Le
Milleuna
Per
Valeria Magli (Nanni Balestrini)
Le
Milleuna (Gigliola Nocera)
2.
Per Valeria Magli (Nanni Balestrini)
Pensare
a Demetrio Stratos significa oggi pensare ai magici e terribili anni 70,
gli anni
delle lotte e delle speranze, gli anni degli entusiasmi e delle
sconfitte.
Anni in
cui tutto era messo in gioco, bruciato e perduto, vissuto per sempre,
irripetibile
e
indimenticabile.
Anni di amore e d'odio, di passione, d'ironia, d'intelligenza, di
certezze
e di
disperazioni,
vissuti col fiato in gola, fino all'ultimo respiro. Anni in cui la vita
e il mondo cambiarono, ebbero nuove forme e colori, nuove musiche e
nuove
voci.
E Demetrio
fu una delle nuove musiche e delle nuove voci di quegli anni,
in Italia
certo la più bella, la più forte e la più amata.
Quegli
anni morirono quando Demetrio scomparve nel giugno 1979, mentre le
prigioni
si riempivano
di giovani e in Italia scompariva la gioia e la speranza, l'entusiasmo
e i colori
e il respiro.
li respiro di Demetrio è rimasto nel nastro magnetico di
Milleuna,
lo spettacolo
che pochi
mesi prima della sua morte fu interpretato a Milano da Valeria Magli.
E questo
rende possibile ancora oggi, a dieci anni di distanza, di rivivere la
sua
voce inimitabile, distolta per una volta dal suo impiego musicale, dal
canto o dalle sperimentazioni fonologiche. Milleuna è stata
realizzata
per la rassegna Sexpoetry organizzata dal teatro
Out Off,
ed è nata con un lavoro di stretta collaborazione fra Valeria
Magli,
Demetrio e me.
II mio
compito è consistito nella preparazione del testo e dello schema
dell'azione.
Il testo
si compone di cento parole, tutte che iniziano con la lettera "S" e
tutte
cariche
di qualche
connotazione o allusione sessuale. Per evitare ogni tentazione
narrativa
o interpretazione realista, le parole si susseguono in ordine
alfabetico.
Di questo teso,
Demetrio
ha inciso cinque diverse letture, ognuna in crescendo di
intensità
sonora e di ritmo,
che formano
la prima parte del lavoro. La seconda parte è speculare della
prima,
e dunque decrescente nell'intensità sonora e nel ritmo, fino a
tornare
nella posizione iniziale.
Si hanno
così due volte cinque serie di cento parole ognuna, per un
totale
di mille parole,
a cui si
aggiunge, milleunesima, la ripetizione della parola iniziale, come per
alludere
alla
possibilità
di aprire un nuovo ciclo. Sulle cinque serie base, Valeria Magli ha
costruito
cinque
quadri caratterizzati ognuno da una diversa figura mimica o da un
diverso
oggetto
scenico:
un ombrellino, una palla, un cappello a bombetta, delle ali d'argento,
una sedia.
Lo spettacolo
è immerso nell'oscurità, su ogni parola pronunciata dalla
voce di Demetrio,
il corpo
di Valeria appare in un lampo di luce, immobilizzato come un tableau
vivant.
Anche i
quadri visivi si ripetono speculari nella seconda parte, fino a formare
milleuna
pose diverse.
Demetrio Stratos non ha mai visto questo spettacolo. E noi siamo rimasti
per sempre
orfani della sua voce, del suo sorriso e del suo fascino profondo.
Ma ci ha
lasciato qualcosa di prezioso e irripetibile che non ci
abbandonerà
mai.
3.
Le Milleuna (Gigliola Nocera)
Se è
vero che ambigua è l'arte del "dire", e che con tale
ambiguità
han fatto i conti tutti,
dagli antichi
rétori ad oggi, è vero che Demetrio Stratos è
stato
di questa ambiguità
esploratore
solitario, ma forte ed audace quant'apri mai. Le Milleuna (e già
mi chiedo:
come
definirlo,
questo testo?) nasce esso stesso all'insegna di un'identità
volutamente
ambigua:
non perché negata, ma perché multipla, stratificata,
diversa.
