Ti precipitano
e frantumano
ma quando
- ma dove?
Abbi cura
di te, mi ha detto Peter.
C’era affetto
nelle sue parole, e una dolcezza
che ho
sentito solo dopo che sono tornato a casa.
Abbi cura,
mi ha detto. Le cose si fanno da sole,
e da sole
se ne vanno. E tu te ne accorgi
solo quando
è troppo tardi.
Abbi cura.
Perché 60 sigarette al giorno
ti bruciano
i polmoni.
E quanto
al bere ti dovrebbe bastare
quello
che hai bevuto.
E non dormire
non è una bella abitudine.
Mi ha detto
cose ovvie, lo so.
Non mi
ha rimproverato, né chiesto
di copiargli
sul computer i suoi post-it.
Ma c’era
dell’affetto, perdio, nelle sue parole.
Quando
eravamo giovani, siamo stati così crudeli
da pensare
di non averne bisogno.
E sciocchi
al punto che per amore della vita
ce la siamo
quasi persa per strada.
Abbi cura
di te, ora mi ripeto.
Ma bevo,
fumo come prima
e quanto
al dormire è un lusso
da godermi
domani.
Però,
mi si son chiarite diverse cose.
Uno: non
è che ho davanti a me tutti gli anni
che potevo
avere venti anni fa
e tra birre,
sigarette e insonnia
prima o
poi qualcosa accadrà.
Due: scrivere
è dopotutto un piacere,
un regalo
su cui troppo spesso ho sputato.
Tre: solo
come un cane,
ma che
belli i cani!
Conclusione:
devo togliere la sicura,
prendermi
per mano e via.
Il treno
da qualche parte, prima o poi,
dovrà
pure andare.
Nell’attesa,
comunque, è meglio
prendermi
cura di me.
Bere e
fumare: quanto basta
per stare
a mio agio in compagnia,
e dormire,
dormire come un morto
per impedire
alle cose di deformarsi
appena
le tocco.
E rinunciare,
se occorre, anche al mio posto
nel paradiso
dei perdenti
e smettere
di dirmi farò questo, farò quello
per fare
solo ciò che è necessario
o che desidero
fare.
Essere
ora ciò che sarò domani.
Come la
mela che alta rosseggia,
alta sul
ramo più alto.
E là
dolcemente durare,
e ripetermi
come una preghiera:
ecco, è
la tua vita e non ne avrai altre.
|