VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo



Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
I poeti di Vico Acitillo


Erminia Passannanti

Testi
Biografia
Dichiarazione


L'inconscio del poeta
Trama
Casa di Poesia
Introito rapido
Rosa eterna
Preghiera
Lo scopo dei segni
Verbalmente
Cosmetico
 


L'inconscio del Poeta

Nascono così le suggestioni, la tinta 
brunita del sangue - 
tesoro espressionistico, conca 
dell’anima fonda 
e febbre mascherante 
l’ipocrisia del mondo. 

Da sempre afferro 
un qualche  elemento, 
lo incisto nel sogno, 
nell’immagine afona 

in cui  io e te cerchiamo 
sotto il cofano della macchina 
il corpo inerte del motociclista 
che abbiamo investito, 

il lemma fideiussore 
della normalità. 

Così in un turpe ingorgo 
d’ eventi, verificando 
piaghe e ferite, l’identità contusa 
presso l’infetta lesione sul costato, 

vedo il defunto riprendere vita, 
levandosi in piedi per proclamare 
un verso, 
rantolo, desiderio. 

Ah, visione, malessere grigio, 
tetro gorgoglio 
dell’idea analogica. 

Non un mistero...
non un mistero, non un sentiero da svelare,
ma un gruppo di villici, malvestiti, che s’allontana 
procedono a schiera,
confabulando rivolte.

il più giovane regge un’ascia.
ha il volto rivolto verso il più vecchio,
un uomo sulla quarantina di media altezza, 
biondo e robusto, colono del podere d’ un conte.

il conte - mio nonno - proprietario di 3000 ettari di terra
3 figli illegittimi - siede reggendosi la fronte
nella sala dei ritratti di famiglia - la secondogenita, la più avvenente,
consegnata alla nascita a un orfanotrofio di Napoli. 

il sole illumina il sentiero di sterpi e more 
lungo cui  - compiuti i vent’anni -
s’incammina mia madre  - cappotto americano e tacchi a zeppa
alla volta della villa paterna.

alla distanza, il grano splende nella luce del pomeriggio.
le pale del mulino pescando nella melma grovigli di anguille.
la mano di mia madre sanguina - tra l’erba, l’ha baciata una biscia.
 

Trama

ho ordito questa trama 
come marinaio che scruti la rete
ne afferri le maglie
le rammendi con aghi e unghie
inaffidabile schema

tirato a braccia fuori da una distesa
d’acqua salsa
sciolto dalla realtà e concesso
a tinte immaginarie.

Il resto è ciò ch’ emerge
da un intricato nucleo, perla
dall’ostrica, piovra dalla tana, 
dizionario di metrica italiana
trovato sulla spiaggia ricoperto 
di sabbia ovvero scheggia
che ferisce i plantari.

In alto il sole. dinanzi a me la piana 
negazione della rima, 
brezza che inganno è 
ai sensi, eppure familiare 
come il cielo agli uccelli
come ai ciottoli il mare.

Casa di poesia

nessun chiodo penetrerà queste pareti di calcestruzzo
l’intimo perimetro delle mie occasionali 
corrispondenze e assonanze, esperienze 
che solidificano ed erigono le loro metafore. 

la mia richiesta d’ identità non è istanza di libertà, 
bisogno di contentezza, richiesta d’ evasione. 

piuttosto sogno di reclusione, speranza 
di coesione tra sabbia e cemento, ingenua 
aspettativa che la struttura regga.

proprietà non è in comune. la ragione 
è la difficoltà d’attraversare
i motivi, le norme 
di questi domestici contorni 
che si sbriciolano sotto il becco d’ un passero 
ma resistono a punzone e martello. 

perché trincerarsi così? 
per solitudine, dolore, per ideare 
un bunker prospettico 
di gravose evidenze 
contro la folla degli spettri 
fuori la porta, 
estranei alla coscienza,
alieni al desiderio. 

