Appezzamenti
Catullo da cortina
Sul fatto di non essere Milton
E va bene, finocchi!
Lezione di poesia
Io, Tarzan
Apprezzamenti
Gli appezzamenti
«Scava per la vittoria» abbandonati
hanno aiutato
a mettere più bastardi negli orfanotrofi
di altri
luoghi, ma molto prima che compissi tredici anni
i veterani
li ottennero come campi da bocce.
In Leeds
la domanda non era mai chi o quando, ma dove.
I ponti
sul melmoso fiume Aire,
dove Jabez
Tunnicliffe, per divino amore,
fondò
la «Lega della Speranza» nel 1800 e rotti,
il freddo
canale che andava a Liverpool
raffreddavano
nelle mutandine i caldi umori
prima ancora
che scorressero. I cimiteri di Leeds Due
non erano
proprio nidi d’amore ma ci si adattava:
attraverso
il cappotto bagnato e il giaccone d’inverno
e il golf
stropicciato per arrivare a una tetta.
Il nylon
carezzato crepitava su natica e inguine
come la
radio della nonna bloccata a Hilversum.
E dopo
l’amore si trovava un epitaffio
stampato
a rovescio sul tuo sedere, roba da ridere.
Giovani,
ci abbracciavamo presso il mattatoio
pasticciando
con le cerniere, non combinando gran che.
Attraverso
i vetri sporchi d’ogni tanto una scintilla
sprizzata
sul cemento da qualche zoccolo grattava il buio
e brillava
negli occhi verdi. Lo sterco cadeva
sui pavimenti
dove le bestie erano ammassate.
Le nuvole
di puzzo degli inceneritori facevano soffocare
altre coppie
sedute sulla mensola delle bare.
Il polacco
che una volta ci sorprese aveva odorato
di peggio
ad Auschwitz e a Buchenwald,
disse,
e indicò le ciminiere: Carne!
Là
tentro ammazzano quel che manciate.
E saltellandoci
accanto: Come ti metti in pancia
la carne
tegli animala, così il ferme ti mancia.
E come
il fostro inno, 11kla Moor Baht 'at.
Quasi mezzanotte
e le ciance di quel matto
mi avevano
bloccato l’orgasmo, rovinato l’appetito
per la
cena, e garantito una notte insonne
in cui
mi dimenai frustrato e mi sentii addosso
puzza di
voglia, poi fumo, quindi i falò
accesi
per la fine della guerra,
V. E. e
V. Jay bruciarci come luci, finché vidi
praterie
rigogliose per scopare, pascoli,
l’eliso
per uno di Leeds, e piansi
la famiglia
ancora racchiusa nelle mie palle,
il mio
sandwich di manzo e il genocidio.
Traduzione
di Massimo Bacigalupo
Catullo da Cortina
Le frontiere
mi opprimono...
Voglio
vagabondare quanto mi piace...
parlare,
anche con poche parole, a tutti.
Evtusenko,
1958
Le tue caviglie
grasse, di ballerina mancata,
emergono
a sinistra, destra, sinistra. Senza fiato, sosto
e spio
le metà sotto la sottana,
quei pallidi
dieci centimetri sopra i calzini.
E una vista
che fa per me. Non mi va poi tanto
tutto questo
gotico e vecchio barocco.
Il berretto
di pelliccia prude, sto morendo di freddo.
Ho bisogno
di bere qualcosa, stare seduto e fumare.
Pronuncio
la mia sola parola della tua lingua: grazie!
Baciamoci.
Ridi e piroetti sull’alluce
per indicare
Hus che ancora predica, carri armati russi,
li occhi
senza pupille di Kafka pieni di neve.
Sbircio
indietro il mio segugio. L’ho incontrato di colpo,
in un vicolo
cieco, faccia a faccia. Un sorriso,
un cenno,
e abbiamo proseguito. Spero se ne sia andato.
Ci
denuncerebbe
se vedesse la mia mano borghese
accarezzare
lo zipper del tuo vestito e passare
le vertebre,
le tue labbra di partito aprirsi
contro
le mie. Rilassati! Nessuna causa o classe
può
rubare il piacere da dentro le cosce.
Astrea!
La statua di Stalin, un Santa Claus
di
cioccolata,
è fatta di tanti pezzi. Scendi! Scendi!
Siamo umani,
giovani, vogliosi, stufi di guerre.
Voglio
questa bella rossa per amica.
Scendi
come una fanciulla di neve dall’aria.
Riempi
la nicchia vuota di Crisostomo o Basilio,
scaccia
il rigido Nelson da Trafalgar Square.
Senti le
masse che gridano: Dea! e i padroni: Cagna!
Vi
conosciamo,
puttane e Mata Hari straniere.
Son stanco
di corpi di pietra, voglio il tuo.
