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Recensioni e note critiche
André Brahic: Figli del tempo e delle stelle
di Antonio Spagnuolo


André Brahic, Figli del tempo e delle stelle
Bollati Boringhieri, 2001, pagg. 350, L. 120.000

Un viaggio attraverso il tempo, nel tempo, con il tempo, per cercar di conoscere, coinvolti nel dubbio  di tutto quanto l’esplorazione spaziale è stata capace di  indagare, con le sue stupefacenti scoperte, da dove veniamo e se possibile dove andiamo.

Creazione o eternità?

Esplosione di energie incoercibili o metafisica?

E’ così che la conoscenza della nostra “terra” passa d’obbligo fra l’incanto o  la comprensione del suo posto nell’universo. Universo che abbia portato all’aggregazione degli atomi, o che esso stesso sia una immane imponderabile evoluzione energetica senza inizio né fine? Universo che alla nostra debole vista si ferma come elemento tangibile soltanto verso il cielo.

Il cielo che era un mistero per i nostri antenati, un mistero capace più volte di spingere la mente umana a credere nel mito delle stelle, o in leggende puerili, come quella del “sole”, che racconta di una donna, che si sveglia nella sua dimora nell’est, accende un fuoco, lo trasporta attraverso il cielo sino all’ovest, donde inizia un lungo cammino al di sotto della terra, durante il quale la torcia che ella trasportava riscalda il pianeta, grazie alla qual cosa le piante crescono.

Basta scorrere i titoli dei vari capitoli che compongono questo ricchissimo volume: - l’esplorazione del sistema solare, la misurazione delle età e i metodi di datazione, il materiale della nebulosa (atomi,molecole e mattoni primitivi), la danza degli astri, altre stelle? altri pianeti? altre piste?, come non si è formato il sistema solare, uno scenario dei primi istanti (dalla nebulosa ai pianeti), la formazione della luna e dei piccoli corpi,  l’evoluzione della terra e la comparsa della vita, alla ricerca di altri pianeti abitati, il futuro, ragione o irragionevolezza – per comprendere quanto vasta sia la materia trattata e come sia affascinante il “racconto”.

L’esplorazione del sistema solare ha compiuto più di duemila anni da quando gli astronomi si sforzavano di comprendere quei punti luminosi che adornavano la volta celeste; da quando i cinesi, già seicento anni prima di Cristo, cercavano nel cielo tutte le apparizioni nuove, che non erano mai state previste, e tutti i fenomeni temporanei o transitori, tentando di interpretarne il significato.

Per giungere ai grandi dibattiti del medioevo, presso l’Università di Parigi, attraverso gli scritti di Aristotele sino alle grandi teorie di Cartesio o Laplace, di Copernico e Galileo.

La poesia che si sprigiona da queste pagine, assolutamente lontane dall’aridità della scrittura, viene percepita ad ogni passo, sia per la sensibilità dell’autore, astrofisico e professore all’Università di  Parigi, nonché Commissario per l’energia atomica, sia per il risveglio delle immaginazioni che nascono dalla lettura di avventure simili a quelle di Icaro.

“Questa ricerca – scrive l’autore nella sua conclusione – è il modo migliore per conoscere la terra e i pianeti, per meglio comprenderli, e infine per meglio rispettarli e abitarli.Il progresso delle tecniche e la corsa alla crescita pongono sfide colossali all’uomo moderno. Saprà egli dominare le sue nuove invenzioni? Non rischia di mettere in pericolo le condizioni di vita sulla terra? La sola risposta possibile risiede nella conoscenza del mondo che ci circonda e dei meccanismi della sua evoluzione”.

E continua più innanzi : “ Dei brancolamenti primitivi, risalenti all’epoca in cui i pianeti apparivano misteriosi e perciò dotati di poteri sovrannaturali, restano alcune credenze che sembrano assai ridicole, come l’astrologia ed i dischi volanti. Questo passato ormai sepolto ci ha lasciato in eredità alcuni imbroglioni che traggono profitto dalla credulità umana…Io raccomando sempre ai miei studenti  di boicottare tutte le stamperie, le case editrici e le stazioni radiotelevisive che diffondono oroscopi, rubriche di astrologia    e storie di dischi volanti…”

Da sottolineare infine l’appendice numero due che riporta per intero “La sentenza e l’abiura di Galileo Galilei” del 22 giugno 1633, documento affascinante e da rileggere.


10 giugno 2001


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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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Otto Anders