Utopia
come progetto del futuro / — si deve partire dall’analisi dell’usura
che subisce
il prodotto culturale: esiste una sf era di alta cultura che è
come
il
“serbatoio”
dell’industria culturale e assistiamo al volgarizzamento di tutti o
quasi i
motivi che vengono elaborati in questa sfera più o meno di
èlite
/ prima
o poi questi
prodotti vengono volgarizzati anche se hanno una precisa
intenzionalità
eversiva
e finiscono con l’essere comunque inglobati assorbiti diventano
patrimonio
ad uso
e consumo del midcult — ponendoci in una linea eversiva un primo quesito
si può
formulare in questo modo: esiste la possibilità di una cultura
che
non sia
destinata
ad essere inglobata dall’industria e diventare merce: un quesito
generalissimo
all’interno del quale si possono toccare infiniti problemi e primo
fra tutti
che in questo tipo di struttura razionale (razionalizzabile) dei
rapporti
culturali
(rapporti con la stessa industria — fruitore utente ecc.) sia
inevitabile
questo
fenomeno cioè che prima o poi malgrado la resistenza presentata
da certi
prodotti
(vedi il bidet di Duchamp museificato e riprodotto in serie) insomma si
ha
bisogno
di una ragione nuova /
può
anche sembrare ingenua la domanda se esiste la possibilità di
una
cultura
comunque
refrattaria al volgarizzamento e all’usura — ad ogni modo l’argomento
è
affascinante perché presuppone anche la possibilità di
una
eversione a livello
di intero
sistema culturale (mentale) per restare fermi ai nostri interessi /
l’argomento
è
proprio questo: è possibile questo tipo di cultura e se non lo
è
cerchiamo di dirci perché /
credo che
oggi di fronte al volgarizzamento del surrealismo (sta impregnando la
stessa
cultura di massa — troviamo molte soluzioni banalizzate specialmente
nella
pubblicità
è facile concludere che la matrice è il surrealismo
storico
— ma forse
questo
allargamento può anche significare che da questo possa venire la
possibilità
che si
diceva — tenendo conto che pure ha segnato il limite insuperabile della
struttura
razionale tradizionale / a meno che non si consideri il fenomeno Dada
(l’afasia
dada) come l’espressione limite di un esigenza del genere
lasciare
da parte il problema e basta forse / però arrivare a queste
conclusioni
significa
che si nega anche la sola possibilità di una cultura del genere
/ ci sono
due
associazioni
da fare in proposito — una è quella di Sartre:
i surrealisti
hanno ucciso la propria madre o hanno tentato di farlo e allora siamo
ancora
nella stessa condizione / che c’entra: forse siamo ancora in una
condizione
romantica
/ appunto — e poi la critica di Fortini: il tentativo di voler liberare
l’individuo
e non Ia
classe / e seconda associazione — Ia teoria dell’assoluto di Blanchot:
Sade
è
eversivo perché è I’assoluto — il suo romanzo
crudelissimo
è insuperarabile / forse
le due
associazioni nei surrealisti non vanno separate perché al limite
la loro
esperienza
ci ha portati a capire che l’uomo non può spiegare tutto usando
solo
il sistema
razionale ci sono alcuni lati della realtà che restano oscuri
quindi
interpretata
in questo modo l’esperienza surrealista può darci un avvio /
quel salto
che diceva Calvino nel Menabò a proposito dei due tipi di cultura
quella
razionale quella di Majakovskij e quella viscerale-vissuta (Celine)
cioè
il salto
che esiste fra l’analisi generale (razionale) storico-dialettica e
l’individuo:
era quello
che dicevo in parte io: una cultura storica per qualche sua
insufficienza
di fondo
(come sistema mentale) — e che arriva anche a comprendersi insufficiente
estremizzando
il suo stesso sistema — porta ad un tipo di cultura arida-astratta
(e
perciò
repressiva) di tipo illuministico — a questo punto sorge l’esigenza
(è
qui che s’innesta il problema di una cultura refrattaria) di un sistema
secondo
che non
sia quello razionale — dato che questo nostro sisterna è minato
di continuo
da certi
fatti che potremmo chiamare irorna ecc.