Sappiamo già
che Le
Milleuna, testo da "dire", si origina da una sintesi quanto mai unica
di
tre diverse
funzioni:
la scrittura, il suono, il movimento. Tre diverse funzioni che sono tre
diversi modi
di articolare
il linguaggio, la comunicazione: cento parole scritte da Nanni
Balestrini
su richiesta
di Stratos che si moltiplicano, nel "dire" di Demetrio, fino a
diventare
dieci volte
tanto,
fino a diventare mille e una parola; diverse tutte, tra loro, tranne
che
per l'iniziale
lettera
"s", tranne che per quell'unico filo che le lega tutte in un sibilo, un
sospiro,
un sussurro
senza sosta. Accanto ed intorno a mille e una parola, a mille e un modo
di "dire",
ecco mille
e un modo sperimentati da Valeria Magli per muovere il proprio corpo di
ballerina.
Questa
la sintesi, questo l'unicum che Le Milleuna ha rappresentato per noi e
per tutti
coloro
che dall'anno della sua creazione, il 1979, pochi preziosi mesi prima
della
morte
di Stratos
- hanno assistito alla sua performance nei teatri di tutto il mondo.
Ma adesso
Le Milleuna è tutto qui, è voce sola, è solo dire:
e proprio a partire da questo
bisogna
rifare i conti (sempre aperti, come con tutta la produzione di Stratos),
con la
apparente frantumazione che questo testo subisce nel suo farsi
solamente
suono,
o
pronunciamola,
la parola disco. Ed è qui, finalmente, che a mio parere si
verifica
la felice
liberazione della ambiguità: la voce di Demetrio, che ripete e
moltiplica
in parabola sonora
le cento parole di Nano-i Balestrini, e che non è più
accompagnata
da mille corpi
di Valeria
Magli, non è superstite di un trittico felice, non è
naufraga
di un viaggio
in compagnia,
non è relitto. La voce di Demetrio che scandisce Le Milleuna,
testo
nato
già
in partenza come audace impresa trinitaria, sa e vuole essere qui
audacemente
una e trina.
Lo scopriamo
adesso, grazie a questo disco, e ci si apre dinanzi un abisso
inquietante
in cui
l'ambiguità si fa ricchezza, e la voce - il suono, il "dire" -
si
fa con rinnovata impetuosità scrittura e movimento. Ancor
più
che lo spazio magico di un palcoscenico teatrale
che Stratos,
Balestrini e Magli avevano voluto quasi disadorno affinché su di
esso
grazie
a pochi oggetti e a semplici e reiterati colpi di luce - spiccassero il
suono
e il
movimento,
è l'astratto palcoscenico di un disco che ci fa scoprire la
capacità
diabolica
della voce
di Demetrio Stratos. Stratofonia, voglio chiamarla, e dire che essa sa
essere suono
che si
fa corpo, corpo che si muove, e che muovendosi crea e semina la traccia
di una scrittura
che vive
a sua volta in un nuovo suono. Così per mille e una volta, in un
giro senza fine
che non
si riveste di alcuna voluta ossessività alla Erik Satie, ma che
si fa incanto fabulatorio
come quello
di Shéhérazade. E chissà che per Stratos la figura
antica e leggendaria, venuta
da un ignoto
oriente, di Shéhérazade che narra e narra per non morire,
non abbia costituito
un punto
di riferimento profondo, forse un esorcismo inconscio: un'ennesima S da
cui le mille parole di Balestrini, tutte inizianti per s come sesso,
prendono
nome e vita.
Sesso e
dunque Eros.
Ed è
allora nell'infinita iterazione di una parola che si fa Eros che
Shéhérazade
e Stratos
trovano
forse la chiave per esorcizzare Thanathos, e non morire più. A
questo
punto è la Voce
che sa
essere motore trinitario, che sa fare delle allitterazioni di
Balestrini
un gioco di sussurri
tanto quanto
di impetuose sonorità, e creare un corpo di ballerina che salta,
e sale, e scende,
e scivola
dentro e tra le parole non tralasciando di essere corpo anche quando si
fa silenzio.
Sì,
Le Milleuna è un grande corpo sonoro, erotico soprattutto
perché
eretico, e per il quale
nessuno
vi porgerà amabilmente alcun lasciapassare.
Forse Le
Milleuna è Stratos, che ci consegna sè stesso attraverso
un gioco rischioso,
attraverso
un percorso labirintico, ma incantatore e sinuoso, come quello della
lettera
S
dal corpo
di sirena.