L'inconscio
del poeta
Trama
Casa
di Poesia
Introito
rapido
Rosa
eterna
Preghiera
Lo
scopo dei segni
Verbalmente
Cosmetico
L'inconscio
del Poeta
Nascono
così le suggestioni, la tinta
brunita
del sangue -
tesoro
espressionistico, conca
dell’anima
fonda
e febbre
mascherante
l’ipocrisia
del mondo.
Da sempre
afferro
un
qualche
elemento,
lo incisto
nel sogno,
nell’immagine
afona
in cui
io e te cerchiamo
sotto il
cofano della macchina
il corpo
inerte del motociclista
che abbiamo
investito,
il lemma
fideiussore
della
normalità.
Così
in un turpe ingorgo
d’ eventi,
verificando
piaghe
e ferite, l’identità contusa
presso
l’infetta lesione sul costato,
vedo il
defunto riprendere vita,
levandosi
in piedi per proclamare
un
verso,
rantolo,
desiderio.
Ah, visione,
malessere grigio,
tetro
gorgoglio
dell’idea
analogica.
Non un mistero...
non un
mistero, non un sentiero da svelare,
ma un gruppo
di villici, malvestiti, che s’allontana
procedono
a schiera,
confabulando
rivolte.
il più
giovane regge un’ascia.
ha il volto
rivolto verso il più vecchio,
un uomo
sulla quarantina di media altezza,
biondo
e robusto, colono del podere d’ un conte.
il conte
- mio nonno - proprietario di 3000 ettari di terra
3 figli
illegittimi - siede reggendosi la fronte
nella sala
dei ritratti di famiglia - la secondogenita, la più avvenente,
consegnata
alla nascita a un orfanotrofio di Napoli.
il sole
illumina il sentiero di sterpi e more
lungo
cui
- compiuti i vent’anni -
s’incammina
mia madre - cappotto americano e tacchi a zeppa
alla volta
della villa paterna.
alla distanza,
il grano splende nella luce del pomeriggio.
le pale
del mulino pescando nella melma grovigli di anguille.
la mano
di mia madre sanguina - tra l’erba, l’ha baciata una biscia.
Trama
ho ordito
questa trama
come marinaio
che scruti la rete
ne afferri
le maglie
le rammendi
con aghi e unghie
inaffidabile
schema
tirato a
braccia fuori da una distesa
d’acqua
salsa
sciolto
dalla realtà e concesso
a tinte
immaginarie.
Il resto
è ciò ch’ emerge
da un
intricato
nucleo, perla
dall’ostrica,
piovra dalla tana,
dizionario
di metrica italiana
trovato
sulla spiaggia ricoperto
di sabbia
ovvero scheggia
che ferisce
i plantari.
In alto
il sole. dinanzi a me la piana
negazione
della rima,
brezza
che inganno è
ai sensi,
eppure familiare
come il
cielo agli uccelli
come ai
ciottoli il mare.
Casa
di poesia
nessun chiodo
penetrerà queste pareti di calcestruzzo
l’intimo
perimetro delle mie occasionali
corrispondenze
e assonanze, esperienze
che
solidificano
ed erigono le loro metafore.
la mia richiesta
d’ identità non è istanza di libertà,
bisogno
di contentezza, richiesta d’ evasione.
piuttosto
sogno di reclusione, speranza
di coesione
tra sabbia e cemento, ingenua
aspettativa
che la struttura regga.
proprietà
non è in comune. la ragione
è
la difficoltà d’attraversare
i motivi,
le norme
di questi
domestici contorni
che si
sbriciolano sotto il becco d’ un passero
ma resistono
a punzone e martello.
perché
trincerarsi così?
per
solitudine,
dolore, per ideare
un bunker
prospettico
di gravose
evidenze
contro
la folla degli spettri
fuori la
porta,
estranei
alla coscienza,
alieni
al desiderio.
Introito
rapido
accetta
il mio consiglio
non s’ha
da fare alcuna cosa
che possa
aggravare
la situazione
odierna
il tempo
s’arroga il ruolo
di
legislatore
della forma completa
per quanto
presa e vilipesa
da chiunque
ed in
qualsiasi
senso
per il gruppo
di contadini
colti dal
mortale
accidente
del breve espediente
cagionato
da Dio
per metterli
al riparo
dalla
difficoltà
e rendersi
garante
che qualsiasi
cosa decidessero
fosse fatta
rapidamente
rapido amore
e corteggiamento
cura della
prole e accanimento
la morte
desiderata e rapida
come un
pendio
un’ascia
una corda
fatale e
risentito
pallido
con allineamento orizzontale
il margine
vitale
Rosa
eterna
Come giungesti
a maturare
dal segno
lineare della venatura
rosa eterna
nel mio ventre
colpa che
la palpebra acerba
dischiuse
e l’azzurrino
natale della crepa
nel grigio
di dicembre
rivelò
come un lampo?
