal mito                        
Salvia Veronica Eufrasia benedictae
 
nel giardino dei giorni, un fiore quotidiano
con cui ridere del mondo e cantare riordinando la casa
- ragnatele smagliate dall’urto dolce del canto -
mi sarebbe bastato, anche se
i fiori mai rivelano il loro breve segreto 
solo a sera raccontano
aromistupori del giorno
e il più giovane in boccio può interrogarti
sul senso ambiguo del fuoco
e tu non puoi che rispondere
serve alla civiltà
 
petali fuori posto avrei sistemato
aerei ikebana avrei insegnato
ceduto a nuove geometrie-autonomie
sofferto pure dello sconfinare
di profumi ribelli
fior di progetti avremmo ideato
perché i fiori sanno di simmetrie e fantasticano
di volatile rugiada e foreste imbattibili
le nostre asimmetrie e dismisure
trasferite sui rami, ingoiate dai venti
i fiori accettano
la brevità del colore, lo spegnersi
del fruscio vitale al tramonto
 
lasciarmi sfiorire
appoggiata a uno stelo filiale
attendere
sull’orlo dei calici la fioritura
 


Had i had daughters

 
I would have named them after flowers
Amaryllis Artemisia Lily waking them from myth                        
benedictae Sage Veronica Euphrasy
 
in the garden of days, a daily flower
to laugh with about the world and sing through the chores
- cobwebs ripped by the sweet impact of song -
would have made me happy, even if
flowers never reveal their fleeting secret 
recount the heady scents of the day
only at night
and the youngest, still budding, might quiz you
on the ambiguous nature of fire
and all you can say is 
it’s useful for civilisation
 
I would have tidied wayward petals
taught them airy ikebanas
given in to new geometries, autonomies
even endured rebellious perfumes
wafting across the boundaries
our best plans would have flowered
because flowers know about symmetry and fantasize
about the volatile dew and invincible forests
our asymmetries and excesses
transferred to the branches, swallowed by the winds
flowers accept
the brevity of colour, the dimming
of life’s rustle as the sun sets
 
I’m withering now
against a filial stalk
waiting on the edge of the calyx
for the bloom
 
 

Noi etrusche

 
da voi parole- pietra, telepatiche
perché lungo il tempo
mai abbiamo smesso di parlarci fitto
sul bordo di labbra in sorriso
coprendovi lo sposo - lui convinto -
col braccio le spalle per il viaggio
 
noi furtive e ironiche
abbiamo già solcato quel mare languido
nella decisione che sarà più largo e pacifico
e maternale tutto ciò che da aruspici
abbiamo divinato   
l’attesa a noi si addice
e la festa, nel tempo di Horta delle messi
e di Feronia che fa correre in seno il latte
ancora per le mensa d’aprile prepariamo
l’agnello primo nato
                               e mandorle e miele
 
la danza a noi si addice, muove
solo per corde e voci, a ottundere
l’ultima eco di lame - fluttuano
ancora, agli uomini dietro la fronte -
a cancellargli il canone del rosso
rossa pelle di rosse vittorie 
cantiamo il ruotare di lune
sulle ombre azzurre dei rami dei nidi 
 
noi etrusche oggi, fianco a fianco
a liquefare il ferro delle spade
in conche d’esorcismo
e parole e parole a modellare
la vita in forme vive:
sostegni per la vigna,  sedie
                 per i racconti della sera
 
 
We etruscan women
 
 
from you we have stone-words, telepathic
given that over time we’ve
never stopped talking to each other intently
from the corners of smiling lips
with your husband’s arm - confidently -
round your shoulders for the journey
 
we, furtive and ironic
have already sailed that sentimental sea
knowing that everything we’ve foreseen
as aruspices will be wider, more pacific
and maternal    
the wait suits us         
and the feast, in Horta’s season of harvests
and Feronia’s that makes milk flow in our breast
once more for the April table we prepare
the first born lamb
                             and almonds and honey
 
the dance suits us, it moves
only with chords and voices, blunting
the last echo of blades - still
floating in men’s heads -
erasing the red tradition
the red skin of red victories
we sing the moon’s rotation
on the blue shadows of branches, of nests 
 
we etruscan women today, side by side
liquefying all the iron of swords
in exorcistic bowls
and word upon word we model
life into living forms:
stakes for the vineyard, chairs
                  for night-time stories
 
 


Un infinitesimo bianco
(Dal tg RAI del 26 dicembre 2008:
Prende fuoco una baracca nella pineta di Castelfusano.
Nell’incendio muoiono una donna romena di 33 anni col suo bambino.)

