Denique
sit finis quaerendi, cumque habeas plus,
pauperim
metuas minus et finire laborem
incipias,
parto quod avebas, ne facias quod
Ummidius
quidam. Non longa est fabula: dives
ut meritur
nummos, ita sordidus ut se
non unquam
servo melius vestiret, adusque
supremum
tempus, ne se penuria victus
opprimeret
metuebat. At hunc libera securi
divisit
medium, fortissima Tyndaridarum.
“Quid mi
igitur suades? Ut vivam Naevius aut sic
ut Nomentanus?”
Pergis pugnatia secum
frontibus
adversis componere: non ego avarum
cum veto
te fieri, vappam iubeo ac nebulonem.
Est inter
Tanain quiddam socerumque Viselli;
est modus
in rebus, sunt certi denique fines,
quos ultra
citraque nequit consistere rectum.
Insomma,
vuoi porre fine a questa tua lamentela:
più
accantoni ricchezze e meno devi temere la povertà.
Inizia
a moderare il lavoro una volta ottenuto un buon risultato,
se non
vuoi che avvenga ciò che è capitato a quel tale Ummidio.
La storia
è breve : ricco oltre misura e gretto tanto
da vestirsi
peggio di un servo, egli andava piangendo
a destra
e a manca timoroso di morire povero.
Una furba
liberta, al pari della più forte delle Tyndaridi,
lo
spaccò
in due con una scure.
“Cosa mi
consigli allora? Vivere come Nevio
o come
Nomentano?” Continui a contrappore
cose che
non vanno bene insieme: in fondo
non ti
consiglio d’essere avaro, nè tantomeno
d’essere
spendaccione.
C’è
pur sempre una via di mezzo fra Tanai
ed il suocero
di Visellio.
Esiste
una giusta misura per tutte le cose:
vi sono
dunque ben precisi confini oltre i quali
secondo
me non può sussistere la perfezione.
traduzione
di Antonio Spagnuolo