Il
compagno
Luther sapeva bene che la sua vita quotidiana era mezzo e scopo della
lotta.
Venduto dal mercante di suoni e di parole Elton John al Milan
pre-berlusconiano,
si caló immediatamente nella condizione di produttore
immateriale
di potere simbolico, ribaltandone il senso e riaffermando il conflitto
in ogni suo gesto. Solo il tifo cieco dell'etá acerba mi spinse
allora a desiderarne la morte per quei palloni così crudelmente
malmenati, o per quello stop sbagliato contro la Roma, su un passaggio
rasoterra giunto quasi inerme sino a lui. In realtá lui stava
sabotando,
imponeva all'immaginario di ottantamila produttori-consumatori il gesto
del cuneo di legno, il sabot, infilato dall'operaio nell'ingranaggio
della
macchina; e anticipava, al tempo stesso, il virus del computer della
societá
di controllo e comunicazione. Blisset si sottraeva all'integrazione
sistemica,
capiva che il capitale è un parassita che succhia quanto di
più
umano c'è in te. Il gioco del calcio era pratica di interazione,
comunicazione, intelligenza e conoscienza, che lui vedeva veicolarsi
verso
la valorizzazione della merce.
Decise allora
di non essere un'interfaccia di quel meccanismo, decise di interrompere
la comunicazione, di essere un cortocircuito vivente. Così
incominció
ad aggirarsi apparentemente distratto per il campo, ma in realtá
ben vigile, attento a non raccogliere nessun segnale proveniente dagli
altri rossoneri né, tantomeno, ad inviarne. Doti di preveggenza
certo non gli mancavano. Non a torto egli vedeva nei compagni
potenziali
agenti del capitale; in quella fucina si formeranno infatti i Baresi, i
Tassotti, l'ossatura di quella macchina produttrice di immaginario di
dedizione
e di etica del lavoro che sará il Milan dei grandi trionfi.
Non mancava
inoltre di diffidare dell'ala progressista dello spogliatoio: per
tagliar
corto rifiutó ogni subdolo invito del portiere Terraneo che,
sotto
forma di lunghi lanci, gli suggeriva la partecipazione al gioco.
Così
anche a Milanello smise di parlare con chicchessia.
Divenne
allora invisibile, impossibile da rappresentare in funzione del legame
sociale; una vera mina vagante pronta a riaffiorare ogni Domenica in
modo
inaspettato, con un gesto inconsulto che spezzava la gelida
normalitá
del sistema-calcio. Questo autentico rivoluzionario puntó tutto
sull'autovalorizzazione, creandosi una nicchia di libertá
fondata
sulla sistematica sottrazione di ricchezza al ciclo della
valorizzazione.
Non si hanno
più notizie, ma io immagino questo territorio come un luogo del
tempo spezzato, uno spazio in movimento tra Brixton e i Caraibi dove
ancor
oggi qualcuno costruisce sapere e relazione. Lì il piacere ha
più
senso della rinuncia, in funzione di un progetto estraneo alla
felicitá.
Forse il solo ritmo reggae della natia Giamaica detta il tempo di vita
nell'intersitzio in cui si gettano le fondamenta della rivoluzione.
Lutero,
il bombardiere nero, uno di noi.