 
 
un infinitesimo bianco
un assestamento del pensiero - brevissimo -
sulla rovente prossimità del volo
sull’ultima tessera a comporsi
 
- ha tre anni mio figlio
e un respiro di resina nel sonno
ecco che allatta alla mia cenere
sul palmo delle mani abbiamo un marchio
a fuoco, di pinoli e bacche d’agrifoglio
ieri ne raccoglievamo ridendo
in lite con i merli -
 
 
 
A split second of light
(From RAI News, 26 December 2008:
 A fire has broken out in a hut in the Castelfusano pine forest.
A 33 year old Rumanian woman and her child have died in the blaze.)

 
 
a split second of light
a thought settles - ever so briefly -      
over the burning proximity of flight
over the last piece of the mosaic to be laid
 
- he’s three years old, my son
and breathes resin in his sleep
now he’s suckling on my ashes
on the palms of our hands we have the flaming
mark of pine nuts and holly berries
yesterday we were laughing as we collected them,
fighting off the blackbirds -
 

Un labirinto inciso in lineare B
 
un labirinto inciso in lineare B 
sigillo interno
da sempre nasce con noi
ci segue ci segna
 
come nel gioco a quadri quando
disegnavamo in terra una campana
vita percorsa a balzi, intrico che dipana
bambine-Ariadni attente
a non calpestare il limite
mentre ostinati i piedi battevano
sulle sbarre del mondo
i voli, gli arresti smarriti
 
un labirinto in sinuosa traccia danzante
che di continuo inverte il moto
in ricordo dello sperdimento scuro
della biforme vinta creatura
ancora oggi mito
ogm-chimera
 
ci salva la donna dei gomitoli
signora del labirinto
con le sette stanze dello stupore
nella sua cavità delle nascite
offrirle un vaso ebbro di miele
un grazie danzato tutti legati a un filo
nel buio dei meandri chiaro s’avvolge
si svolge irresistibile
uno scialle si agita nella danza del ragno
Aracne annoda e snoda la sua tela d’incontri



A labyrinth etched in linear B

a labyrinth etched in linear B 
an internal seal
from the beginning born with us
following us branding us
 
like the hopscotch squares
we drew on the ground, a life-path
travelled in hops, the intricacy unravelling
we, little Ariadnes careful
not to cross the boundary
while our feet obstinately beat
against the bars of the world
the flights, the bewildered stops
 
a labyrinth in its sinuous dancing trail
that keeps inverting motion
recalling the dark disorientation
of the defeated bi-form creature
the GMO-chimera
still a myth today
 
we are saved by the lady with the ball of fleece
mistress of the labyrinth
with the seven rooms of wonder
in her cavity of births
we’d like to offer her a drunken cup of honey
a dance of gratitude all linked by a thread
in the darkness of the meanders a shawl winds
irresistably unwinds
flaps in the spider’s dance
Aracne knots and unknots her web of encounters
 
 
 


Techne
(come si scolpisce un santo)
 
centrali le mani nel cercare
la chiave d’una porta  materica
mentre indietreggia l’aria e accade
il pigreco dell’attesa
sbozzato profilo di padremadre
pietra di accumulato amore eviscerata
forma improvvisa che respira
                                          altro occhio
 
energia palpabile di roccia, vibrata
da nodi antichissimi, disfatti
febbrili polso e dita
segnano l’aria di voli di brusii
soffiano dall’incavo nebbiolina marmorea
come mano di madre che deterge
del latte il mento del neonato
                                    
centrale, il santo Kevin 
sasso addensato in beatitudine
nella fissità illimite obbediente
parolapietra di venerazione
a braccia tese il santo Kevin
col palmo aperto fuori dalla finestra
a far da nido al merlo che vi si era posato
                                        fino alla schiusa
 
 
Techne
(how to sculpt a saint)
 
central to finding the key
to a door made of matter are hands
while air recedes
and the awaited greek pi appears
the rough profile of a motherfather
accumulated love in stone, eviscerated
an unexpected form that breathes
                                   another eye
 
rock’s palpable energy, throbbing
from ancient nodes, undone
feverish pulse and fingers
etch the air with flights and murmurs
blow marbled mist from the hollow
like a mother’s hand wiping milk
from the newborn’s chin
                                    
central is Saint Kevin 
stone made solid in its bliss
in its limitless obedient fixity
stone-speech to be venerated 
with arms outstretched Saint Kevin
opens his palm outside the window
as a nest for the blackbird that alighted there
                                   till it was time to hatch
 
 

Nonostante il solito paesaggio

 
nonostante il solito paesaggio
il nuovo deve compiersi
assumerò il tuo viso a mio nirvana
dall’angolo acutissimo della consistenza
i tuoi occhi
                frecce di parole
mi raggiungevano
fino a ferirmi di rinascita
 
rimane ora il silenzio
tuo aereo ensemble di suoni
l’evanescenza cauta della bellezza
questo moto supernaturale del corpo
consonante alla salita di questa linfa d’aprile
alla ferocia struggente dell’abbandono
dicevi mai sarà tempo di lacerazioni
solo tepore d’onde in cui tuffarsi
seguendo l’espandersi dei cerchi 
 