Preghiera
fammi essere
vera Signore
per la
santità del tuo cuore
per la
beltà della piaga
che s’apre
nel tuo petto
per il
rispetto
che porto
a Mio Padre
molte lacere
ore e sudati consessi
questi
affanni han reso poesia
non ritenermi
ria
chiedon
venia i miei versi
per la chiazza
d’inchiostro
che macchia
ogni mio scritto
per i sogni
che faccio
all’imperfetto
per l’errore
che segna il mio pensiero
a sera
concedi ch’ io sia nera
ignora
le mie colpe
Lo
scopo dei segni
Siedo qui
immersa nelle mie reveries
• i seni
tratteggiati, le membra
svogliate
e torte,
minorata
che regge una posa
all’ultima
moda
restauro
- lupus in fabula -
storia
che riaccade (ovvero refrain
di
fonosimbolismi
che dicono
l’Essere
“E”,
il Corpo
“C”, la Vita “V”,
la Morte
“M”
tra alternate
cause sillabiche)
esplicita
d’ intenti - che svolgo
asimmetrie
- parole
dalle vaghe
etimologie, nebbie
di rei
componimenti
(malagevoli
all’uso).
Il mio impeto
è un gioco
innocua
la metrica
che innesca
suoni impropri
rinnegando
la forma
canzonando
l’altrui foco.
Verbalmente
fiore letterario
sbocciato
come cardo
tra foglie
dentellate
ovvero scudiscio
ago sotto
le unghie morso
d’ insetto
privata
dell’amore
risposta
non m’ assiste
il cuore
scrive bianco
Cosmetico
Amleto:
Governatori!
Ho acquisito
conoscenza
sovvertendola...
Lor Signori
conteranno
in me
tre istinti
basilari
le lettere
l’ascia
la maschera
tre leggi
operanti
come una
grammatica
funzionanti
come cipria compatta
Biografia
Poetessa,
traduttrice e saggista, è nata a Salerno nel 1960. Si è
laureata
nel 1988 in Lingue e Letterature Straniere presso la Facoltà di
Lettere e Filosofia dell’Università di Salerno con una tesi
sulla
poesia di Sylvia Plath. Dal 1995 vive a Oxford, dove insegna
Letteratura
Italiana al St. Clare’s College e offre ‘tutorials’ in
Letteratura
Comparata presso il St Catherine’s College (University of Oxford).
“Trans”
(oltre-al di là) è una radice significativa per la nostra
autrice, che da tempo si adopera attivamente nel campo della
“transference”
poetica, intesa come possibilità della poesia di oltrepassare i
limiti geografici e individuali, per divenire uno strumento di
incontro,
di dialogo pacifico fra differenti culture e tradizioni letterarie.
Citando
le sue stesse parole: “ ...la poesia non è e non può
essere
confinata alla mente in dialogo con sé stessa: anzi, la poesia
è
una forma di intersoggettività dialogica, vale a dire, la spinta
per riconciliare, per depositare i nostri ‘segreti’ nelle mani degli
altri,
conoscendo la difficoltà di tale impresa comunicativa”. E i
versi
della Passannanti con originalità colgono e ci consegnano quella
dimensione segreta e misteriosa che, in fondo, è l’essenza
profonda
dell’esistere.
La sua prima
raccolta di poesie Noi Altri è inclusa nell’antologia I 5 poeti
di Laura Nobile, nella collana “All’insegna del pesce d’oro” pubblicata
nel 1993 da Vanni Scheiwiller. La sua seconda raccolta Macchina,
vincitrice
del premio “Laura Nobile 1995”, è stata pubblicata nel 2000 da
Manni
Editore.
Sue poesie,
recensioni, saggi e racconti sono apparsi nelle riviste “Linea
D’Ombra”,
L’Immaginazione” (Manni, Lecce), “I Testi” (Viaggio in Italia, Torino),
“Poesia” (Crocetti, Milano), I suoi versi sono stati tradotti in
inglese
da Peter Dale e pubblicati su riviste americane e del Regno Unito,
quali
“Poetry Durham” (Durham University Press) e Agenda.