Il suono
imbarazzante, noioso, della Sicurezza
rimbomba
dentro le cupole spaccate:
Guardarsi,
guardarsi da occhi allegri, da proposte di uomo o donna,
guardarsi
da caucasico e mongoloide... Soprattutto, ricordare Gerald Brooke.
Oh vedo
già le bandiere, quella rossa bianca e blu,
e quella
rossa a mezz’asta per una scopata
fra una
coppia colta in flagrante come noi due.
Il tuo corpo
ingrassato dai farinacei preme
contro
il falso orso mentre sbirci
in su grandi
santi, il tuo collo di pesca si stira
verso un
guerriero della chiesa che getta la lancia d’oro
contro
il turco. Un infedele nascosto
è
scagliato all’Inferno dall’esercito di Cristo.
Sono stanco.
Natasha! Olga! Masha! Vieni nel mio letto
col microfono
cammuffato. Lascia i vestiti - la guerra fredda
batte con
le fiaccole spente alla nostra porta.
Traduzione
di Massimo Bacigalupo
Sul fatto di non essere Milton
per Sergio
Vieira e Armando Guebuza (Frelimo)
Letti e
gettati alle fiamme, chiamo
questi
sedici versi che tornano alle mie radici
il mio
Cahier d’un retour au pays natal,
il mio
divenire nero quanto basta a star nei miei stivali.
Il balbettio
del bisbetico dalla gabbia
della
condiscendenza,
classe e controclasse,
si ispessisce
di suoni in una massa stracciata
di morfemi
ludditi che stringono le fila.
Ogni accento
d’un ferreo Enoch di Leeds brandito
sprigiona
una musica di fucina dalle macchine dell’Arte,
i telai
della lingua posseduta fatti a pezzi!
Tre hurrah
per il mutismo ingiorioso!
L’articolazione
è la lotta di chi balbetta.
Nel silenzio
che abbraccia ogni poesia citiamo
Tidd il
cospiratore di Cato Street che scrisse:
Signor,
Mia Scritura è una Scifezza.
Traduzione
di Massimo Bacigalupo
E va bene, finocchi!
E
va bene,
finocchi! Occuperemo
il vostro
feudo marcio, la Poesia.
Masticai
la letteratura e sputai le ossa
nel grembo
del torpido Daniel Jones,
mollai
le iniziali con cui mi avevano redarguito
e usai
il mio nome e la mia voce: [uz] [uz] [uz],
misi le
preposizioni in fondo alle frasi,
e parlai
la lingua che parlavo a casa.
All’inferno
l’R.P., all’inferno ti doppiovù.
Sono Tony
Harrison e non più tu!
Potete dire
ai Correttori di andare all’inferno
(‘ell,
non hell), appena sapete
che per
Wordsworth matter e water sono rime perfette,
[uz]
può
essere amoroso, oltre che comico.
La prima
volta che sono stato citato dal «Times»
Tony è
automaticamente diventato Anthony!
Traduzione
di Massimo Bacigalupo
Lezioni di
poesia
La
sua
proboscide sonda l’occhio del mostro al sole.
Il Flambeau,
per cui è ambrosia la rugiada salsa
e i nettari
succhiati dalle lacrimae del caimano,
sopravvive
su secrezioni di sauri nel Peni.
Ho veduto
nel Nord Brasile la fritillaria blu
svolgere
la molla a orologio della lingua
e, succhiando
o leccando, saziarsi
delle delizie
evacuate nelle feci.
Il punto
interrogativo (si, c’era anche il punto)
cacato
caldo sul marciapiede davanti a tutti
da un
emaciato
sbronzo di liquore di canna
era ambrosia
non merda per la delibante blu.
Due lezioni
di sopravvivenza perché le parole fini
cerchino
il cibo dove non l’hanno mai cercato,
come
lepidotteri
che si saziano d’uno stronzo
o prosciugano
delicatamente il condotto del mostro.
Traduzione
di Massimo Bacigalupo
Io, Tarzan
Fuori
fischia
il segnale della banda, Twelfth Street Rag,
poi un
gorgheggio alla Tarzan per il ragazzo annoiato,
che ha
la mano sulla liana.., no, ritorna
a Labieno
con la spada infuocata.
Via a divertirsi,
poi alla friggitoria, tutti i ragazzi,
a donne,
al cine... ma sempre, sempre, sempre
il tavolino
da gioco pieghevole, la stoffa verde
il De Bello
Gallico e il vocabolario.
Ha solo
contratto i muscoli della bocca
in un merda!
— arrabbiato che non può andare;
abbasso
i polisillabi, è contro
tutti i
Cesari pallidi, è per Geronimo.
Solleva
il lucernaio ghiacciato, grida:
Non posso,
cazzo, ho il compito di latino
La sua testa
scorporata nell’uscire fuori
pare quel
patriarca fottuto di Cicerone.
Traduzione
di Massimo Bacigalupo