Introito rapido

accetta il mio consiglio
non s’ha da fare alcuna cosa
che possa aggravare
la situazione odierna

il tempo s’arroga il ruolo
di legislatore della forma completa
per quanto presa e vilipesa
da chiunque
ed in qualsiasi senso

per il gruppo di contadini
colti dal mortale
accidente del breve espediente
cagionato da Dio
per metterli al riparo
dalla difficoltà

e rendersi garante
che qualsiasi cosa  decidessero
fosse fatta rapidamente

rapido amore e corteggiamento
cura della prole e accanimento
la morte desiderata e rapida
come un pendio
un’ascia una corda

fatale e risentito
pallido con allineamento orizzontale
il margine vitale

Rosa eterna

Come giungesti a maturare
dal segno lineare della venatura
rosa eterna nel mio ventre

colpa che la palpebra acerba
dischiuse
e l’azzurrino natale della crepa
nel grigio di dicembre
rivelò come un lampo?

Preghiera

fammi essere vera Signore 
per la santità del tuo cuore 
per la beltà della piaga
che s’apre nel tuo petto
per il rispetto
che porto a Mio Padre

molte lacere ore e sudati consessi
questi affanni han reso poesia
non ritenermi ria 
chiedon venia i miei versi 

per la chiazza d’inchiostro 
che macchia ogni mio scritto
per i sogni che faccio 
all’imperfetto
per l’errore che segna il mio pensiero
a sera concedi ch’ io sia nera 
ignora le mie colpe

Lo scopo dei segni

Siedo qui immersa nelle mie reveries 
• i seni tratteggiati, le membra 
svogliate e torte, 
minorata che regge una posa 
all’ultima moda 

restauro - lupus in fabula - 
storia che riaccade (ovvero refrain 
di fonosimbolismi che dicono 
l’Essere “E”, 
il Corpo “C”, la Vita “V”, 
la Morte “M” 
tra alternate cause sillabiche) 

esplicita d’ intenti - che svolgo
asimmetrie - parole 
dalle vaghe etimologie, nebbie
di rei componimenti 
(malagevoli all’uso).

Il mio impeto è un gioco
innocua la metrica
che innesca suoni impropri
rinnegando la forma
canzonando l’altrui foco. 

Verbalmente

fiore letterario
sbocciato come cardo
tra foglie dentellate

ovvero scudiscio
ago sotto le unghie morso
d’ insetto

privata dell’amore
risposta non m’ assiste 
il cuore scrive bianco

Cosmetico

Amleto: Governatori!
Ho acquisito conoscenza
sovvertendola...
Lor Signori
conteranno in me
tre istinti basilari
le lettere
l’ascia
la maschera
tre leggi operanti
come una grammatica
funzionanti come cipria compatta



Biografia

Poetessa, traduttrice e saggista, è nata a Salerno nel 1960. Si è laureata nel 1988 in Lingue e Letterature Straniere presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Salerno con una tesi sulla poesia di Sylvia Plath. Dal 1995 vive a Oxford, dove insegna Letteratura Italiana al St. Clare’s College e offre  ‘tutorials’ in Letteratura Comparata presso il St Catherine’s College (University of Oxford).

“Trans” (oltre-al di là) è una radice significativa per la nostra autrice, che da tempo si adopera attivamente nel campo della “transference” poetica, intesa come possibilità della poesia di oltrepassare i limiti geografici e individuali, per divenire uno strumento di incontro, di dialogo pacifico fra differenti culture e tradizioni letterarie. Citando le sue stesse parole: “ ...la poesia non è e non può essere confinata alla mente in dialogo con sé stessa: anzi, la poesia è una forma di intersoggettività dialogica, vale a dire, la spinta per riconciliare, per depositare i nostri ‘segreti’ nelle mani degli altri, conoscendo la difficoltà di tale impresa comunicativa”. E i versi della Passannanti con originalità colgono e ci consegnano quella dimensione segreta e misteriosa che, in fondo, è l’essenza profonda dell’esistere.

La sua prima raccolta di poesie Noi Altri è inclusa nell’antologia I 5 poeti di Laura Nobile, nella collana “All’insegna del pesce d’oro” pubblicata nel 1993 da Vanni Scheiwiller. La sua seconda raccolta Macchina, vincitrice del premio “Laura Nobile 1995”, è stata pubblicata nel 2000 da Manni Editore.

Sue poesie, recensioni, saggi e racconti sono apparsi nelle riviste “Linea D’Ombra”, L’Immaginazione” (Manni, Lecce), “I Testi” (Viaggio in Italia, Torino), “Poesia” (Crocetti, Milano), I suoi versi sono stati tradotti in inglese da Peter Dale e pubblicati su riviste americane e del Regno Unito, quali “Poetry Durham” (Durham University Press) e Agenda.