La Passannanti
è, inoltre, traduttrice e curatrice di opere in lingua inglese:
Emily, Charlotte e Anne Brontë, Poesie (Rispostes, 1989); Leonard
Woolf, A caccia di intellettuali (Rispostes, 1990); Hubert
Crackanthorpe,
Racconti Contadini (Granta, 1991, a cura di Franco Buffoni).
Nel 1993,
ha pubblicato con l’editore Ripostes l’antologia di poesia britannica
contemporanea
Gli uomini sono una beffa degli angeli: (Rispostes, con una
co-prefazione
di Blake Morrison); R.S. Thomas, Liriche alla svolta di un millennio
(Manni,
2000).
Numerosa
è anche la sua opera saggistica: ‘Sylvia Plath: Itinerari
Allegorici’
(1991, L’Immaginazione); ‘Seamus Heaney: L’Archeologia della memoria’
(1993,
L’Immaginazione); ‘La mosca di marmo: la poesia di Jamie McKendrick’
(1998,
Linea D’Ombra); ‘Un uovo è un uovo: Samuel Beckett e la logica
dell’assurdo’
(1998, Linea D’Ombra), ed altro ancora.
Nel Febbraio
2001 ha preso parte alla rassegna organizzata da Giovanni Raboni,
“Poesia
del ‘900” al teatro Il Piccolo di Milano.
E’ curatrice
della rivista letteraria on-line Transference
(www.transference.f2s.com)
ed è literary editor di Vico Acitillo124 (waves.loffredo.it).
Dal 2001,
è la coordinatrice per il Regno Unito della manifestazione
Dialogue
Among Civilizations Through Poetry (www.dialoguepoetry.org) dell’
UNESCO
promossa e organizzata da Ram Devineni.
Nel 2002,
ha completato un PhD presso lo UCL (University College London)
realizzando
una tesi sull’opera di Franco Fortini con la supervisione di David
Forgacs.
[Nota biobibliografica
a cura di Maria Teresa Lupo]
• “Questa
poesia ha pochi rapporti con la tradizione lirica italiana e si
rifà
piuttosto alla tradizione inglese da Dylan Thomas a Heaney, con qualche
riferimento anche al Surrealismo francese. Da questa tradizione deriva
la capacità di procedere contemporaneamente per forza d’immagini
e per forza d’idee. I componimenti si snodano con indugi e improvvise
precipitazioni,
passando dall’astrattezza al realismo, dalla cronaca alla
concettosità,
dalle immagini all’inconscio alle considerazioni morali. Bruschi
accostamenti
surreali interrompono e violano la ricorrente volontà d’ordine,
con risultati inaspettati. Il significato riguarda una realtà
sempre
mutilata; è comunque un’ipotesi o un azzardo. Lo stile
asimmetrico
e avvolgente determina esiti imprevisti anche entro campi semantici e
retorici
tradizionali.” [Giuria del Premio Rassegna di Poesia “Laura
Nobile”,
Siena 1995 (Luperini, Gugliemi, Leonetti. Presiede la serata Edoardo
Sanguineti).Primo
premio conferito alla raccolta Macchina.]
Bibliografia:
Opere di
poesia:
• Noi Altri,
in I 5 Poeti del Premio Laura Nobile, Scheiwiller Editore, 1993
• Macchina,
Manni Editore, 2000
• Excstasis,
Lieto Colle, 2003 (in fase di pubblicazione)
Ha curato
e tradotto:
• Charlotte,
Anne, Emily Brontë, Poesie, Ripostes, Salerno-Roma, 1989;
• A caccia
di intellettuali, Un saggio di Leonard Woolf, Ripostes, Salerno-Roma,
1990;
• Racconti
contadini, I Raccontio di Hubert Crackanthorpe, Guerini e Ass., Milano,
1991;
• Gli uomini
sono una beffa degli angeli, Antologia di poesia britannica
contemporanea,
Ripostes, Salerno-Roma;
• Liriche
alla svolta del Millennio, La poesia di R.S.Thomas, Manni, 1998;
• Angelo
di Cella. La poesia di Menna Elfyn, Ripostes, 1999.
• Emily,
Charlotte e Anne Brontë, Lettere Inedite, Edizioni Tesauro, 2000.
Dichiarazione
di Poetica
Sulla
poesia come vocazione, di Erminia Passannanti
Come poeta,
a volte mi sorprende la cognizione che ho della mia natura razionale,
la
conoscenza del metodo con cui entro dentro le cose tramite il
linguaggio,
delle regole con cui le scompongo e le manipolo. ‘Sono antilirica’, mi
dico, con una certa misura di disappunto per questa consapevolezza che
ho del mezzo, acquisita tramite la pratica; per questa mia nozione
delle
competenze, che è nozione formale.
