Segmenti
uno
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due
Segmenti
tre
Segmenti
quattro
Mirologhi
1 (lamento d'Epiro)
Metrodora
Mirologhi
2 (lamento d'Epiro)
Le corde
vocali vibrano non per l'aria sospinta dai polmoni ma per impulsi
provenienti
da centri celebrali (R. Husson, 1951). La teoria neurocronassica di
Husson,
dopo molti esperimenti, non è stata del tutto accettata dalla
fisiologia
moderna; in realtà tuttora non si sa esattamente da dove venga
la
voce... Oggi si parla della voce come di uno strumento difficile da
suonare;
ma contrariamente a qualsiasi altro strumento che può essere
riposto
dopo l'uso, la voce non si separa mai dal suo proprietario e quindi
è
qualcosa di più di uno strumento. L'ipertrofia vocale
occidentale
ha reso il cantante moderno pressoché insensibile ai diversi
aspetti
della vocalità, isolandolo nel recinto di determinate strutture
linguistiche. È ancora molto difficile scuoterlo dal suo
processo
di mummificazione e trascinarlo fuori da consuetudini espressive
privilegiate
e istituzionalizzate dalla cultura delle classi dominanti.
Segmenti
non è affatto basato su un repertorio di effetti sonori vocali,
più o meno inediti. L'ordito della voce è qui portato
alle
sue estreme possibilità, introducendo l'elemento rumore
attraverso
l'onomatopea. Lo sbarramento volontario che frena la pressione
dell'aria
sospinta verso l'esterno dai polmoni non permette la fonazione totale;
e le oscillazioni delle corde vocali in massima tensione fanno
scaturire
un accavallamento di scorie di armonici, tali da spingere al riso il
profossero
di canto o il laringologo (... cosa ridi, cretino! anche questa
è
musica - R. Ashley). Le cinque voci glissate determinano a volte un
mosaico
di armonici e sulla «zona di articolarione» le vocali
sfociano
in una consonante esplosiva. Questo «suicidio vocale»
assume
il significato di cristallizzazione di una dimensione catartica.
Mirologhi
1 (Lamento d'Epiro) recupera in modo critico e dialettico il
linguaggio
d'improvvisazione dei clarinettisti d'Epiro ed esprime un atteggiamento
di primitiva energia rivissuto intensamente dal profondo, al di fuori
di
idealizzazioni posticce o scaltri sfruttamenti di una tradizione. A
fianco
della voce, Paolo Tofani elabora col sintetizzatore (Serge Tcherepnin
Eletronic
Music System) delle gocce sonore ottenute dalle frequenze di risonanza
di due filtri V.C.F. modulati da un digital sequensor.
Mirologhi
2 mette in discussione l'improvvisazione del Lamento d'Epiro,
essendo
una vera e propria manipolazione del nastro precedente: sono in
sostanza
dei frammenti da esso casualmente estratti e ravvicinati. Ciò
che
ne risulta è un continuum sufficientemente significativo da
avvalorare
la tesi che la improvvisazione nel Lamento d'Epiro altro non sia stato
che il recupero di frammenti inconsciamente selezionati e preregistrati.
Metrodora
(ovvero come gridare e produrre qualsiasi suono con la voce). I
frammenti
dal codice medicoginecologico postippocratiano di Metrodora (celebre
medico-donna
attiva a Bisanzio nel VI secolo dopo cristo) hanno suggerito il testo
di
questa diafonia.
La prima
voce esegue una formula rigorosamente ripetuta in 6/4,
finché-dopo
un'accellerazione
progressiva-
l'accento si sposta su 4/4.
La seconda
voce usa dei frammenti diversi e può spostarsi liberamente.
In alcuni
momenti le due voci sembrano alternarsi, come se una rispondesse
all'altra
(antifonia);
accellerando
progressivamente in parallelo, succede spesso che una delle due parti
sembri
anticipare
o attardarsi nei confronti dell'altra, sebbene in realtà il loro
incontro stabilisca sempre
una tipica
situazione di diafonia.
I materiali
qui registrati vanno intesi come proposte di liberare con la maggior
naturalezza
possibile
l'uso della voce. Per questo non sono presi in considerazione
«trucchi
tecnologici» per modificare il timbro della voce sono stati
adoperati
soltanto una corda, una cartina Rizla per sigarette e un bicchiere di
acqua.
Se una «nuova vocalità» può esistere
dev'essere
vissuta da tutti e non da uno solo: un tentativo di liberarsi dalla
condizione
di ascoltare e spettatore cui la cultura e la politica ci hanno
abituato.
Questo lavoro non va assunto come un ascolto da subire passivamente,
«ma
come un gioco in cui si rischia la vita» (J.J. Lebel).
Demetrio
Stratos