Invio
questo
poema
(per ora
accettiamo tale parola)
al terzo
uomo che s'incrociò con me l'altra notte,
non meno
misterioso di quello di Aristotele.
Il sabato
uscii.
La notte
era piena di gente;
ci fu certamente
un terzo uomo,
come ce
ne fu un quarto ed un primo.
Non so
se ci guardammo;
andava
verso Paraguay, io verso Cordova.
Forse lo
hanno generato queste parole;
non saprò
mai il suo nome.
So che
c'è un sapore che predilige.
So che
ha guardato lentamente la luna.
Non è
impossibile che sia morto.
Leggerà
ciò che scrivo e non saprà
che mi
rivolgo a lui.
Nell'oscuro
avvenire
possiamo
essere rivali e rispettarci
o amici
e volerci bene.
Ho eseguito
un gesto irreparabile,
ho stabilito
un legame.
In questo
mondo quotidiano,
che somiglia
tanto
al libro
delle Mille e Una Notte,
non c'è
un solo gesto che non corra il rischio
di essere
un'operazione di magia,
non c'è
un solo fatto che non possa essere il primo
di una
serie infinita.
Mi domando
che ombre getteranno
questi
oziosi versi.
così
come sono venuto.
|
|