Seduta dinanzi
al computer, mi figuro la poesia che intendo scrivere come testo
stampato,
premeditandolo in quanto tale, con tutta la serie di espedienti
retorici
a mia disposizione, come farebbe una suora ricamatrice con il cestino
del
cucito. Tuttavia, questa laboriosità non mi pesa; piuttosto, mi
aiuta. Sapere che posso sedermi, accostare la sedia al tavolo, aprire
un
word document e iniziare a scrivere, consegnando le idee alla
scrittura,
mi conforta, allieta, finanche, le mie giornate.
Attraverso
il paese della pagina, scendo per una stradina. In men che non si dica,
raggiungo una piccola piazza; mi guardo intorno: quivi dimorano gli
apostoli
del messaggio: il macellaio, il calzolaio, la pasticciera, il garzone
del
fornaio, lo stesso panettiere. Allora sosto nello spiazzo del
senso.
Da una porta di legno tarlato viene fuori un uomo, alto e corpulento,
che
mi guarda dall’alto in basso, con un atteggiamento burbero:
‘Che vedete
in me, buon uomo, ?’, gli chiedo, affrontandolo.
‘Niente,
davvero, Sorella…’ risponde, ‘Non se la prenda a male! Non ho tempo per
questo genere di cose...’
‘E quello
che mi chiedevo, per l’appunto…’
Giro le
spalle, m’allontano, ripercorro la strada al contrario. L’uomo mi
segue con lo sguardo fino a che scompaio in fondo al viottolo, poi,
accigliato,
chiude la porta lentamente. Cammino lesta. Non un rumore, solo il
fruscio
del mio abito ad ogni falcata. Mormora come mormora sotto l’ago il
cotone
da ricamo. M’ impongo di far ritorno al punto esatto da dove sono
partita.
Ma qualcosa è mutato nel paesaggio, nell’aria - nella
figurazione
- in modo irrevocabile.
Vi sono
periodi lunghi in cui mi sembra come se avessi ricevuto una specie
d’ingiunzione
a scrivere. In quei lassi di tempo, mi ritrovo intenta a comporre
poesia su base quotidiana, con lo zelo di un rituale. Ma, al
contempo,
questo ritmo, quest’alacrità m’appaiono anche come una
forzatura,
una sorta d’obbligo che mi sono accollata. E' comprensibile che la
persistenza
di una percezione che adduca alla scrittura il carattere di lavoro e
routine
possa risultare opprimente, causando disillusione e spossatezza
in
chi un tempo abbia creduto nella poesia come vocazione. D’altro
canto,
se non avessi questo genere incertezze, quei rari giorni quando mi
sento
più ispirata avrebbero poco significato.
Questa è
la ragione per la quale paragono più volentieri i miei versi
migliori
ai giorni di festa, un’attitudine che riconosco essere quella di una
suora
veneziana del Cinquecento o di un monaco benedettino. Una sorta
di
travestitismo poetico, dunque. Sto pensando a quelle vergini costrette
a prendere i voti o a quei giovani idealisti, che data le restrizioni
imposte
dalla loro condizione, con maggiore eccitazione e impazienza
attendevano
la frenesia delle festività.
Lo scrivere
qualcosa che mi soddisfi veramente accade con la stessa rara frequenza
con cui cade una festività. In quelle occasioni, scrivo
poesie
che non mi costano nessuno sforzo, come quando ci si aggira contenti e
indisturbati vestendo una maschera assoluta, dopo di che rimorso ed
urgenza
di digiuno mi assalgono per controbilanciare lo spreco di
creatività
e gioia pura.
Scherzi
a parte e tenendo conto del fatto che la vasta maggioranza delle poesie
che ho scritto fin ora concerne, in modo diretto o camuffato, una
religiosità sinistra e privata, rettificherò lievemente
la
suddetta dichiarazione: a prescindere dai toni con cui descrivo
la
pratica poetica, sia essa una funzione del quotidiano, una
gestualità
enfatica, o un travestimento celebrativa, il significato ultimo che
essa
ha per me resta nel fatto che veicola una sorta di aspettativa in
qualcosa
di là da venire, sempre da rivelarsi.
Erminia
Passannanti. Oxford, 17 novembre 2002
erminia.passannanti@talk21.com