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Poetry Wave

Recensioni e note critiche

La poetica neocontemporanea di Raffaele Perrotta
di Ettore Bonessio di Terzet



DA PENSARE D’ANNUNZIO AD ALEA
La poetica neocontemporanea di Raffaele Perrotta

Da Pensare D’Annunzio ad Alea,
la scrittura di Raffaele Perrotta è di fatto l’esemplarità di come nel mondo neocontemporaneo - quello che chiamano postmoderno - del XXI secolo, si traduca con spirito autentico e conseguentemente originale - secondo il dire di Auden – la parabola iniziata con le avanguardie storiche, Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, pervenuta sino a noi, al meriggio di un’epoca.
Rottura paradigmatica, il segno forte del pensare poetico, del poetare pensante di Perrotta che
attraversando Eraclito e Pound, D’Annunzio e Nietzsche, non dimentico che Poesia è il luogo dell’incontro sintetico tra significante e significato, tra senso e significato, tra simbolo e realtà, tra spirito e carne, non si limita ad un’operazione chirurgica impropria, alla pars destruens lavorando sulla grammatica, sul vocabolario, ma opera sulla sintassi, sapendo che l’elaborazione delle parole, non intacca e non può intaccare la parola.
Questo diventa il significato pensante dell’agire e del fare perrottiano, la sua marcatura di pensiero che è, naturalmente, complesso di idee, quindi ideologia nel suo puro costituirsi: un’operazione chirurgica, dice Perrotta, non si può limitare allo smantellamento di questo o quell’apparato, di questo o quell’organo: l’operazione chirurgica come l’operazione letterario-poetica, se tale è si completa nella sua naturale pars construens , nella riattivazione di un organo e della sua funzione: se ciò avviene, come avviene nell’opera perrottiana, siamo dinanzi ad un’opera di pensiero, ad un’astrazione che si concretizza nella costruzione di una sintassi con le nuove parole, con il  dizionario nuovo che, in laboratorio, si è andati costruendo.
Non, qui letteratura e là filosofia: ma l’incontro fisiologico ed umano di queste nella tentata e
avventurata sintesi, unione come fu solamente nell’Inizio. Come è nell’Origine.
Perrotta non si è fatto epigono dell’ultimissimo Joyce e non cade nell’incompletezza di un Villa, che eccedono e stravolgono la loro stella ponendosi in una posizione talmente eccentrica da risultare un posizione artefatta e psichica, dove il senso e il significato, il significante e il significato non possono più dialettizzare venendo a mancare un termine di mediazione che è, poi,  quello che si vuole – si deve – dire. Il dicendo.
Piuttosto, nel panorama, vedi di Perrotta compagno di strada Sollers, anche lui veniente dall’esperimento - l’esperienza e i moti di Tel Quel -  adesso intelligente scrittura di un recente Casanova. Ma Perrotta sa che non si può non pensare; è meno letterato, essendo letteratissimo, e quindi avendo spurgato: Perrotta ha fatto trasfusione di sangue. E quel sangue perduto  apparentemente, lo si ritrova nel sangue nuovo sotto le forme di particole  - parole – segni: sempre meno metafore sempre più simboli.
E chi di simboli vive, vive di legami e lega l’Antico con l’Attuale, il fu e il sarà nell’è continuato, strada del presente che mostra il futuro, sotto le forme della Forma – Rinnovellata.
E la Forma sorprende per le sottostanti forme, quelle poetiche e quelle filosofiche che si distinguono, perché la materia esiste, ma vivono contiguamente, nell’unitaria ostia.
Presentare l’ostia: ecco il punto cruciale dell’opera di Perrotta da cui si dipartono e a  cui convergono anche i cammini gnomici, magistrali – Perrotta è anche magister – in una pòiesis che ancora una volta è fatta di carne e di sangue aurati, di quell’aura che tanto profuma perché legame – religio – di Terra e Cielo: manifestazione del Luogo Sacro - temenos - dove gli dei hoelderliniani parrebbe possano ritornare.

Ettore Bonessio di Terzet


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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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