se
dalle emergenze dei pensieri ripidi
distacco
il manubrio nel contrasto dei tuoi sorrisi,
se l’analgesico
dei tuoi sorrisi vetrati inflora
in me una
corsa allo sterrato, che il globo
illuminato
mostra al salotto buono tra gli applausi con
venienti,
se l’occhio susseguente che indulgi ai terzi nella
stretta
di mano è la bocca che asserra gli avversari
avvinti
in fogge fluorescenti, se la nostra
partita
è in stallo oltre la dipartita della terza ora,
se la sanità
dello speaker ripete storpie le nostre
formazioni
accorte, acuminando la bocca per vedere
i nostri
nomi, se le schiene stringate dei nostri incontri
corrispondono
ai nomi assegnatici dal sindaco delle viltà,
se il censore
è il sindaco dei nostri artifici profusi al
sole delle
ultime rampe, nel taccuino dei nostri inganni,
se la chiave
del possesso
ridonda nelle nostre elusioni dal vero.
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