Vico Acitillo 124
Poetry Wave
 

Recensioni e note critiche
Mario Quattrucci: Variazioni
di Raffaele Piazza


Mario Quattrucci, Variazioni
Fermenti, Roma 2001, pagg. 48, € 10.33

Questa compostita raccolta, che comprende i versi dell’autore scritti tra il 1999 e il 2000, ed è inserita nella collana controsensi/ album di Fermenti, ed è corredata da sei tavole di Tommaso Cascella, si connota per una istanza etico-civile accentuata, elemento che ha sempre caratterizzato la produzione di questo poeta: un quotidiano che va dal privato al pubblico, attraverso un ventaglio di tematiche, dall’amore al viaggio:-“Ho chiuso, disse, la stanza dall’esterno,/ seminato sui cocci/ di un cortile rossastro,/ perduto ombrelli e treni/ ciminiere e foulards./ Non si sa nulla di loro/ del loro ritorno?// L’uliveto di notte era nel silenzio/ e i tre dormivano:/ mai ci fu tanto orrore, / e dolore, paura per ciò/ che era, era stato e sarebbe/ e ancora e ancora sarebbe,/ di persona in persona/ d’essere contro sé/ e figlio contro padre, / e mai accettato quel solo/ chiaro comandamento ./ Mai da nessuno o da pochi, e anche quelli soltanto/ per il loro sé// Ma a chi chiederlo il conto/ di quella iniquità (creata,/ o non sarebbe)/ del creato male, a chi/ dell’intrinseco male,/ delle lacrimae rerum?/Mysterium iniquitatis. Oppure/ egli è sé stesso e delle due/ l’una cosa e anche l’altra./ dunque è così:/ ha giocato col mondo, a dadi,/ con norme conosciute/ ch’egli solo conosce. 

Con una dizione antilirica, con un fraseggio serrato, dal ritmo incalzante e veloce, leggero e icastico nello stesso tempo, Quattrucci ci presenta uno scenario lacerato nella sua intrinseca articolazione semantica, che si riflette nel lettore o nel critico come la rappresentazione, (leggermente pittorica) di una scena dilaniata, buia e misteriosa. C’è qualcuno che chiude una stanza dall’esterno e semina cocci di un cortile rossastro (qui c’è un valore oscuramente simbolico di quanto si afferma), del resto, incontriamo, in questa Variazione n. 1 diverse volte una più che accennata visione morale, quando vengono detti il termine male e il termine iniquità. Si presuppone, in un’atmosfera onirica e quasi fiabesca, che ci sia il male (un atto, qualcosa che a noi non è dato di conoscere, se è vero che tutto in poesia è presunto). C’è un uliveto notturno immerso in un silenzio angoscioso, tragico: c’è un figlio contro il padre che sembra riesumare la frase evangelica.

C’è un’aurea di mistero che aleggia in un buio che potremmo immaginare denso, materico, palpabile. Nel finale il protagonista ha giocato a dadi con norme solo a lui conosciute; a noi non è dato di sapere chi sia o non sia questa persona né quali norme usi in quest’atmosfera purgatoriale: sappiamo solo che gioca a dadi: ma giocare a dadi in un uliveto di notte è qualcosa di estremamente improbabile, praticamente inverosimile se non impossibile: pare che sia stato commesso un atto iniquo, ma che cosa non è dato di sapere ?

In questo componimento Quattrucci esplora zone sconosciute al giorno, come del resto è prerogativa di ogni forma artistica o letteraria e riesce a creare un’atmosfera affascinante, dolente e rarefatta. C’è una forte quota di originalità in questa poesia, soprattutto per quelle che potremmo definirne le tematiche, attraverso la dizione nitida e caratterizzata da una forte densità metaforica che, con sintagmi di per se stessi chiari, ma che, tessuti insieme nell’ordito della pagina, esprimono qualcosa di veramente oscuro.

Leggiamo la Variazione n. 15:-“ Ha confuso l’enigma con il folto/degli intrichi del tempo, le sue risposte col cenno/ benevolo del dio. / Atteso poi sulla riva, vita dopo vita,/ il ritorno dell’ uomo. / Fisso alla luce di un vicino/ ultimo orizzonte, spogliato, nell’attesa della patria/ dell’abito/ della stessa sua povertà, / sa infine dell’ inganno. // Incontra la fine ora che si sbolla /- minima, contorta- la verità dall’alito/ della dea grifagna: solo un miraggio, /niente di là se non la traccia/ l’increspatura di un vento, / il precipitare di un alcale, l’esporsi/ casuale d’un acido/ ad un lampo.

Qui la terza persona si stempera in un torrente di parole sottese ad una forte connotazione mistica e politica storica: pare che questa persona sia dilaniata, scissa braccata: quella che è poi la condizione esistenziale dell’essere umano del postmoderno, estremizzata, ovviamente, in questo componimento. Si tende anche qui ad un grado totale di disfacimento, ma qui si sente il tema civile, di cui all’inizio si diceva, mentre, nella precedente composizione esaminata, l’atmosfera verteva solo sul mistero, anche se con riferimenti a oggetti concreti.

Questo testo meriterebbe un’attenzione più approfondita che non possiamo dare in questa sede: poeta dalla cifra originalissima, Quattrucci, si situa in una posizione a sé stante nella poesia italiana contemporanea.

21 giugno 2002

Indice generale
Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


Per informazioni, si prega contattare la direzione