oh
come
si lascia andare
in questo
febbraio
di commozioni
sottili
che non
sai dove andare
e se andare
come si
lascia andare
da queste
parti
questa
città
senza un
segno un trofeo
un’idea
fatta di luce e saliva
senza nemmeno
l’attesa
che ci
si svegli dal torpore
e tutti
assieme ci si tocchi
ci si annusi
i volti
tenuti
assieme da occhiali al titanio
dietro
ai quali il meglio di noi si disperde
tra geografie
improbabili
sensi unici
e divieti
desideri
in bilico
sui bordi
dei bicchieri e delle labbra
e mani
che a sfiorarsi fanno paura
e sogni
fanno densi
come il
mosto della vendemmia
ora che
ancora è inverno
anche se
in anticipo è la primavera
in anticipo
quest’anno
e non siamo
preparati noi
né
per abiti né per ormoni
né
per orari ferroviari
in questo
mese di astratti furori
e astratti
dolori
mese crudele
meno di aprile e più luttuoso
che sconfigge
sicurezze e pigrizie
e ci lascia
senza risposta a chiederci
che se
l’estate ci trova così impreparati
quali alibi
potremo mai trovare
alla vecchiaia
che avanza
mentre
dentro ami come a vent’anni
e non sai
se più lo sai tenere
per la
coda il drago
che a cinquant’anni
ancora ti cavalca
perché
tu sei da un’altra parte ormai
maledetto
poeta
e sei nel
verbo e al verbo condannato
alle parole
derise da chi crede
che altro
sei dalle parole che dici
dalle parole
esatte e imperfette
che scrivi
sempre
come se
fossero le prime e le ultime
dai ritmi
che battono come denti
per il
gelo ed il trapano del dentista
così
che ti viene voglia di gridarlo
fino a
farti scoppiare polmoni e vene
io non
ci sto più
e di smetterla
di scegliere per te
l’assurda
morte a scampoli e a saldi
di starci
in mezzo senza essere da nessuna parte
in questo
febbraio di piatti da sciacquare
di figli
da consegnare ad un’eternità che non vogliono
di mal
di denti con cura occultati
perché
meglio un dente con la carie
che un
tumore che non ti faccia più venire
né
mal di denti né la voglia di vita
che hai
con arte dimenticato
meglio
il respiro delle cose senza sorpresa
dei sogni
che sai come vanno a finire
anche se
sono finiti da sempre
degli sguardi
che ti guardano senza guardare
delle mani
che ti toccano senza toccare
meglio
tutto, amore,
in questo
febbraio
in questa
città
in questa
strada
in questa
casa
in questo
cesso
dove alla
stessa ora
le 6.40
del mattino
con lo
stesso sapone
con la
stessa sapiente negligenza
le mani
ci disinfettiamo e il cuore
meglio
tutto, amore,
dell’allegrezza
che ci
segna la fronte
quando
gli altri ci salutano
come i
ventenni che eravamo
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