La Passannanti è, inoltre, traduttrice e curatrice di opere in lingua inglese: Emily, Charlotte e Anne Brontë, Poesie (Rispostes, 1989); Leonard Woolf, A caccia di intellettuali (Rispostes, 1990); Hubert Crackanthorpe, Racconti Contadini (Granta, 1991, a cura di Franco Buffoni).

Nel 1993, ha pubblicato con l’editore Ripostes l’antologia di poesia britannica contemporanea Gli uomini sono una beffa degli angeli: (Rispostes, con una co-prefazione di Blake Morrison); R.S. Thomas, Liriche alla svolta di un millennio (Manni, 2000).

Numerosa è anche la sua opera saggistica: ‘Sylvia Plath: Itinerari Allegorici’ (1991, L’Immaginazione); ‘Seamus Heaney: L’Archeologia della memoria’ (1993, L’Immaginazione); ‘La mosca di marmo: la poesia di Jamie McKendrick’ (1998, Linea D’Ombra); ‘Un uovo è un uovo: Samuel Beckett e la logica dell’assurdo’ (1998, Linea D’Ombra), ed altro ancora.

Nel Febbraio 2001 ha preso parte alla rassegna organizzata da Giovanni Raboni, “Poesia del ‘900” al teatro Il Piccolo di Milano.

E’ curatrice della rivista letteraria on-line Transference (www.transference.f2s.com) ed è literary editor di Vico Acitillo124 (waves.loffredo.it).

Dal 2001, è la coordinatrice per il Regno Unito della manifestazione Dialogue Among Civilizations Through Poetry (www.dialoguepoetry.org) dell’ UNESCO promossa e organizzata da Ram Devineni. 

Nel 2002, ha completato un PhD presso lo UCL (University College London) realizzando una tesi sull’opera di Franco Fortini con la supervisione di David Forgacs.

[Nota biobibliografica a cura di Maria Teresa Lupo]

• “Questa poesia ha pochi rapporti con la tradizione lirica italiana e si rifà piuttosto alla tradizione inglese da Dylan Thomas a Heaney, con qualche riferimento anche al Surrealismo francese. Da questa tradizione deriva la capacità di procedere contemporaneamente per forza d’immagini e per forza d’idee. I componimenti si snodano con indugi e improvvise precipitazioni, passando dall’astrattezza al realismo, dalla cronaca alla concettosità, dalle immagini all’inconscio alle considerazioni morali. Bruschi accostamenti surreali interrompono e violano la ricorrente volontà d’ordine, con risultati inaspettati. Il significato riguarda una realtà sempre mutilata; è comunque un’ipotesi o un azzardo. Lo stile asimmetrico e avvolgente determina esiti imprevisti anche entro campi semantici e retorici tradizionali.”  [Giuria del Premio Rassegna di Poesia “Laura Nobile”, Siena 1995 (Luperini, Gugliemi, Leonetti. Presiede la serata Edoardo Sanguineti).Primo premio conferito alla raccolta Macchina.]

Bibliografia:
Opere di poesia:
• Noi Altri, in I 5 Poeti del Premio Laura Nobile, Scheiwiller Editore, 1993
• Macchina, Manni Editore, 2000
• Excstasis, Lieto Colle, 2003 (in fase di pubblicazione)

Ha curato e tradotto:
• Charlotte, Anne, Emily Brontë, Poesie, Ripostes, Salerno-Roma, 1989; 
• A caccia di intellettuali, Un saggio di Leonard Woolf, Ripostes, Salerno-Roma, 1990;
• Racconti contadini, I Raccontio di Hubert Crackanthorpe, Guerini e Ass., Milano, 1991;
• Gli uomini sono una beffa degli angeli, Antologia di poesia britannica contemporanea, Ripostes, Salerno-Roma;
• Liriche alla svolta del Millennio, La poesia di R.S.Thomas, Manni, 1998;
• Angelo di Cella. La poesia di Menna Elfyn, Ripostes, 1999.
• Emily, Charlotte e Anne Brontë, Lettere Inedite, Edizioni Tesauro, 2000.