/il concepire
la coscienza dell’uomo come un sisterna di relazioni spiegabili
l’una
rispetto
all’altra è cosa molto diversa dal concepirlo in fondo come
scarto
continuo
fra il piano della sua realtà e il piano surreale — in questo
senso
voglio
dire che
un discorso sull’inconscio oggi viene ad essere per forza di cose un
discorsoprovocatorio
/ voglio dire che la carica provocatoria che può avere oggi un
discorso
come questo
che stiamo facendo (richiamandoci appunto al surrealismo) è
proprio
questa
— nel senso che si pone come contraltare di una dimensione di nuovo
eminentemente
razionalistica (neopositivista) /
ma
considerando
certi fenomeni della neoavanguardia (che resta nella contraddizione
sottolineata
da Calvino come si diceva) e che pure era partita da postulati
estremisti
e invece
ci dà un prodotto organizzato razionalmente — in cui viene
abolito
il fantastico
la sorpresa
— a questo punto ci si deve chiedere se non sia questo sistema di segni
così
come è strutturato globalmente e che loro usano mutandolo appena
di valenza
a non
funzionare
/ perché non si tratta di mutare alcuni schemi (con altri schemi)
all’ interno
di questo sistema ma di contestarlo nella sua totali — e arrivati a
porci
questo
quesito non si tratta più di stabilire se l’inconscio sia
provocatorio
— ma di
chiederci
se a livello ultimo del razionalismo ci sia qualcosa che ci permetta di
andare
oltre: di fondare un sistema secondo /
sembra
che dici: poiché questo prodotto viene progettato programmato
seguendo
certi schemi
razionali che poi sono gli stessi alla base dell’industria culturale
è
chiaro
che verrà comunque inglobato: a questo punto il problema
è
di sapere se
esiste
la possibilità di un progetto diverso / cioè di un modo
diverso
di produzione /
appunto
lui arriva a delle conclusioni che hanno pure un certo rigore — ma credo
che non
si possa dare una risposta / pare che l’unica alternativa sia il
fallimento
il rifiuto
/ appunto / allora considerando come punto di arrivo il fallimento ma di
tutto un
sistema / chiamiamolo vocazione al fallimento / ma che vocazione qui
si tratta
di fare una scelta precisa / anziché chiamarlo fallimento si
potrebbe
chiamarlo
valore puramente negativo di un tipo di esperienza di lavoro / è
per
questo
che stiamo facendo questo discorso
—
perché
avendo fino ad oggi continuato a produrre un certo tipo di scritti
(idee)
— ci
accorgiamo
che non è più possibile — perché queste cose
malgrado
la nostra
diciamo
pure vocazione vengono consumate — e viene distrutto il grado di
provocazione
che dovrebbero avere /
questo
problema va visto in una dimensione più vasta diciamo pure
sociologica
/
ma dobbiamo
guardarlo dal punto di vista dell’operatore — cioè ci interessa
dal
punto di
vista della produzione delle idee più che da quello sociologico
/
credo anche
come operatori — come uno che scrive certe cose — nel momento in
cui le
faccio mi debbo chiedere proprio questo — a livello quanto più
possibile
scientifico
tanto per capirci — cioè cercare di capire quello che faccio io
ha un certo
effetto
e come c’è la possibilità — se c’è — che non lo
abbia
e ne abbia un altro /
quando
per esempio scrivo un romanzo debbo pure chiedermi questo romanzo a
chi va
e come viene fruito /
piuttosto
che formulazioni generali comincia col dire secondo te come viene fruito
perché
si potrebbe cominciare a discutere se ci troviamo di fronte a un
fruitore
oppure
c’è una responsabilizzazione del prodotto (come sosteneva una
volta
lui)
e si deve
tendere ad un utente / va bene ma queste sono formule / appunto
— conviene
compromettersi con affermazioni più recise / è meglio
formulare
la
questione
in un altro modo: che senso ha oggi fare poesia romanzi e altro /
siccome
ci siamo
fermati su questo problema della fruizione vorrei dire questo che
è
impossibile
prevedere tutti i modi o i lati in cui qualsiasi prodotto artistico
verrà
fruito /
va bene
— formuliamolo ancora in un altro modo — cioè che rapporto ha
