Sta
di
fatto che si vive ormai come se. Il come è interno, non è
formale. Diciamo, come se qualcosa fosse atteso dappertutto e da tutte
le parti, tale che cambi in un punto solo tutte le cose dal nero al
bianco.
Sta di fatto che, al presente, viviamo come se qualcosa di formidabile
stia per farsi realtà. Che ciò paia soltanto e non sia
poi
vero, o lo sia senza che gli aspettanti riconoscano quanto di altro
comincia
realmente ad operare, è faccenda della quale discuteremo. Sta di
fatto che al presente alcuni di noi vivono come se qualcosa di
formidabile
stia per entrare finalmente nella realtà. Adesso vai a credere
che
l'altro, il formidabile consista davvero nello squallido suolo lunare,
su cui dei militari americani (ma avrebbero potuto essere sovietici e
faceva
lo stesso) hanno passeggiato faticosamente. Qui si tratta nientemeno
che
della possibilità che il nostro essere partecipi direttamente
dell'altro,
e il potere, stupidamente,
non riesce
a proporre come novità che la doppia sciocchezza
dell'esplorazione
dell'abbaino. Avessero almeno pensato a utilizzare l'energia psichica
dei
milioni di individui giacenti sui marciapiedi e i cigli stradali del
mondo.
Ma la rozzezza verso la quale respinge l'abitudine
all'oggetto?proprietà
non lascia vedere problemi diversi da quelli del carburante, del mezzo
meccanico o della legge della caduta dei gravi. Ci vuole altro. Eppure,
le cose più vere ci sono. Lasciamo pure andare l'energia
psichica,
ma quei milioni di corpi, non nacquero forse per godere? Qualcuno di
quelli
che possono, ha mai pensato a questo? Certamente no, e tuttavia
è
un pezzo che si ammette che l'essere è la persona. Il discorso
si
fa per quelli che più degli altri risultano di ciò
consapevoli
e va condotto sull'enorme responsabilità che essi si assumono
nel
momento stesso in cui operano come se e basta. A volte si è a
ciò
indotti perché si pone, fondata, l'esigenza, della propaganda,
ma
è innegabile come, parallelamente alla riproduzione in copie di
un oggetto, quella medesima abitudine all'oggetto?proprietà
dà
origine sia al feticismo tipico dell'animale estetico (per cui egli
volentieri
ripone la copia in archivio) sia ad una serie di interventi «
critici
», o discorsi su, in barba all'elementare evidenza che già
l'oggetto estetico è un discorso su, è il come se (e
sarebbe
sufficiente da solo, in tutti i casi, a promuovere la nascita di nuovi
altri oggetti: utilità dello scambio dei prodotti). Ora è
chiaro che su codesti oggetti sono innumerevoli le cose da poter dire,
ma quello che più curiosamente colpisce è che buona parte
di essi, per il solo fatto che circola su canali privati di
distribuzione,
è stata prodotta dall'autore sotto l'illusione di essersi
sottratto
al condizionamento dell'industria culturale. Ma, allora, la
riproduzione
in copie? La piccola società estetica entro la quale sono
effettuati
questi scambi, conta, per la propria espansione, sui medesimi
princìpi
(foss'anche solo quello riproduttivo) della grande società
industriale
e finisce con il dimenticare che la sua stessa ragion d'essere è
proprio il rifiuto della seconda e dei mezzi che le son propri.
Non sembri
strano se si afferma che tutto ciò avviene perché la
piccola
società in molti casi (nella maggior parte) si illude di aver
trovato
il nuovo linguaggio, il quale invece resta quello riproducibile in
copie.
In realtà il nuovo linguaggio consiste nel gesto mentale, al
quale
per natura mal si adatta il discorso critico, o al più questo
potrà
offrirgli il momento propagandistico. Ecco allora spiegato
perché
null'altro resta se non ironizzare in termini di luoghi comuni di
fronte
alla confezione del prodotto che ti arriva per posta con l'aria del
manoscritto
nella bottiglia. D'altronde si sa che difficilmente il gesto mentale
sopporta
la trascrizione e quando questa è data, il foglio che la reca
è
solo il rimando ad una situazione che, per questo, sarà tutta da
costruire. A riprova di come si abbia sempre maggior consapevolezza di
ciò, addurremo due esempi: un primo, che è la
constatazione
della parte sempre più importante che l'erotismo (e i fenomeni
ad
esso riportabili) gioca nella pratica delle avanguardie artistiche e
culturali;
ed un secondo, il cui unico caso di cui siamo a conoscenza è un
recente aricolo di Robert Estivals publicato su Communications e
tradotto
anche in Italia.
