Vico Acitillo 124
Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Sulla poesia di Marisa Papa Ruggiero
di Raffaele Piazza



Preliminarmente viene da chiedersi se esista realmente una poesia al femminile
(e una al maschile): una domanda così apparentemente banale è però portatrice
di interrogativi che richiederebbero un approfondimento in sede di critica letteraria
di stampo psicoanalitico: per quello che riguarda la mia esperienza, posto come assioma
che il poeta (come afferma Hermann Hesse), è una persona che trova la felicità più profonda
non secondo le normali categorie umane, ricchezza, piacere, possesso (e che sente
così anche il dolore, fanciullino pascoliano, o passero leopardiano) (ma anche superuomo
dannunziano), insomma che il poeta soffre a gioisce per la profonda ferita esistenziale
a lui connaturata (Pavese) e che per essere felice deve trovare il consenso dei lettori
e dei critici (Bertrand Russel), dobbiamo, fedeli al postulato di Donatella Bisutti,
(e cioè che la pratica della poesia, ovviamente dominante le emozioni  e non dominata,
salvi la vita a livello di connessione tra fisico e psichico, conscio e inconscio), chiederci
se tutte queste emozioni gioie e dolori si diversificano ai due livelli poeta-poetessa
(anche per i dati biologici delle due categorie) o, se questa barriera non esiste,
e se si possono unificare versificatori e versificatrici con l'etichetta di poeti, una poeta...
 Entrando nel merito della poesia di Marisa Papa Ruggiero: nell'introduzione Mariella Bettarini
a 'Origine inversa' (Alfredo Guida Editore, Napoli, 1995, pagg. 103, lire 12000) parla,
della 'voce' di questa poetessa nata a Roma e vivente e operante a Napoli); leggiamo:
'Voce tenera, anche voce inteneritasi da sé, di sé. androgina voce e voce maschia...'.
e qui la questione assume un'altra pervicace sfumatura... se poi è questa poesia da abitare
(come dice sempre la Bettarini), abitata da lettore o lettrice?, amplesso tra lettore e autore
(Italo Calvino).
\ Dalle mie letture di poetesse e poeti soggettivamente, mi accorgo che esiste differenza
tra autore e autrice di poesia: al centro è proprio il dato biologico (senza dover scomodare
Freud che parla dell'arte come sublimazione di pulsioni, o investimento libidico) (nella moderna psicoanalisi affettivo). E' sicuro che la donna-poetessa, nel suo vissuto faccia esperienze
diverse dal maschio-poeta e, senza estremizzare, cogliendo l'assunto di Goethe che dice
che la poesia è sempre d'occasione, è ovvio dire che le occasioni di una donna sono diverse
da quelle di un uomo, negativo fotografico di una realtà che è la fotografia, fotografia
che comunque è noumeno rispetto alla realtà data all'esterno del sé, sé che comunque
non può cogliere nemmeno la realtà naturale e forse neanche la propria
 Entrando nel merito di questa poetessa, attraverso la lettura, oltre che del testo suddetto
anche di Limite interdetto'(Ripostes, Salerno-Roma, 1993, pagg. 80, lire 15000)
e di Campo Giroscopico, (Edizioni Ricciardi, Quarto Napoli 1998, pagg. 64 lire 12000
non direi minimamente che la sua possa definirsi un'esperienza sperimentale (sono in possesso
solo di questi tre libri), si può dire, ripeto relativamente questi tre testi, che la sua poesia
si allontani, ma non troppo, da una norma standard delle lirica (che forse non esiste), mantenendo costante un forte scarto rispetto al linguaggio, una densità metaforica, che tende a ricomporre,
con buoni risultati, brandelli lacerati di vita, in un dettato teso e vibrante nel suo accumulo... per esemplificare:
-'Attorno all'asta spiralica/ l'inesplicabile/ addestra i segni/ per nevischi e sdruccioli/
u piani scorrevoli/ o su scale ròse ai pioli// per gomene senza imbarco/
istoriate su antiche mappe/ reggendo l'ordine dei fili// o quello scarto in più/ in bilico sul fianco.
In questo componimento, trattto da Campo giroscopico la gomena è senza imbarco
e il centro di gravità permanente sembra lontano, la tensione è forte. A conferma
di quanto suddetto scrive Michele Sovente nella prefazione a questo volume:
-' Cercare con la poesia la parte segreta di sé non è facile richiede un impegno... se poi si tratta di una ricerca d'identità al feminile l'impresa è ancora più ardua e difficile...  Il corpo dunque come protagonista in presenza e in assenza, per fasi di drammatica messa a fuoco e di raggelata dissolvenza...:-'Giro di ruota è corpo/ ruota di fibre e spore/ che fa scudo/ ventosa di se stessa/ che si guarda, ora dentro/ il suo sguardo: ESISTE: l
 Là s'addensa una sete/ che divora il viola cupo/ brivido di corde spezzate segnerà/ l'orma e il passo,/ ecco/ il seme d'abisso,/ ecco il libro impensabile/ che non saprà pronunciarci.// Indosserà una marea/ di alghe notturne/ e la profezia si scarta/ fino al tuo gelo d'ovulo// seguimi alla prima neve al limite del parco/  seguimi nelle mie ombre/ annusa una coniata morte./ E' questo il luogo dove accade.../ e questo/ il punto della gola/ tu... non tremare. La forma qui si alleggerisce, diviene fluida, vibrante,
ma nello stesso tempo sorvegliata: c'è un tu al quale rivolgersi, sfondo naturalistico d'immagini
erotiche che ricordano il veterotestamentario Cantico dei Cantici. Interessante anche il gioco dell'alternanza delle strofe da sinistra a destra sulla pagina. La Bettarini parla nella prefazione di Libro-Voce cangianti:, aggiungerei che, se questa poesia è abitabile, cronotopo tra spazio e tempo
la dimensione dello spazio è inserita in quella della parola, non vi è né interno, né esterno e il tempo è fuori del tempo degli orologi o anche al di fuori di quello reale di Internet, fax, E-Mail., c'è qui grazia e durezza e una voce originale e anche la natura, compresa quella della poetessa si fa parola e non scenario protetto, microcosmo pascoliano, o infinito leopardiano: le alghe e il parco sono segnali di significanti, prima di esserlo di significati, senso e non visione o epifania di materia: così qui
la poetessa scopre e rivela il proprio mondo con una grande fede nel segno poetico, dominato
e redento con una forte originalità, in una poesia alta dove l'erotismo vibrante si trasfigura
come parte costituente, esibito o metaforizzato, letto, spiato dipinto con mano ferma e sicura. Interessanti anche i componimenti di apertura di Limite interdetto, poesia che arriva alla fine
della pagina o prosa poetica: qui e forse sempre quel tu al quale la poetessa si rivolge
potrebbe essere l''altro, il sosia o forse la forma di se stessa sulla quale riflettersi.

Ti guardo/ ma non so come toccarti:/ si arresta l'occhio e alla sua/ visione si separa/ dove cavo giace/ l'evento// e le cose sono divise alle cose.// Eppure vede/ C'è forse un gene che da quel punto/ nasce? Quale/ senso su questo scoglio, o nervo/ t'ha ascoltato tacere?// Fummo ragione sotto il sole, arsa// Remota nel sangue porto/ tutta la memoria.


Indice recensioni e note critiche
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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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