per Flavio
Ermini
Mi coglie
ancora fra le tue ginocchia
quel pastello
irrequieto
che perde
i colori
ad ogni movimento,
nell’ansia
di esplorare le ricostruzioni
della mia
nostalgia.
Ecco l’urlo
al cobalto
quasi in
disarmo per l’ultima fusione.
E se nel
tempo l’angioplastica
sarà
capace di ripronunciare
il silenzio,
il disastro
del senso
di apparenze e incertezze
è
abituale variazione
d’ogni
testo,
è
spirale della notte,
in percezioni
e grida,
in rottami e sintassi
verso la
superficie.
Io,
lamiera
e membrana,
sarò
la voce fuori del discorso,
forse fuori
del tempo,
a ribadire
proditoriamente
che la
poesia somiglia al fango,
nell’impasto
emorragico
d’un’arteria
in dissezione.