In esso,
ad opera di Estivals, per la prima volta si riconoscono nelle vicende
dell'avanguardia
culurale, a partire dal dopoguera, le ragioni reali e dirette, e
tuttavia
sotterranee ed ignorate dalla cosiddetta pubblica opinione (ed a quanto
pare, on solo da questa) di un evento storico come il maggio '68 in
Francia.
Circa la prima constatazione, va subito rilevato ome essa implichi
immediatanente
il riconoscimento che la poesia non è che una funzione del sesso
e, come questo, « s'incenta tutti i giorni » (Diacono).; e
entrambe codeste attività si formano e crescono profonamente
compenetrate
nella medesima sfera (origine nella vita psichica dell'individuo;
sviluppo
nella sfera estetica, cioè sociale, che è l'emanazioe
della
vita psichica) sarà dunque il caso di cominciare pensare al come
se in maniera del tutto funzionale rispetto alla realtà della
vita
psichica. Ecco allora alla meglio formulata la portata ipercomunicativa
e transmentale cui tende il come se, ed ecco ancora spiegate le
difficoltà
di trascrizione (riduzione all'oggetto) che il gesto mentale presenta,
evidentemente abbisognando di ben altro spazio, non metafisico, ma
assai
diverso da quello richiesto dai veicoli finora usati dalla
comunicazione
estetica. E, poiché le difficoltà ed i limiti cui si
accennava
non sono diversi dalle pastoie che la necessità è venuta
imponendo e che l'uomo avverte sempre più chiaramente come
oppressione,
occorrerà ancora una volta ricordare che « depuis le temps
que les hommes meurent, il serait assez logique que l'on se pose la
question
de savoir ? après avoir, sans changements appréciables,
acceptée
la réponse des dieux, de la nature et des lois biologiques ? si
cela ne tient pas à ce qu'une grand part de mort entre, pour des
raisons très précises, dans chaque instant de notre vie
»
(Internationale Situationniste, no 7), come spesso mostra di aver fin
troppo
capito chi decide di sottrarsi definitivamente all'oppressione. E siamo
con questo al secondo esempio citato, nel quale, come dicevamo,
s'è
visto che per la prima volta qualcuno ha curato di individuare le
spinte
che hanno portato ad un evento storico, in fatti che trovano riscontro
nella storia personale di molti di noi. Non vorremmo aggiungee
banalità
alle moltissime che pure si son dette al riguardo, ma sarà
curioso
chiedersi almeno perché, proprio nell'occasione di una rivolta
di
piazsa, sia stato lanciato l'appello alla liberazione dell'espressine.
Di cos'altro poteva trattarsi, inoltre, se non d'una esplicita
richiesta
di superare lo stadio del come se? E ciò, naturalmente, nello
stesso
momento in cui risulta chiarissima e pertinente la richiesta che al
potere
vada l'immaginazíone (abolizione totale del come se; il mondo
organizzato
per lo sviluppo della vita psichica delle persone). Sta di fatto
però
che si vive ancora come se. Poniamo, come se qualcosa fosse atteso
dappertutto
e proveniente da tutte le parti, tale che cambi in un punto solo e dal
nero al bianco tutte le cose. Di fronte alla distribuzione e
circolazione
dei prodotti estetici attraverso canali ormai soltanto personali,
volendo
discuterne, non disponiamo che dei luoghi conuni che l'ironia
piccolo?borghese
ci suggerisce. Ciò è perché viviamo ancora
soltanto
come se qualcosa di formidabile stia per realizzarsi e allora siamo
indotti
ad indignarci per la pochezza di ciò che ce ne perviene tra le
mani.
Ovviamente,
non c'è problema di quantità: emerge chiaro, invece,
quell'altro
problema, per il quale si tratta semplicemente di entrare nel gioco,
anche
sapendo di dover girare a vuoto. Per questo, al presente, alcuni di noi
vivono come se qualcosa di formidabile stia finalmente per entrare
nella
realtà: qualcosa che potrebbe addirittura scacciarne la morte.
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