VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Documenti


Homme nu/homme interrompu
di Luciano Caruso
1970

   
Il titolo, e tutte le citazioni in francese, sono tratte dal poema di EMILIO VILLA, Homoscuralnulsentimentaffectifdemandelindipendenceorganique, in EX 3; la nota stessa è stata suscitata dalla lettura (ri/lettura) di Ecce Homo, Adelphi, 1969, ma sono anche annotazioni al margine, del saggio di ROBERTO CALASSO, Monologo fatale, in appendice all'edizione del testo di NIETZSCHE.
 

Il passo più difficile non è quello che ci porta fuori della porta

L'estraneità dichiarata di Nietzsche nel momento in cui cede al vezzo tutto letterario di scrivere l'autobiografia, la biografia del Nietzsche mondano; il dilatare, l'erigere e celebrare se stesso in vita, per poi andare innumerevoli volte al proprio funerale, che cosa hanno a che fare con quell'estraneità gelida che Rhode aveva sentito nella primavera del 1886, « come se venisse da una regione dove nessun altro abita »? « In queste circostanze ioho un dovere, contro cui si rivoltano, in fondo, le mie abitudini, e ancor più la fierezza dei miei istinti, e cioè quello di dire: Ascoltatemi! Perché sono questo e questo. E soprattutto non scambiatemi per altro ». Ma in quelle circostanze qual era la necessità interna che lo costringeva a diventare oggetto a se stesso, ad esaminare « ciò che è », a compiere l'ultima operazione prima della separazione completa da se stesso, dal se stesso che si era costruito pazientemente in tutta la sua vita?

E’ proprio destinata a restare senza risposta questa domanda, oppure non è in qualche modo possibile trovare un s e n s o, confrontando questa carta da visita, con il salto nel Vuoto, che Nietzsche, in quel modo si preparava a fare?

« Perché finora solamente la verità è stata proibita sempre, per principio »; il « distruttore », di ogni speranza metafisica e di ogni ricerca di assoluto, di ogni conoscenza, rinuncia nel suo ultimo discorso ad ogni discorso sulla conoscenza o sull'assoluto, di cui non riesce più a fare a meno, dopo che ha scoperto, per suo conto, in se stesso, l'essenza e l'origine dell'essere; la risposta adeguata è il salto nel silenzio, esemplare e forse più agressivo di ogni altro discorso, che ancora potrebbe tentare di fare, perché ogni discorso è un discorso su, e il suo salto nel Vuoto è altrettanto assoluto, dell'assoluto che i suoi discorsi non gli hanno consentito di mostrare a nessuno, e tanto meno a se stesso: se non si può conoscere l'assoluto, allora lo si diventa, lo si è, lasciandosene magari divorare.

In Ecce Homo, c'è come un raccogliere le forze prima del salto, ma per far questo, non c'era altro argomento che se stesso: « et où tu / va te mettre / en / dans ton / dedans de /va te mettre »; ed ecco che questa biografia diventa il tentativo supremo di mostrare sé, di costruirsi un Doppio, lasciando poi che prosegua una sua vita esterna, c'è un rappresentare, un farsi spettacolo, quasi riducendosi alla misura di tutti i falsi profeti della filosofia occidentale, contro cui ha scagliato il suo sarcasmo più feroce, per preservare il sé più autentico, nascondendolo dietro il tono del proclama e del messaggio, non del sé?assoluto, ma del sé?mondano, perchè l'assoluto era possibile solo viverlo e sperimentarlo su di sé e con sé, non dichiararlo, o descriverlo, né tanto meno spiegarlo: « alors j'allais nommer le Transphasé, trans / combattre les (?) / et les (?) / en ayant / MON NOM ».

« Questi sono stati per me dei gradini, sono salito al di sopra di essi ? per farlo dovevo abbandonarli » (Crepuscolo degli idoli § 42); i gradini, a questo punto, di fronte ad Ecce Homo, non sono solo i problemi di coscienza, del Crepuscolo degli Idoli, ma tutte le sue opere, costruite faticosamente, nel tentativo di superarsi, di vincere in sé la nausea di essere uomo, tante tappe per avvicinarsi all'essere e scoprirlo nella sua semplicità ineffabile; Ecce Homo è il momento in cui getta lontano da sé la scala, ormai inservibile, è il momento del rifiuto dell'ombra dell'essere che era stato fino a quell'istante, « ton ombre vulnérablissime / défì définitivive.... en sortie »; un istante necessariamente pubblico, anomalo ma non incoe rente in chi come Nietzsche aveva sempre rifiutato i contatti con gli altri, prima della solitudine assoluta, è il gesto, l'ultimo che ci consente di vedere, subito prima di non farci vedere più niente. E allora si potrà rispondere ad Heidegger che proprio da questo mostrarsi per l'ultima volta risulta che Nietzsche non ha costruito se stesso in un vivere per la morte, ma in un vivere per la vita, in un vivere per il rifiuto e il superamento della vita dell'uomo che gli suscitava la nausea profonda con cui chiude la sua biografia; quelle innumerevoli vite, che sono solo aspetti, e nemmeno tanto diversi, di una morte reale che copia la vita, quelle innumerevoli vite, che sono una goffa imitazione nella morte di una vita che sfugge, nascosta, altrove.

