Vix tamen
eripiam posito pavone velis quin
hoc potius
quam gallina tergere palatum,
corruptus
vanis rerum, quia veneat auro
rara avis
et picta pandat spectacula cauda;
tamquam
ad rem attineat quicquam. Num vesceris ista
quam laudas
pluma? Cocto num adest honor idem?
Carne tamen
quamvis distat nil, hac magis illam
imparibus
formis deceptum te petere esto:
unde datum
sentis lupus hoc Tiberinus an alto
captus
hiet? Pontisne inter iactatus an amnis
ostia sub
Tusci? Laudas, insane, trilibrem
mullum,
in singula quem minuas pulmenta necesse est.
Ducit te
species, video: quo pertinet ergo
Proceros
odisse lupos? Quia scilicet illis
Maiorem
natura modum dedit, his breve pondus.
Ieiunus
raro stomachus vulgaria temnit.
Talvolta
è poca la fatica per te preferire
ad una
saporita gallinella
un bel
pavone imbandito, così per solleticarti il palato,
ingannato
come sei dalle apparenze,
sia
perché
quegli è un uccello raro,
che si
vende a peso d’oro, sia perché mostra
la sua
coda variopinta in un appariscente spettacolo,
come se
tutto questo avesse a che fare con la sostanza.
In effetti
mica mangerai queste bellissime piume.
Una volta
cotto conserva la sua bella apparenza?
Anche se,
in effetti, come carne non è che vi sia
grande
differenza posso concederti che tu lo preferisca,
ingannato
come sei dal diverso aspetto.
Ma andiamo
oltre… da cosa comprenderai se
un branzino
che vedi a bocca aperta
sia stato
pescato nel Tevere o in alto mare?
Se
capitombolava
sotto i ponti o alla foce del fiume?
Disattento
come sei decanti una triglia di tre libbre,
che dovrai
comunque dividere in tante piccole porzioni.
E’ evidente:
ti lasci ingannare dalle apparenze:
è
allora cosa saggia disprezzare i branzini che sono lunghi?
La natura
ha concesso a questi animali maggiori dimensioni,
ed alle
triglie un peso inferiore.
Uno stomaco
non avvezzo ai digiuni
disprezza
i cibi comuni…
(come sempre
il sazio non crede al digiuno)
traduzione
di Antonio Spagnuolo