- ancora la tua voce -
ora che giocallegro a calcetto
mio ragazzo nuovo delle tue cornee
i tuoi occhi
              fatti per sommuovere



Despite the usual landscape

 
despite the usual landscape
I must find new ways of moving on 
I’ll feign your face in my nirvana
from the most vivid angle of your being
your eyes
             arrows of words
used to reach me
till they wounded me with rebirth
 
now there is silence
your airy ensemble of sounds
the evanescense of beauty
this supernatural movement of the body
in harmony with the rise of this April lymph
with the disconsolate ferocity of abandonment
you used to say there’ll be no more time for grief
only the warmth of waves to dive into
following the rings as they spread
 
- still your voice -
now that this boy happy-kicks
his ball, renewed with your corneas
your eyes
               made to move
 
 


Nascita        
per Annina, figlia di Maria Grazia   
 
il tuo tuffo albale  l’odore
di nebbia del premondo
ti hanno lavato via dalla pelle
la vernice del caos  
sei nel mare d’ossigeno e d’occhi
coi pugni stretti bussavi
che si lacerasse il morbido scafo
il cielo si è incurvato
sul tuo battere di vele al passaggio
 
facile seguire la corrente
su scie di madre-musica, voce ag-Graziata
sei scivolata in un fascio di papaveri
su questa terramara di palafitte
che ancora ondeggia, non sorregge i giacigli
 
ti siano dolci il canto-latte, i fiori sulla riva
le curve morbidissime dei ponti
ti sia chiara la luce che già bevi
nella percezione di minime
costellazioni - scintillano
i denti di Arturo che sorride -
e già vuoi sulla pelle a tatuarti
le prime gocce ardenti di parole
 
felici ore a te, planata
sulle nostre ginocchia in preghiera
volerti prendere per mano
e tu a guidare                       


Birth                  
for Maria Grazia’s daughter, Annina
 
your dive at dawn    the scent
of mist from the pre-world
they’ve washed the waxy chaos
from your skin  
you’re in a sea of oxygen and eyes
with clenched fists you knocked
so the soft hull would tear
the sky curved round your beating sails
as they went by
 
it’s easy to flow with the tide
in the wake of mother-music, its Grace-ful voice
you slipped into a host of poppies
in our terramara built on stilts
still bobbing, unable to hold up our pallets
 
may the milk-song, flowers on the riverbank
the gentle curves of bridges be sweet for you
may the light you already drink
be clear as you perceive the tiniest
of constellations - Arturo’s teeth
sparkling as he smiles at you -
and on your skin you already want to tattoo 
the first ardent shower of words
 
may your hours be joyful, planing
on our knees bent in prayer
wanting to take your hand
so you can lead                       
 


Sempre più spesso dimentico

 
sempre più spesso dimentico             
dove ho parcheggiato la macchina
si somigliano tutte le strade
nel sentore del mare che avanza
nel confondente richiamo delle pietre
dall’ultima riva     un brusio
familiare soffia sulla nuca 
sulle vele inarcate a proteggere
la mia traversata
 
là respira, in attesa
questa mia terra del moto selvatico
si stacca dal continente, in silenzio
come la zattera di Saramago
 
là devo accompagnare
tutti coloro che mi sono partiti
salvare le voci le mappe
i consigli di viaggio i contagi di luce
 
ecco perché con pazienza
da qualche parte la mia macchina aspetta
 
 
Increasingly i forget
 
increasingly I forget
where I’ve parked the car
the streets all look the same
with their sense of the sea encroaching
with the confusing call of stones
from the last riverbed     a familiar
buzzing blows on the nape of my neck 
on full sails that protect
my crossing
 
that’s where this land of mine breathes
with its wild motion, waiting,
it detaches from the continent, in silence
like Saramago’s raft
 
that’s where I must accompany
everyone who is gone from me
save the voices the maps
the travel advice the contagions of light
 
this is why somewhere out there
my car is patiently waiting 
 
 
Al capolinea                                            
 
salire sul 160, capolinea paziente
tra i due platani - sempre alla stessa ora -
muta solo l’umore, come le nuvole
                          uguale la mancanza
 
Il posto che preferisco è quello in fondo
al centro della fila orizzontale, il migliore
per assistere al film, puntuale:
piccola folla composta, in parte seduta in parte in piedi
si parla con sguardi, diffida di chi le sta accanto
          lo ama  lo cerca  lo urta
nell’inclinazione sottile dei corpi
ciecamente consegnata alla fatalità del moto
ognuno coprendo il suo cosmico tratto di asfaltocielo
 
E non so perché mi commuove
tutto di questo bus fendinuvole:
la marcia il freno i sobbalzi il contrasto dell’aria
il riflesso sul vetro del pianto stellare
il turbinio del sangue sottopelle
- nostalgia del bigbang - se il cuore
sta meditando di rallentare, predisporsi al viaggio
 
Guardo il treno correre nelle pupille di chi mi è davanti:
piccole locomotive accendersi - un bimbo mi fissa curioso -
curiosa anch’io di vedere la sua fermata di scintille
decido di non scendere ancora
mi abbarbico al sostegno di uscita 
(il viale continua oltre la piazza ?)
 
