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Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Luca Baiada, Le maschere del caos nell’ingranaggio armato
di Raffaele Piazza


Luca Baiada, Le maschere del caos nell’ingranaggio armato
Edizioni dell’Oleandro, Roma, pagg. 94, € 10

Non si può, è ovvio, rimanere indifferenti, e questo vale per ogni abitante del pianeta terra (tranne forse per gli Eschimesi o gli Aborigeni o per i Pigmei, come pure per altre popolazione non raggiunte dai mezzi di comunicazione di massa), di fronte alla tragedia dell’undici settembre, che ha segnato, con la caduta delle Twin Towers, una pagina tragica nella Storia, una svolta epocale che ha messo in crisi la sicurezza del mondo con una sconfitta degli USA e con la perdita di certezze costruite sul mito di una egemonia occidentale, rappresentate soprattutto dalla forza della Grande Mela che è stata trafitta nel suo cuore; poesia civile, quindi, innanzitutto, quella che caratterizza le pagine di questo interessantissimo libro di Luca Baiada: c’è musicalità e narratività, nei versi di questo autore, in quest’opera scandita in Vendemmie dei corpi, Per sciogliere le righe e Malgrado il gorgo.

Leggiamo, appunto, in Vendemmie dei corpi, la poesia intitolata “11 settembre 2001”:-“Il nuovo Millennio,/ Violenza globale/ figlia della Tékne./ Cadono le torri gemelle,/ sfida d’oltremare/ al turrito medioevo europeo,/ Le torri del negotium,/ eredi del banco, della firma/./ del cambio, del bilancio, tornate alla terra.// Alessandria senza Biblioteca, senza Eunostos, senza Museo, geme sull’ Hudson, là dove Ipazia non muore/ poiché non è mai nata/ Luccica il patto segreto/ che lega i giullari da chiose/ ai portori di morte/ Il terrore trova complici/ nei corsivi, nei commenti,/ nel viscido zelo, addestrato/ all’esortazione sonora// Ora è fumo, caligine/ che lezza di denaro. C’è qui una forte tensione, quella del poeta che, pur commosso dai corpi ormai cenere degli abitatori delle Torri Gemelle, non piange non geme, non si abbandona a futili rimpianti o pianti, ma arriva al solo dato storico oggettivo e, forse spietato, tratta temi sui quali ci siamo interrogati tutti: quelli dell’imperialismo americano (pensiamo alla chiusa di due versi: Ora è fumo, caligine/ che lezza di denaro). C’è in questo, visto che il dolore comunque è imprescindibile, pur rimanendo sotteso, una forte critica al modello americano.

Afferma nella puntuale e colta prefazione Giuliano Manacorda, che Luca Baiada ha saputo quasi per una diretta ispirazione dalle cose, dalla cultura, dalla società, in cui vive e lavora, trovare uno spunto per definire su che cosa si debba o si possa scrivere: continua Manacorda affermando che c’è qui una cultura attualissima pur nella sua polivalenza, usufruita senza esibizione, ma incorporandola nel testo con naturalezza. A questo proposito, trovo particolarmente interessante in se stesso e per esemplificare quanto suddetto, il componimento Clessidra allo specchio (manoscritto trovato nella scatola nera):-“Per i venti che corrono! Per gli esseri lanciati!/ Questo corpo/ da una goccia di sudicio sperma,/ che arda come olio nella lampada,/ la lampada di cristallo, /il cristallo nella nicchia, che arda nel fiore dei miei anni/ prima d’essere oggetto/ di lenta morte inesorabile,/ nelle mani d’inutili medici/ Artemide Efesina,/ abbondante di semi e di grappoli,/ nettare proibito da Libro/, tu idolo maledetto,/ perirai/ La mia porta d’ingresso nella storia/ è nelle fiamme dell’Artemision. Qui si nota uno struggente piano strutturale di carattere ontologico (Questo corpo/ da una goccia di sudicio sperma), e il manoscritto nella scatola nera che si fa carne e sangue di passeggeri, che capiscono di dover morire e mandano con i telefonini messaggi ai loro cari alle loro famiglie: (ce la farete anche senza di me) come abbiamo dolorosamente appreso dalle tragiche cronache televisive dei giorni subito dopo l’attentato. C’è anche un riferimento a idoli mitologici, ad Artemide Efesina, abbondante di seni e di grappoli, quasi che, nel momento del trapasso, il poeta, il pittore della scena, volesse gettare una pennellata di religiosità pagana, su quanto va componendo (tema della religiosità riscoperta dall’uomo quando sente vicina la morte).

C’è anche ironia spietata nella poesia Lunedì riapertura a Wall Street:-“ Un gorgheggio suadente/ oggi ripete God Bless America/ Uno scroscio di applausi/ e poi festante un suono di campana/ Mille mani rapaci,/ che offrono e che vendono e che comprano,/ contano cassa ed onorano God/ Un globale God bless you/ Dopo lo starnuto soffiarsi il naso,/ God adesso è malato/ e con un trillo chiama i camerieri/. La vita riprende riapre Wall Street, ma God è malato, il Dio Denaro che è all’origine di tutte le guerre, contato in una poesia dove c’è poco scarto semantico, dove il senso è chiaro, dove c’è una forte narratività.

Ricordo nitidamente il mio incontro con Jack Hyrschmann che ho avuto la fortuna d’intervistare per Il Mattino, in occasione di un suo reading all’Istituto Pontano di Napoli, organizzato da Emilio Piccolo, direttore di Poetry Wave insieme ad Antonio Spagnuolo. Il grandissimo Jack, a cui fu tolta la cattedra universitaria a Los Angeles, per il suo fiero opporsi alla guerra del Vietnam, tra le altre cose, come l’importanza della poesia civile, il dolore per la morte di Carlo Giuliani, a Genova, il profetismo di Pasolini che si è inverato nei nostri tempi, disse una frase cruciale che non è stata mai pubblicata:-“Gli aerei non sono piovuti dal cielo”. (ovviamente quelli dell’undici settembre): Hyrschmann, comunista e antiglobal probabilmente intendeva dire questo: presupponendo la mentalità fanatica dei Musulmani specie di quelli integralisti, che porta a un misticismo dell’azione e che nasce con l’Islamismo, con il Corano dove è scritto che il caduto in guerra sarà consolato da bellissime donne in Paradiso, si è arrivati a un punto di rottura a causa anche dell’ipocrita politica americana che è costata tante vite proprio a tanti onesti lavoratori americani. Se pensiamo che il terrorismo di Bin Laden, almeno così si è detto, è stato finanziato, in parte, proprio dagli USA, c’è veramente molto su cui riflettere e il presente libro ci offre molti spunti su questo.

19 maggio 2003

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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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