Laudas
fortunam
et mores antiquae plebis, et idem
siquis
ad illa deus subito te agat, usque recuses,
aut quia
non sentis quod clamas rectius esse,
aut quia
non firmus rectum defendis, et haeres
nequiquam
caeno cupiens evellere platam.
Romae rus
optas, absentem rusticus urbem
tollisa
ad astra levis. Si nusquam es forte vocatus
ad cenam
laudas securum holus hac, velut usquam
vinctus
eas, ita te felicem dicis amasque
quod nusquam
tibi potandum. Iusserit ad se
Maecenas
serum sub lumina prima venire
conviviam...?
Tu lodi
sempre le antiche fortune ed i vecchi costumi del volgo,
ma
all’incontrario,
se per combinazione qualche dio ti ci portasse,
con ogni
forza tu rifiuteresti, o perché senti che non è giusto
tutto quello
che vai predicando, o perché non hai la forza sufficiente
nel crederci,
e mentre cerchi di togliere i piedi dal fango
vi rimani
attaccato senza pietà.
Quando
sei a Roma desideri la campagna, quando sei nei campi
elogi senza
fine la tua città.
Se dovesse
capitarti che nessuno ti invita a cena,
elogi tutti
i cibi che potresti mangiare in felice solitudine,
e, come
se fossi costretto ad andare fuori di casa,
ti dichiari
contento di non essere a straviziare un pò qua e un po’
là.
E cosa
diresti se improvvisamente a sera
Mecenate
ti invitasse a cena, sotto la calda luce delle torce….?
traduzione
di Antonio Spagnuolo