Infine che cosa ho fatto se non
lasciarmi andare sulla scia dei nomi?
amicheamici che mi aiutate a scenderesalire
gioisco del vostro tocco      non so darvi in cambio
che qualche ritmo e un brusìo
di un arrivo lontano
                              che già è partenza   
 


At the first stop
 
                                                     
getting on the 160, the patient first stop
between two plane-trees - always at the same time -
only the mood changes, like the clouds
                                 while loss remains
 
my favourite seat is that one down the back
in the middle of the horizontal row, the best
for watching the film that punctually unfolds:
a small prim crowd, some sitting some standing
chatting with glances, mistrusting whoever’s beside them
          loving   searching      knocking against them
in the gentle give of bodies
blindly resigned to the inevitability of motion
everyone covering his own cosmic bit of asphaltsky
 
and I don’t know why everything
about this cloud-cutting bus moves me:
the speed the breaks the jolts the contrasting air
the reflection of wailing stars on the glass 
the swirling of blood under the skin
- a hankering for the big bang- while my heart
is thinking of slowing down, preparing for the journey
 
I watch the train go by in the pupils of the person in front of me:
little engines lighting up - a curious child stares at me -
as I am curious to see his sparkling stop
I decide not to get off yet
cling to the pole at the exit
(does the route go beyond the piazza?)
 
in the end what have I done except
wander willingly over a wake of names?
menwomen friends who help me get on and off
I rejoice in your touch       in return can only give 
the odd rhythm and the hum
of my arrival long ago
                                that is already a departure   
 
 
 


Una linguasilenzio felice larga piove

 
una linguasilenzio felice larga piove
penetra cantapetali dentro     nel
dentro innocente sanguelinfahumus
permea senso          senza
metallo che risuoni
 
da muro a muro da spina a spina
i dispersi al tocco sussultano si stringono                      
di fronte è la gelida notte
lontane le due torri come mammuth
emersi domani dalle nevi
 
ecco che galleggia sopra di me un Atlante
di sperdimento          avvampa
così intensa la musica      
ha forma d’arpa il telaio
tutti quei pesi di terracotta     
a piombo come ghigliottine
ora stanno in levità di vibrafoni
nel primitivo piegarsi delle spighe
spose che vanno, culle
luce sul confine tra carezza e lama
 
abbiamo consegnato le ferite
insieme alle armi, preferito la festa
le lunghissime tavole sonore
il miele delle nozze diffuso
tornare nudi su terra nuda
farsi gola d’agnello mille volte
se occorre ancora sangue
per il gocciolio della fine
 
porte del mondo che ritornano alberi
città come campi da seminare
illuminati a regno     piove
un silenzio-beatitudo
sonno infantile, lava che pietrifica
   
una fila di pietre da riscrivere
 
 
A languesilence long and happy rains
 
a languagesilence long and happy rains
penetrates petalsongs inside     in the
innocent inside, bloodlymphhumus
permeates meaning with          without
metal that might resound
 
from wall to wall from thorn to thorn
dispersed people are startled by touch, reunite
faced with the freezing night
the two towers are gone like mammoths
emerging tomorrow from the snow
 
now the Atlas mountains float
over me          bewildering, burning
the music so intense
the loom looks like a harp 
all those terracotta weights
like leaden guillotines
now light as vibraphones
among the primitive bending of wheat
brides ambling, cradles
light on the border between caresses and blades
 
we’ve handed over the wounds
and our arms, we’ve chosen the feast
its long boisterous tables
wedding honey flowing
we’ll return naked to naked earth
be the lamb’s throat a thousand times over
should blood be required once more
to drip slowly to an end     
 
doors of the world back to trees
cities as fields to be sown
lit like kingdoms     it’s raining
beatitude-silence
a child’s sleep, lava that petrifies
 
there’s still a row of rocks to be rewritten
 
Da Other Signs, Other Circles
Poesie scelte 1990-2009, Chelsea Editions, New York, Series Contemporary Italian Poets in Translation, 2009, introduzione e traduzione di Anamaria Crowe Serrano    

 


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