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Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Palinsesti Freudiani
di Antonio Spagnuolo



Palinsesti Freudiani, a cura di Mario Lavagetto
Bollati Boringhieri, pagg. 300, Lire 85.000

La storia di Edipo, lontanissima nel tempo e regolata da costellazioni ormai scomparse, continua a commuoverci: “Il suo destino ci commuove soltanto perché avrebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l’oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui.”
Con una introduzione dal titolo “L’inconscio dissimulato”, stesa con una accuratezza ed una comunicatività veramente pregevole, il professore Mario Lavagetto (docente di Teoria della letteratura presso l’Università di Bologna) ci avvia alla lettura di questo gioiello storico, nato dalla trascrizione impeccabile dei “verbali” stesi durante le riunioni del mercoledì, che si tennero prima in casa Freud e poi presso i locali della Società Viennese di Psicologia.
“L’analisi, commenterà amaramente Freud nel 1914, porta alla luce quanto di peggiore, di più incontrollato e selvaggio c’è in tutti quanti le si avvicinano . Ognuno  si sente minacciato: nella propria indipendenza, nei propri sentimenti e perfino nel più suscettibile dei sensi di proprietà. Al punto che in una riunione, come attestano puntualmente i verbali , si avverte la necessità di mettere al bando qualsiasi forma di geistiger kommunismus : ogni singolo membro della società avrà, a partire da quel momento, il diritto di ristabilire se le idee che ha formulato di volta in volta devono essere considerate proprietà privata o patrimonio comune…”
Leggiamo quanti e quali membri appartennero a questa impegnata Società Freudiana , nomi che hanno fatto la storia sia della “psicoanalisi” sia della cultura : da Alfred Adler a Fritz Wittels , da David Bach a Richard Wagner (il medico, non il musicista), da Siegfried Bernfeld a Victor Tausk , e Paul Federn, J. Karl Friedjung, Hugo Friedmann, Max Graf, Hugo Heller, Eduard Hitschmann, Herman Nunberg, Otto Rank, Thewodor Reik, Rodolf Reitler, Hans Sachs, Maximilian Steiner, Wilhelm Stekel.
Tutti impegnati, attorno all’amato e pur contestato  maestro , a dissertare, commentare, discutere, sulle opere d’arte e sui loro autori, cercando i possibili legami dell’inconscio , le probabili ascendenza della rimozione, o le involontarie originalità del mito, del dramma, della isteria, della introspezione.
“La grandezza di uno scrittore – sottolinea Lavagetto – alla luce della estetica in nuce a cui Freud ha dato forma, anche se in modo non sistematico, appare dunque commisurabile allo spessore e alla tenuta del “velo”, della parete che divide l’opera dai territori limitrofi del sogno e del sogno ad occhi aperti, dove l’inconscio parla con maggiore libertà…”
Se il fine del linguaggio è quello di comunicare qualcosa i concetti di senso e significato vengono ricondotti  alla questione banale se alcune pagine abbiano la capacità di svolgere tale funzione, e la contrapposizione del segno al suo significato potrebbe avere un ruolo determinante nella relazione fra scrittura ed interpretazione.
“Il lavoro di scrittura si presenta ripetutamente come una strategia di occultamento: non come un portare in piena luce, ma come un eludere, un mettere a tacere, un relegare nella penombra…”
Ed ecco che, come più volte ho cercato di individuare in alcuni poeti (in specie contemporanei), la parola (scritta) viene alla pagina nella sua fase preconcettuale, nella sua fase di formazione dall’immagine o dal sogno ad occhi aperti, o dal dettato del bagaglio dell’inconscio, ove il livello logico-semantico della coerenza è in bilico tra la pre/supposizione e la violazione.
Il volume presenta una serie di discussioni che molto spesso partono da semplici presentazioni di casi clinici, ma non per questo meno interessanti per il filo conduttore che imbriglia e sostiene tutta la raccolta.
Emblematiche le poche pagine dedicate a “il giovane poeta Walter Calé, morto suicida” per il quale, dopo la succinta relazione come caso singolo e degno di nota, conclusosi a ventitre anni per probabili conflitti esteriori e per indiscutibili dubbi interiori, Adler seccamente dichiara che egli non ritiene opportuno che il caso meriti una serie considerazione. “Qui è presente – egli dice- solo un’accentuazione estremamente evidente dell’amore per la sorella, come in molti giovani poeti. L’illazione di un atto incestuoso è difficilmente ammissibile. Se un tale atto fosse avvenuto, questi sentimenti non avrebbero probabilmente trovato espressione poetica…” Il placido intervento del maestro , estremamente avvincente per la sua lucida brevità, riordina le idee e avvia con precisione alle conclusioni.
Intenti a cercare di risolvere o almeno a sbrogliare i problemi di una scienza nascente, quale era a quel tempo la psicoanalisi, i protagonisti di questa vicenda intellettuale introducono, penso senza nemmeno avvertirne la presenza, il seducente gioco della parole, dei motti, delle motivate o smisurate giustificazioni,  acquisendo in maniera del tutto prestigiosa le necessarie conoscenze degli errori, delle supposizioni, delle difficoltà descrittive, della potenzialità dell’analisi.
La coerenza del dettato freudiano appare in queste pagine in tutto il suo splendore, una coerenza che si lega ai concetti di funzionalità e di struttura, per cui la caratteristica del testo riconosce il risultato di una corrispondenza comunicativa realizzata nella capacità di enunciazione e di recupero.


Indice recensioni e note critiche
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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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