chi
scrive
con il
suo pubblico — e se esiste un pubblico particolare a cui si indirizza —
e se
esiste
qual è — oppure non esiste o ancora lo rifiuta — cioè
rifiuta
l’idea del
pubblico
e si limita ad elaborare progetti / forse è più
accettabile
questa seconda
idea: lo
scrittore non si pone il problema del pubblico / qui siamo partiti dal
fatto
che tu
comunque te lo devi porre: lo risolvi casomai nel senso di rifiutare e
faredei
progetti
fine a se stessi perché sei di fronte ad un sistema in cui hai
una
possibilità d’azione
marginale /
o ti poni
il problema del pubblico allora o quello dell’industria culturale — si
tratta
di una
precisa intenzionalità — devi sapere questo prodotto tuo dove va
(o almeno
chiedertelo
—perché è inutile allora che discutiamo è eversivo
o non è eversivo /
eversivo
appunto nei confronti di che cosa / e né può essere un’
eversione
puramente
letteraria /
cominciamo
a fare un’analisi della produzione corrente — perché condanniamo
certi
prodotti
della neoavanguardia o certi suoi atteggiamenti — perché
è
fin
troppo
chiaro che malgrado certe analisi sulla funzione del mercato —
dell’usura
dell’opera
ecc. continuano a produrre per l’industria e c’è di più:
alcuni si pongono
anche il
problema di produrre su misura per l’industria — quelle analisi restano
e resta
anche la definizione dell’avanguardia come rifiuto dell’industria —
della
produzione
in serie —
e rifiuto
cosciente degli schemi correnti — ma dobbiamo tornare a riconsiderare
con spirito
critico diverso certe istanze della nostra formazione — in cui entra
anche il
nostro marxismo /
che significa
quindi anche interpretare l’arte come merce — e credi che sia
possibile
sottrarsi alla legge del mercato? — perché semmai l’esperienza
della
avanguardia
dimostra alla fine che non è possibile / a questo punto ritorna
quello
che si diceva prima: cioè che non ci interessava dimostrare che
l’uomo
non è
una relazione semplice ma un superamento continuo di se stesso
— e non
ci interessa essere eversivi rispetto all’ideologia della borghesia
contemporanea
— ma solo il rapporto con questo fondamento marxista della
nostra
formazione / direi anche di più: non si tratta nemmeno di
ideologia
borghese
ma di fondamento razionale del nostro sisterna di vita — cioè
rifiutare
quella
parte dell’uomo che è ragione: la ragione che ci porta a guardare
indifferenti
come unfatto inevitabile anche la guerra ad esempio / dico è
possibile
trovare
nell’ uomo qualcosa di diverso su cui fondare un sistema diverso di
interpretazione
del mondo — chiamiamolo pure ironia fantasia scarto: ecco
questo
fa pensare che sia possibile arrivare a condizioni diverse — con il
superamento
del tipo stesso di uomo che conosciamo / è solo una domanda
che faccio
/ perché poi è su questo che s’innesta la
possibilità
di fondare una
cultura
diversa che si può anche esprimere secondo modi che non
conosciamo
/
tu pensi
che qualsiasi rapporto con l’industria culturale sia un fallimento di
questa
esigenza / certo — l’industria culturale è sottoposta a certe
leggi
ben
precise
di mercato — per ciò inevitabilmente si finisce alla degrazione
del
prodotto
a merce — non esistono sfere di attività privilegiate / ma il
problema
è
anche di produrre cose che sia impossibile affidare all’industria — o
che
sia
pure affidate
all’industri a siano eversive lo stesso / mi rendo conto che fondare
un nuovo
sistema o solo intravvederlo resta un’esigenza mentale e addirittura
di carattere
utopistico però non è detto che l’utopia non sia molto
più
lucida
della stessa
ragione — appunto perché questa esigenza si presenta quando
si è
arrivati in un certo senso al punto estremo del razionalismo ed
è
possibile
un
rovesciamento
/ forse nello stesso senso che anche il marxismo si delinea
come utopia
— che con il comunismo finisce la storia come noi la conosciamo
— e questo
a voler schematizzare /
tu dici
che noi facciamo certe cose e non ci rendiamo conto che nonostante