« Pour consolider la Joie Com / mune on doit tremper / son proprie oiseau Oi / Seau on trempe son pro / pre l'0 de Garan / tie, et ON / remue remue »; un osservarsi attentamente prima di intraprendere il viaggio, ma non un dialogo con gli uomini, Ecce Homo vuole soltanto mostrare al mondo, per un istante, come un lampo prima del buio completo, il gesto intollerabile che Nietzsche era giunto ad osare, e per mezzo del quale non si poteva pensare di stabilire alcun rapporto, se non di autodefinizione, a sé e per sé, della propria identità, per meglio conoscere lo strumento di cui disponeva, per attuare il superamento e la separazione, un definire la propria identità come se fosse quella di un altro, per poi servirsene, per meglio spezzarne le difese e i limiti, perché era quella che conosceva meglio, di cui era sicuro che avrebbe resistito all'aria delle cime, senza raffreddarsi, senza perdersi nel deserto, in cui si era avviato.

auscultazioni

(Se) tutti gli assoluti sono banditi. Se i limiti del linguaggio sono insuperabili. Se il mondo è questo linguaggio. Noi siamo condannati al silenzio. A quello che abbiamo e usiamo. Qui. In questo mondo. In questo linguaggio immutabile. E la misteriosa realtà che ci anima. Che anima la realtà. E l'essere.

Ma niente ci dimostra che si possa fare a meno del luogo comune. Ancora, per lo meno. Ogni tentativo si è concluso con la sconfitta. Di quelli che hanno provato. Nietzsche. Non ci siamo liberati dalla banalità delle istituzioni. Delle abitudini. Non si riesce a superare il DOPPIO, la rappresentazione la morte l'immagine la copia lo spettacolo per entrare, o uscire davvero. Da un linguaggio (da un mondo) o da una vita data. La tesi di un uomo subpremo. E' tragico pensare qui ed ora al superuomo. Che annulli o inveri o superi o riconquisti altrove il luogo comune che siamo. Per ora l'uomo subpremo è ancora nel luogo comune. Non è uscito portandoci con lui. Il tentare si è concluso con la morte e la follia. Lo scandalo dei buoni, (ma peggio per loro). Oltre tutte le nozioni di sacro e di santo di invalicabile di confini insuperabili e inesprimibili, siamo ancora ben stretti al clichè odioso dell'uomo che possiamo toccare con la mano (basta stenderla, non è vero?), che è appunto il nostro doppio, il doppio di cui noi siamo a nostra volta il doppio, e così all'infinito, un doppio che si ribella, che vive di una vita ambigua, contraffatta, falsa. La vita dei buoni, dei razionali, che spiegano tutto, che tutto traducono nei termini di questo mondo, con una analisi sempre più perfetta, MA sempre più inutile.

'Gli uomini buoni non dicono mai la verità'. E come potrebbero, perduti nella loro bontà? Si ritenga in questo caso e in altri (troppo pochi per ora) il consenso dell'autorità del tutto inutile, superfluo e dannoso, con quello che costa. 'Questo angolo, Eloisa e Abelardo ecc.' sono falsi, ancora troppo poco, passo falso (forse) di fronte, e alconfronto, con la proiezione delle proprie colpe, insoddisfazioni o mali. La natura come valore positivo, ma non in sè, ma in quanto indifferente alle regole dei buoni. Il cui Iinguaggio non porta a non parlare, ma piuttosto a parlare ragionevolmente'. Proiettati tutti su uno schermo (che guardiamo dal basso insieme a tutti gli altri) a fare i mimi, gli istrioni, e i buffoni, senza avere il coraggio di scegliere del tutto lo schermo, o del tutto la platea, né tantomeno di abbandonare lo spettacolo.

'Dunque, signori, con quali armi?' ? Definire e ancora definire con una voce convenzionale ? che non riesce nemmeno ad essere precisa. 'Da lungo tempo ormai ho sentito il Vuoto ma ho rifiutato di buttarmi nel Vuoto, sono stato vile come tutto quel che vedo', Artaud.

Un 'altrove' che è qui, il Vuoto di cui siamo fatti, di cui (qualche volta) siamo alla ricerca, è dentro di noi. Ma il nostro vivere quotidiano è la dimostrazione della forza assoluta (quasi) del luogo comune.

Perché, ogni volta che, come in quel momento, mi sentivo vicinissimo a una fase capitale dell'esistenza, non ci arrivavo come un essere intero? Perché quella terribile sensazione di perdita, di colpo mancato, d'avvenimento abortito?'. E in questo caso il progetto qual'è, sanare la contraddizione?, ma è troppo poco, o troppo, e in ogni caso non si sfugge al luogo comune; il salto nel Vuoto, in quel Vuoto fatto di eternità, che Nietzsche chiama la sua morte, 'conosco la mia sorte...', finora non ci ha separato dal mondo, se non con la morte: 'morti, gli altri non sono separati, girano ancora intorno ai loro cadaveri'. Ma quale sorte più esemplare di Artaud, che ha cominciato col precipitarsi coscientemente nel Vuoto, ha cominciato con l'annullare intenzionalmente se stesso, non potendo annullare il luogo comune che è l'uomo, fuori di sè dal di fuori, col fuori. Guardando direttamente nel cuore del luogo comune. Che siamo tutti. Solo così era possibile attuare una filiazione. Già resa più difficile. Una nascita che la sola follia non avrebbe permesso che a metà. Una filiazione con Nietzsche, 'il distruttore'.

