parallelamente
deflagrerà
o anche no
una lebbra
del transeunte, la ruvida superficie che si sfalderà
(non è
agevole immergere il naso in viscide interiora
come ieromante
impazzito o deceduto) - migreranno
le folle,
si srotoleranno code immense come mai prima
e tutti
a riflettere sulla possibilità della malattia e dei
suoi vizi
del piegarsi di pii ginocchi
dell’arrestarsi del respiro
che si
fa valva all’invertebrato timor d’essere, circuito di espressioni
ed indici
inquisitori di silicio, alla rovescia rovesciati
mentre
la polvere assolutoria cede il passo all’aria e se ne va via.
Come ala
spezzata zigzago nella mente
e la mira
della mia lingua è ormai compromessa, la gemmazione
è
ormai avanzata e la tela è ormai tessuta, mai gomitolo
roteando
su se stesso riaccoglierà assottigliato il sospiro dell’attesa.
Si riassume
dunque un principio di
sottrazione
ed al niente
volgendo lo sguardo sfiduciato e deluso
si lascia
crepitare la stringa di solitudine con sospetto di
vanificazione
mentre
interferiscono gli amminoacidi informatori
e la mano
ancora una volta stringe un osseo addio con senso di
scorpione.
Ancora il
carro si trascina e condiziona la meteorologia di insetti
che fabbricano
dimore con escrementi e desideri perfettamente miscibili
mentre
la luna butterata stanca di parole si trascina sabbiosa
e cogitante è illimitata alle sue cavità.
Solo il
riflesso beota di qualcuno può avere riflettuto
sul senso
speculare del tempo, sull’appassire del fiore alchemico
e sulla
modalità di energia che scalda il cuore irregolare mentre il
tempo
si allontana
e termina di esistere, se ne va e sbatte la porta
con crollo
di intonaco schiumoso sulla burrasca della pagina.