C’è
stato un tempo in
cui scrivevo
con una penna a inchiostro verde,
molti anni dopo avrei scoperto
che
così scriveva abitualmente
il poeta da me più amato
in giovinezza,
stelle marine gnomi agresti fate
celesti
e turchine, ebbrezza d’azzurri
fiori
erano le parole che coloravano
il mio foglio tutto, d’ogni
vocabolo appena vergato m’innamoravo
e trovavo offensivo , emotivo
com’ero,
ogni gratuita violenza; mi pareva
fosse giusto eliminare ogni spreco
di parole che non fossero
necessarie al gioco:
quello solo contava finché
durava
gioco unico e assoluto
che alimentava quel mio poco-tutto
dare
e avere, tutto il mio timido
vivere.
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