'Non avevo vinto a furia di spirito quella invincibile ostilità organica, dove ero io a non voler più andare avanti, per riportare una collezione d'immagini scadute, da cui l'Epoca, fedele in questo a tutto un sistema, poteva tutt'al più trarre idee per manifesti e modelli da couluriers. Ormai bisognava che quel qualcosa sepolto dietro quella pesante triturazione e che eguaglia l'alba alla notte, quel qualcosa venisse tirato fuori, e servisse, servisse appunto per la mia crocifissione. E a questo sapevo che il mio destino fisico era irrimediabilmente legato. Ero pronto a tutte le bruciature, e aspettavo la primizia della bruciatura, in previsione d'una combustione presto generalizzata'. E che a un certo momento, l'incendio sia divampato nell'unico punto in cui era possibile, consiglia di non intraprendere indagini sterili sull'incendio, o sul perché dell'incendio, il luogo comune ce lo vieta, iniziare l'indagine significa bruciare dello stesso incendio. 'Ne era certo ma non che questo costituisse un male, il tentare di strisciare fuori', per Vedere; come chiedere all'uomo buono di rinunciare alla sua bontà, con la sola forza della dimostrazione. Come scrivere un indirizzo in formula fissa. Tutti gli altri tentativi si sono fermati allo stato larvale. I buoni vi insegnano false cose e sicurezze false; voi siete nati e assicurati nelle menzogne dei buoni. Tutto è mentito e distorto fin nel profondo per opera dei buoni'. (Ecce Homo). Del tutto irriducibile questo pervicace luogo comune in cui siamo nati e assicura. ti, e formati, alla sua storia più profonda, che è il niente, il Vuoto, se non trovando dentro di noi un altro Vuoto, un 'altrove', magari spaventoso, capace di inghiottire o annullare anche la sola immagine di questo mondo; non la volontà deIirante di modificarIo, ma la volontà lucida e terribile di distruggerlo completamente, separandosi, non restando legati, con la forza di attrazione magari del dissenso, e del semplice scontento.

I buoni infatti non sono capaci di creare: essi sono sempre il principio della fine:

E intanto si cercano sempre nuove giustificazioni, per non accettare l'idea di questa fine. Che si risolvono sempre nella stessa sistemazione. Nel solito spettacolo sconcio. Perchè non può permettersi, altrimenti esplode, di accettare tutto, deve respingere tutto quanto non si riesce a spiegare, 'perchè non ha la forza di sostenere il dolore e la morte che sono impliciti in ogni percezione', la violenza reale contenuta in ogni nuova conoscenza.

'Sono stato capito?'. La pretesa di Nietzsche appare stranamente ingenua. Come potevano gli « uomini buoni », capirlo, accettarlo, o anche solo digerirlo, con atteggiamento cristallizzato davanti al suo nome, quando capirlo significava amarlo e odiarlo, ed esserne terrorizzati, e tuttavia essere nell'impossibilità di non tentare, costasse quel che costasse, anche la distruzione di quel corpo, di quell'organismo unico che possediamo; c'era bisogno di qualcuno già segnato, già disposto dalle ferite che aveva fin dall'inizio nella sua carne, ad esserne figlio, uguale in tutto, o almeno nella volontà di distruggere. 'Forse sono nato con un corpo tormentato, truccato come l'immensa montagna; ma un corpo le cui ossessioni servono:'.

E il tentativo, qui ed ora di farli coincidere, di far coincidere la loro vocazione resta fuori, è un'esercitazione sui testi, con il desiderio di non essere qualcosa di ben definito, almeno. Purchè non sia letteratura, semplice unità di misura da accostare, per contare, perchè trovarne la dimensione giusta è impresa disperata, perchè solo leggere significa almeno conoscere i caratteri in cui è scritta, e noi siamo ben lontani. Se apparteniamo (per sempre?) ad una cultura di luoghi comuni, di anime morte.

'E' fatta, sono proprio caduto nel Vuoto, da quando tutto di quel che fa questo mondo ha finito di farmi disperare... Gli altri non sono separati, girano ancora intorno ai loro cadaveri. Dopo esattamente trentatré secoli che il mio Doppio non ha smesso di girare, ora non essendo più, vedo quel che è. Mi sono proprio identificato con questo essere, che ha smesso di esistere e questo essere mi ha rivelato tutto. Lo sapevo ma non potevo dirlo; e se posso incominciare a dirlo è perché ho lasciato la realtà. E' un vero disperato che vi parla e che conosce la felicità d'essere al mondo solo adesso che ha lasciato questo mondo e ne è assolutamente separato'.


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