VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo




Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Ianus

A cura di Giuliana Lucchini


Fortuna Della Porta
Traduzione di Giuliana Lucchini

 
Traduzione in inglese di
GIULIANA LUCCHINI
 
Per quanto tu possa andare, viaggiatore delle sette lune,
delle sette tuniche delle sette fiasche di lacrime,
se pure il sentiero  della vita scorra liscio
disteso come una freccia nell’arco
neanche allora, canuto il piede e carico di anni
percorrendo l’intero tratto con mansuetudine d’agnello
la maestosa veemenza del mare,
neanche allora giungerai ai confini  della terra.
In quel punto anche una pietra ti racconterà di venire dal nulla
e di dirigersi verso le cose che non sono.
 
Mare dalle lunghe ombre
Mi affretto.
Sciolgo i piedi e la piena
Quieto del mio respiro.
Discendendo
ancora un ricciolo della vita
alla partenza  accolgo
Quanti si fecero ricordi
E tutti i gigli
che d’inverno si bruciano.
Qui sul petto stringo i fiati altrui
Gli animali e le costellazioni
E le pietre che servirono
A lastricare un passo e subito l’ultimo.
 
                        Cenere del tempo,
                        di me neanche la mano si salva,
                        nemmeno uno dei miei capelli.
                        Oh, piccole perle di saliva che salite tra i denti
                        Dove misi la parola amore e il primo bacio
                        Dite al mondo che ho ancora labbra tenere
                        Che il cuore ruggisce…
 
 
A tornare dal vessillo del sole
al rogo della mia anima,
nulla è più vaporoso del volo delle rondini
e nulla più grave del mio sangue.
Continuo a vivere a dispetto
di sentirmi tranquillamente meteora
tranquillamente straniera.
La vendemmia esala su pere e noci
il canto di una donna dai morsi autunnali
ai quali nessuna equazione  vale più di un’altra.
Ma finché il petto s’apre all’aria
      prima che si perda ogni traccia
delle mie orme eroiche
mi atterrò al passo accordato.
Sulle scintille dei meridiani
Getterò le arance rosse dalla mia tenacia
e come il pescatore proseguirò le mie battaglie.
Continuerò a picchiare sulla volta del cielo
fino a scrivere: sono stata qui. Ho respirato.
 
Ho vinto tutti  i mari per arrivare
a questo tramonto di distanze.
Nel nulla dei giorni, coi mesi e gli anni
che precipitano in avanti,
riesco a pensare che solo la morte
tiene il passo dall’inizio alla fine.
Eppure non mi muovo. Non tocco nulla.
Nemmeno la tua mano.
A me basta guardarti la radice del polso
per sentirne il battito e il rantolo.
La vita tenebrosa non ha bisogno di parole.
Lontana da esse, mi crescono
tra i labbri le medesime rughe e le paure
che tremano tremano nelle tue pose rudi.
Vedo nascere dal segreto le vocali
del tuo luogo oscuro che come me urla
sanguinando al tempo che si chiude.
Questo ho imparato dal mio tacere:
le solitudini sono tutte ferme come il marmo
e non si trova una frase a descrivere l’inesprimibile.
Non servono le sillabe, bastano
gli emboli del cuore nella mia e nella tua sera
gettandoci la rete  come pescatori
abdicati al silenzio come pesci. 
 

 
As long as you can go, traveller of the seven moons,
The seven tunics, the seven tears’ flasks,
Even if your life’s course is smoothly flowing,
As flat as an arrow on its bow,
Not even then, in your hoary foot heavy with years,
Tamely covering the whole distance, lamb-like
Over the vehement grandeur of the sea,
Not even then you’ll reach the earth’s border.
In the very spot even a stone will tell you that
everything comes from nothing,
Heading for the unreal.
 
Long shadowed sea
I’m hurrying.
I loose feet and tide
I appease my breath.
Turning down
Through a life’s curl
In leaving I welcome
Remembrances and lilies
Burning along Winter.
Here on my breast I embrace others’ breaths,
Animals, constellations,
And the stones that were used
To pave for a step, the last one at once.
 
                        Time’s ashes,
                        Nothing of me is to be saved,
                        Not a hand, not a single one of my hair.
                        Oh, small saliva pearls among teeth,
                        Where I put the word ‘love’ and the first kiss,
                        Please tell the world that I still have tender lips
                        And a roaring heart …
 
From the sun’s flag
To my soul’s fire
Nothing’s hazier than the swallows’ flight
Nothing heavier than my blood.
I’m going on living, in spite of
Feeling that I am quietly a meteor
Quietly a stranger.
The vintage gives off on pears and walnuts
The song of a woman whose Autumn bite
Makes no equation equal to each other.
As long as my breast opens to air,
Before all traces disappear
In my heroic prints,
I’ll maintain my tuned pace.
On the meridian sparks
I’ll throw the red oranges of my tenacity.
Fisherman-like I’ll fight my battles
And hit the sky’s vault
Till I write : here I have been.  I’ve been breathing.
 
I won the seas throughout to arrive
At this twilight of distance.
In the nothingness of days -  months and years
Hurling forwards -
I can think that only death
Keeps in step from the beginning to the end.
I do not move. I touch nothing.
Not even your hand.
To me it’s enough to look at the root of your wrist
To touch its pulsing and rattling.
The gloomy life doesn’t need words.
Without words, lines and fears grow
Through my lips, the same which are
Trembling on your rough pose.
I see vowels springing from the secret
Of your dark place, howling like me
And bleeding to the parting time.
 
This have I learned from silence :
Solitude is as motionless as marble.
I cannot find a paragraph to describe the inexpressible.
Syllables are of no use, a heart’s embolus is enough
In my evening and in yours.
It throws a fisherman’s web
since we are as silent as fish.


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