tutto vengono
assorbite: ci si può chiedere se vale la pena di continuare a
farle
— sembra
che questo punto lo dai comunque per scontato / non dimentichiamo
che viviamo
in una società capitalista: in questa situazione il nostro
marxismo
per quanto
razionale assume un aspetto di utopia rispetto al gruppo alienato
e di progetto
per mutare la realtà: è inutile e anche dannoso illudersi
di poter
applicare
direttamente certe teorie marxiste in questo tipo di società come
uno schema
precostituito (idealista) che spieghi tutto — perché ci veniamo
ad inserire
in un campo completamente diverso sottoposto ad infinite tendenze
ed infinite
relazioni — così il nostro marxismo non può essere
coscienza
della
storia
ma è progetto di storia — è in questa visione che va bene
il gesto di rifiuto/
ma questo
significa per te già ipotizzare un mondo marxista — rifiuti ogni
mezzo
che ci
offre l’industria culturale non potendo aver se non a livello di
progetto
il
marxismo
/ vivendo in questa dicotomia: che ci muoviamo in un campo diverso
pur avendo
coscienza di questa esigenza di superamento — pur restando sottoposti
a relazioni
che non stabiliamo noi — cioè ci sfuggono i mezzi di dominio di
questa
realtà
— allora il nostro lavoro si deve porre come rifiuto totale di queste
regole
che non
ci appartengono — è chiaro che altrimenti non ci sarebbe nessuna
dicotomia /
va bene
— allora mi devi far capire in che cosa è diversa questa
posizione
dal fatto
di rifiutare
la propria madre — cioè come qui è presente la coordinata
marxista se
resta a
livello di progetto e di utopia / cioè una volta accertata la
situazione
colpendo
e rifiutando qualunque cosa dei miei genitori / ma è l’unica
cosa
che
puoi fare:
rifiutare di sottostare a certe regole per quello che è
possibibe
sfuggire
al
condizionamento
— perché non sei tu a stabibirle e non le accetti / poi qui si
tratta
di certe cose che fai tu — cioè se scrivi in un certo modo
è
proprio perché
accetti
quel progetto di futuro / forse c’è un equivoco sulla parola
progetto
/
volevo
intendere utopia come progetto del futuro e in questo senso il marxismo
è
la utopia più lucida che conosciamo — più scientifica
ecco
— che diventa anche
il principio
euristico in quanto scientifico del nostro particolare operare /
benissimo
— allora
da una parte c’è in noi l’utopia di questa società e di
questi
rapporti —
dall’altra
il nostro comportamento è del tutto distaccato da questo
progetto
che
dicevi
perché la nostra azione si svolge in tutt’altro campo /
ma proprio
perché ho presente questo progetto mi muovo in un certo modo
nel campo
in cui vivo — proprio per questo mi pongo il problema di una cultura
refrattaria
a certe leggi di mercato o addirittura al gruppo alienato — oppure mi
proporrei
solo una questione di qualità — se poi il prodotto viene ridotto
a merce
usurato
ecc. non avrebbe nessuna importanza — perché intanto è
l’unica
regola
che conosci
— ti muovi in un modo che non è quello consueto perché
esiste
come
realtà
culturale quest’utopia negativa — che resta negativa perché
siamo
in questo
campo preciso
che non puoi
annullare
con un semplice atto di vobontà / e in fondo tutto il problema
della
storia
in marx
termina con un’utopia: una ragione nuova — quindi non c’è da
meravigliarsi
se esiste
questo scarto fra una realtà condizionata e un progetto del
futuro
— anzi
lo trovi
alla base di molte operazioni artistiche / sono d’accordo che è
alla base
dell’operazione
ma non vedo / dove sta la rivoluzione / ecco — solo che non c’è
rivoluzione:
partire da questo è illusorio — proprio perché non
è
possibile uscire
dal campo
con questi strumenti che hai: ci ritroviamo di fronte alla
neoavanguardia
che è
partita con la volontà di fare la rivoluzione e ha fatto una
rivolta
di palazzo
— adesso
dovrebbe risultare chiaro che è possibile instaurare solo un
momento
negativo
— cioè proprio in quanto il marxismo è un progetto
negativo
— cioè
un’utopia
