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Direttore: Emilio Piccolo



Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Poesie dei giorni dispari
25 aprile 2000



Orazio
Vix tamen eripiam

 
Vix tamen eripiam posito pavone velis quin
hoc potius quam gallina tergere palatum,
corruptus vanis rerum, quia veneat auro
rara avis et picta pandat spectacula cauda;
tamquam ad rem attineat quicquam. Num vesceris ista
quam laudas pluma? Cocto  num adest honor idem?
Carne tamen quamvis distat nil, hac magis illam
imparibus formis deceptum te petere esto:
unde datum sentis lupus hoc Tiberinus an alto
captus hiet? Pontisne  inter iactatus an amnis
ostia sub Tusci? Laudas, insane, trilibrem
mullum, in singula quem minuas pulmenta necesse est.
Ducit te species, video: quo pertinet ergo
Proceros odisse lupos? Quia scilicet illis
Maiorem natura modum dedit, his breve pondus.
Ieiunus raro stomachus vulgaria temnit.
 

Talvolta è poca la fatica per te preferire
ad una saporita gallinella
un bel pavone imbandito, così per solleticarti il palato,
ingannato come sei dalle apparenze,
sia perché quegli è un uccello raro,
che si vende a peso d’oro, sia perché mostra
la sua coda variopinta in un appariscente spettacolo,
come se tutto questo avesse a che fare con la sostanza.
In effetti mica  mangerai queste bellissime piume.
Una volta cotto conserva la sua bella apparenza?
Anche se, in effetti, come carne non è che vi sia
grande differenza posso concederti che tu lo preferisca,
ingannato come sei dal diverso aspetto.
Ma andiamo oltre… da cosa comprenderai se
un branzino che vedi a bocca aperta
sia stato pescato nel Tevere o in alto mare?
Se capitombolava sotto i ponti o alla foce del fiume?
Disattento come sei decanti una triglia di tre libbre,
che dovrai comunque dividere in tante piccole porzioni.
E’ evidente: ti lasci ingannare dalle apparenze:
è allora cosa saggia disprezzare i branzini che sono lunghi?
La natura ha concesso a questi animali maggiori dimensioni,
ed alle triglie un peso inferiore.
Uno stomaco non avvezzo ai digiuni
disprezza i cibi comuni…
(come sempre il sazio non crede al digiuno)

traduzione di Antonio Spagnuolo


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