Dichiarazione di Poetica

Sulla poesia come vocazione, di Erminia Passannanti

Come poeta, a volte mi sorprende la cognizione che ho della mia natura razionale, la conoscenza del metodo con cui entro dentro le cose tramite il linguaggio, delle regole con cui le scompongo e le manipolo. ‘Sono antilirica’, mi dico, con una certa misura di disappunto per questa consapevolezza che ho del mezzo, acquisita tramite la pratica; per questa mia nozione delle competenze, che è nozione formale. 

Seduta dinanzi al computer, mi figuro la poesia che intendo scrivere come testo stampato, premeditandolo in quanto tale, con tutta la serie di espedienti retorici a mia disposizione, come farebbe una suora ricamatrice con il cestino del cucito. Tuttavia, questa laboriosità non mi pesa; piuttosto, mi aiuta. Sapere che posso sedermi, accostare la sedia al tavolo, aprire un word document e iniziare a scrivere, consegnando le idee alla scrittura, mi conforta, allieta, finanche, le mie giornate. 

Attraverso il paese della pagina, scendo per una stradina. In men che non si dica, raggiungo una piccola piazza; mi guardo intorno: quivi dimorano gli apostoli del messaggio: il macellaio, il calzolaio, la pasticciera, il garzone del fornaio, lo stesso panettiere. Allora sosto nello spiazzo del senso.  Da una porta di legno tarlato viene fuori un uomo, alto e corpulento, che mi guarda dall’alto in basso, con un atteggiamento burbero: 

‘Che vedete in me, buon uomo, ?’, gli chiedo, affrontandolo. 

‘Niente, davvero, Sorella…’ risponde, ‘Non se la prenda a male! Non ho tempo per questo genere di cose...’ 

‘E quello che mi chiedevo, per l’appunto…’ 

Giro le spalle, m’allontano, ripercorro la strada al contrario.  L’uomo mi segue con lo sguardo fino a che scompaio in fondo al viottolo, poi, accigliato, chiude la porta lentamente. Cammino lesta. Non un rumore, solo il fruscio del mio abito ad ogni falcata. Mormora come mormora sotto l’ago il cotone da ricamo. M’ impongo di far ritorno al punto esatto da dove sono partita. Ma qualcosa è mutato nel paesaggio, nell’aria - nella figurazione - in modo irrevocabile. 

Vi sono periodi lunghi in cui mi sembra come se avessi ricevuto una specie d’ingiunzione a scrivere.  In quei lassi di tempo, mi ritrovo intenta a comporre poesia su base quotidiana, con lo zelo di un rituale.  Ma, al contempo, questo ritmo, quest’alacrità m’appaiono anche come una forzatura, una sorta d’obbligo che mi sono accollata. E' comprensibile che la persistenza di una percezione che adduca alla scrittura il carattere di lavoro e routine  possa  risultare opprimente, causando disillusione e spossatezza in chi un tempo abbia creduto nella poesia come vocazione.  D’altro canto, se non avessi questo genere incertezze, quei rari giorni quando mi sento più ispirata avrebbero poco significato. 

Questa è la ragione per la quale paragono più volentieri i miei versi migliori ai giorni di festa, un’attitudine che riconosco essere quella di una suora veneziana del Cinquecento o di un monaco benedettino.  Una sorta di travestitismo poetico, dunque. Sto pensando a quelle vergini costrette a prendere i voti o a quei giovani idealisti, che data le restrizioni imposte dalla loro condizione, con maggiore eccitazione e impazienza attendevano la frenesia delle festività. 

Lo scrivere qualcosa che mi soddisfi veramente accade con la stessa rara frequenza con cui cade una festività.  In quelle occasioni, scrivo poesie che non mi costano nessuno sforzo, come quando ci si aggira contenti e indisturbati vestendo una maschera assoluta, dopo di che rimorso ed urgenza di digiuno mi assalgono per controbilanciare lo spreco di creatività e gioia pura. 

Scherzi a parte e tenendo conto del fatto che la vasta maggioranza delle poesie che ho scritto fin ora  concerne, in modo diretto o camuffato, una religiosità sinistra e privata, rettificherò lievemente la suddetta dichiarazione:  a prescindere dai toni con cui descrivo la pratica poetica, sia essa una funzione del quotidiano, una gestualità enfatica, o un travestimento celebrativa, il significato ultimo che essa ha per me resta nel fatto che veicola una sorta di aspettativa in qualcosa di là da venire, sempre da rivelarsi. 

Erminia Passannanti. Oxford, 17 novembre 2002
erminia.passannanti@talk21.com



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