rispetto alla realtà mondana — noi possiamo instaurare nel
nostro
lavoro
un momento
di totale rifiuto: formulare un’ipotesi “amondana” — perché se ci
illudiamo
di poter utilizzare quest’utopia all’interno di questo campo di
relazioni
che ci
sfuggono significa fare il “socialdemocratico” pronto a piangere sulbe
sorti della
cultura e dell’anima bella — intanto ecco a questo punto zero a cui
siamo
arrivati
si ripresenta la domanda se è possibile delineare una cultura
altra —
forse dobbiamo concludere che non è possibibe /
per esempio
sull’ultimo Marcatrè si può leggere che in fin dei conti
Emilio Villa
è
stato un personaggio molto importante certo — che si è sempre
mosso
al
di fuori
di tutto e ha sempre perso le occasioni più belle — e lo si dice
quasi
come fatto
da ascrivergli a colpa — mentre mi sembra l’unico in Italia che si sia
proposto
in modo preciso questo problema del rifiuto
— come
pazzia addirittura — e se la pazzia è l’unico modo per sfuggire
ben
venga la
pazzia / mi sembra strana questa pretesa di poter teorizzare come
posizione
dell’artista una specie di pazzia programmata — il problema resta:
o tu
veramente
sei pazzo e sei arrivato alla fine della tua ricerca — il problema
è
che non si può riuscire a fare il pazzo — così come
non è possibile una
teorizzazione
della follia /
non a caso
prima dicevo che l’esigenza di un sistema altro resta un
fatto mentale
— cioè questa esigenza basata sulla presenza nell’uomo di
uno scarto
rispetto a se stesso faceva pensare possibile un sistema secondo
di segni
— un diverso rapporto uomo vita — vita letteratura (e altre formule)
— e
tant’è
vero che resta un’esigenza mentale che non riusciamo nemmeno a
formulare
nella sua pienezza — resta l’ipotesi che noi facciamo e che non possiamo
delineare
nemmeno fino in fondo / credo che sia impossibibe anche porla come
ipotesi
/ siamo ancora di fronte al discorso dell’assoluto: o sei pazzo
veramente
albora
sei eversivo — oppure non sei niente: sei la noavanguardia oppure solo
il
Gruppo
‘63 / si resta in una situazione di stasi / secondo me se tu sei
assoluto
sei valido
— oppure non significa più niente tutto il ragionamento / allora
concludiamo
che è possibile avere una cultura refrattaria solo se
raggiungiamo
un grado
di vera follia / ma la pazzia è anche misticismo —
volontà
totalizzante
potremmo
dire senza corrispondenza con le cose — si tratta di vedere se in
questo
misticismo c’è una possibibità per il nostro ragionamento
— per fare un
esempio:
Artaud uno degli assoluti come dici tu si basa sulmistero la fantasia
la amistica
— fatti
mentali completamente eretici — al di fuori di tutti i parametri
culturali
accettati
nella sua epoca e anche delle coordinate marxiste nella misura in cui
afferma
in quel modo violento la sua particolarità — perché va al
di delle capacità
del marxismo
di intendere l’uomo concreto — perché va alla ricerca
dell’essenza
stessa
dell’uomo e cerca di delineare una possibilità umana diversa
scandabosa
rispetto
a quella fino allora conosciuta /
mi sembra
sbagliato — in Artaud non si tratta solo di una possibilità
umana
ma
della
possibilità
di un teatro totale / e non trovi che in questo ci sia anche
un’interpretazione
dell’uomo — perciò parlavo di misticismo e di metafisica: Artaud
è
un Grande Veggente perché non si ferma al teatro — tutta la sua
forza sconvolgente
si esprime
è vero nel teatro ma potrebbe incanalarsi in N
possibilità
di espressione
—
perché
la sua rivoluzione mentale è veramente raggiunta /
quando
prima parlavi di follia o non follia mi pareva di poter arrivare a una
conclusione
provvisoria
di questo discorso — sia pure solo a livello di poetica — pronunciandoci
per una
specie di mimesi della follia: di un certo tipo di follia
comportamentistica
e
linguistica
— però è sempre una conclusione parziale e di natura
letteraria
—
da
considerare
invece anche
un’esigenza
di azione nella realtà molto precisa — di tipo rivoluzionario
ecc.
—
bisogna
vedere se c’è questa possibilità di azione nel momento in
cui faccio
un’operazione
letteraria che tende ad essere programmaticamente mimesi di una
certa follia
/
il discorso
forse si può riformulare così: è possibile
delineare
un rapporto nuovo fra
vita e
letteratura — cosa che la neoavanguardia ad esempio e specie il prof.
Sanguineti
si rifiuta
di fare restando all’interno di una precisa tradizione letteraria —
perché
con
un’esigenza
come quella che dicevi non ci si può rifiutare a questo rapporto
né di
chiarire
l’influsso che hanno l’una sull’altra / scusa lui parlava di mimesi
della
pazzia
— non si
tratta di una operazione del genere — ossia si tratta di una pazzia
reale
effettiva
— una pazzia conquistata e scandalosa che può assorbire anche il
suo problema
di azione
concreta — se si parla di mimesi si fraintende anche Artaud — in lui il
teatro
assolve
una funzione totalizzante — cioè era scrittore poeta mistico
anche
uomo
d’azione
— ma tutto era teatro è teatro con un nuovo attore — al limite
un
uomo
nuovo che
si mostra qual è nel suo profondo — un uomo riscoperto nei suoi
soffi
(souffles)
nei suoi respiri che uccidono / ma questo conferma quello che diceva
prima lui:
non riesco a capire dov’è la differenza /
il problema
è questo Artaud non si poneva il quesito di un’utopia negativa —
nel
senso di
utopia positiva in sé che nega il mondo — ma la sua utopia era
negativa
e negatrice
/
adesso
si potrebbe riprendere il discorso sul pubblico che lui aveva
cominciato
e
che è
stato trascurato: è vero che l’artista cob suo lavoro si muove
nell’ambito
di
un’utopia
gbobale negativa-positiva (oppure negativanegatrice) — ma il pubblico
d’altra
parte riesce a consumare a certe condizioni e ad applaudire anche lo
sberleffo
cioè
lo scandalo non ha più una carica di sorpresa — ed è
questa
povertà qualitativa
della
meraviglia
che produciamo che ci fa dubitare del nostro lavoro /
il pubblico
non ci può servire a questo punto che per dichiararci nemici — e
non
dipende
solo dalla qualità dello sberleffo ma da quel rapporto che sei
riuscito
ad
instaurare
fra vita-teatro e vita betteratura: da questa situazione non può
scaturire
che uno
sberleffo tale che ib pubblico non potrà mai accettare —
cioè
la condizione di /
funambobo
in cui esisti solo nel momento in cui ti muovi sul filo — che significa
una
situazione
di estrema precarietà — al limite delle capacità mentali
— appunto
una pazzia
conquistata — cioè quando ti muovi sul filo come dice Genet sei
scintillante
— hai tutta questa forza ed è l’unica tua vita — allora non
credo
che
possa uscirne
una comprensione ecumenica e quindi l’applauso o la tranquilla
digestione
/
dev’essere
una pazzia talmente razionale da superare i limiti stessi della ragione
e riuscire
spaventosa per il pubblico — perché significa che all’interno
del
prodotto
c’è
una carica tale di eversione da avere bo stesso potere di scandalo della
pazzia
— questo permette forse di resistere all’usura per un certo tempo —
perché
può
essere anche digeribile ma avvelenata / mi sembra che a questo punto
traiamo
delle
conclusioni
simili (sia pure estremizzate) a quelle di Di Marco sulla
illeggibilità
che a suo
tempo lasciava perplesso qualcuno di noi / la mia posizione su questo
punto mi
sembra ancora valida: ogni prodotto illeggibile richiede solo strumenti
nuovi di
lettura — l’unico atto veramente illeggibile resta quelbo di Rimbaud:
dopo
questo
gesto il problema dell’illeggibilità è un problema
apparente
limitato — mi
sembra
molto più importante riuscire a portare la forza scandalosa del
gesto
di Rimbaud
nelle cose che produciamo e mi chiedo se è possibile / questo
significa
che è
leggibile ma refrattario ad essere digerito tanto per chiudere in
qualche
modo
su questo
argomento — come vedi il suo gesto ci scandalizza ancora oggi / vorrei
solo
aggiungere
che non si tratta di un processo che avviene a tappe — questo il
punto che
bisogna sottolineare: o tu sei capace di conquistare la forza scandalosa
della follia
oppure fallisci del tutto /