E'
certo
di qualche utilità, datto che ribalta uno stereotipo vulgato,
cogliere
in flagrante reato
di consapevolezza,
dominio degli strumenti operativi, controllo estremo, insomma, del
proprio
modo di
comporre, un autore che invece tanto volentieri, e con irruenza tanta,
si proclamava
fautore
del dionisiaco, ostile alla lggica, avverso alla ragione, slegato,
affatto
anomalo, con continui, insistiti appelli all'intuizione,
all'ispirazione,
facendo suoi tutti i possibili elogi dell'invasamento
e della
follia ('stultitiae laus', proprio); e che tanto vi insisteva, da
finire
con l'essere, com'era
del resto
prevedibile, e inevitabile, creduto.
Ora, per
certo il Marinetti era effettivamente, ed attivamente, sprezzante dei
limiti
consuetudinari, insofferente dei vincoli, spregiatore delle norme
ricevute,
e trasgressore delle catalogazioni acquisite, quindi violentemente
scatenato,
perturbatore della quiete e irriverente, fiero sostenitore anzitutto,
di
contro alla logica delle constatazioni ed alla ragione dei ricalchi,
dei
diritti della fantasia e dei privilegi dell'invenzione.
Senonché,
ecco che viceversa di una sua non indifferente self-consciousness, e di
un suo assai determinato senso dell'elaborare e costruire, non si
peritava
di dare notizia anche diretta, inequivoca e precisa, e magari subito,
ad
apertura di pagina, tanto per non, sí da non, lasciar sussistere
equivoci. Indirizzando, 1910, Mafarka le futuriste ai «Grands
poètes
incendiaires! 0 mes frères futuristes! », difatti,
precisava
che il suo « roman africain » era « Comme notre
âme
à nous », « polyphonique »; tosto
specificando:
« C'est à la fois un chant lyrique, une
épopée,
un roman d'aventures et un drame ».
Non poteva,
in prima istanza, dir meglio. « Polyphonique », difatti,
chiarisce
la composizione strutturale del testo, rimandando tanto a quel
tematismo
plurimo di tipo wagneriano che molta parte ebbe nelle teorie, e nelle
pratiche,
del simbolismo, quanto alle poetiche instrumentiste del Ghil - e invero
con Mafarka le futuriste davvero intreccia, il Marinetti, alterna,
interseca,
sequenze di narrato proclamato enunciato cantato e gridato, delineando,
tracciando ed articolando, con dosato ricalco, alcuni leit-motifs,
netti,
scanditi con timbro differente ed intensità mutevole; e li
svolge
e dipana su piani segnici diversi, ma lavorando d'interconnessione,
dall’uno
all'altro trascorrendo di continuo, cosí componendo una fitta
rete
e mobile di significanti-significati assai variabili, e variati, mossa
da giunture di derivazione e da snodi a collegare intersezioni e
sovrapposizioni
(senza però, da réthoricien esperto, darlo a parere;
tanto
che ne risulta, alla fine una omogeneità densa e compatta:
quella,
calibrata, dei ben costrutti organismi, o delle ben funzionanti
macchine,
allorché par che il vitale prorompente della naturalità
ed
il metodico inesorabile dell'artificialità facciano tutt'uno,
nella
complessione dell'opera scritta, come suscitatori e trasmettitori dell’
energia - e in questi casi, anticamente, si diceva Letteratura, si
diceva
Poesia; Capolavoro, anche).
Ed è
davvero in concreto, cioè nella sua concretezza testuale, grazie
alla sua effettiva mess'in opera dei codici dichiarati (e
gerarchizzati,
e finalizzati), che Mafarka le futuriste risulta fatto di «chant
lyrique», per la gran copia di materiali emozionali che reca,
fissati
in effusioni ed extroversioni fonoverbali ed iconologiche; svolge
l'«
épopée » di un eroe, in termini di dismisura,
esorbitanza
e frenesia, tracciando un 'percorso' (esplicitamente Mafarka è
proclamato
ulisside, «navigateur entre tous les navigateurs») lungo il
quale si alternano vittorie e sconfitte, esaltazioni e crolli ,trionfi
e disfatte, e che si chiude, e conchiude, epicamente, in morte e
distruzione;
procede, attraverso i colpi di scena, i capovolgimenti di situazione,
gli
scatti e scarti narrativi, le incessanti azioni (scontro, inseguimento,
offesa, vendetta, iato, rivincita), del « roman d'aventures
»;
e inscena un « drame » a contrapposizioni frontali, dalle
quali
vengono le lacerazioni di una perdita e di un distacco, di una
rinuncia,
di una partenza, e di una fondazione ne' domini dell'utopie. Fatto
certo
non nuovo, un mististilismo siffatto, nella biografia intellettuale del
Marinetti, se già La Conquête des Etoiles era un «
poème
épique » con forti implicazioni esoterici rilevanti
complicazioni
narratologiche nell'affabulazione romanzesca, e La Momie sanglante un
«poème
dramatique » fondato sulla premessa di una « légende
créé par l'auteur », tutto tenuto sui congiunti
piani
dell'allucinazione psicotica e dell’evocazione magica di tra presenza
ed
assenza, e Le Roi Bombance una «tragédie satyrique »
che di continuo si spostava dal visionario al concreto e dal lirico
all'ideologico,
rinviando, tramite una serie di metaconnessioni, dal fantastico al
politico.
E in un certo qual modo son parecchi, se non proprio molti, gli
elementi
che, da queste opere provenendo, nel Mafarka confluiscono, per ivi
trasformarsi
e risolversi: la costruzione scritturale di uno spazio simbolico,
eppertanto
onirico; il gusto per il 'racconto nel racconto', ad inserto, incastro,
gesto musivo; la tensione tra emozionale e concettuale; la dimensione
di
una conflittualità radicalizzata e tesa insino
all'esasperazione,
con conseguente dilacerazione e rottura; il furore aggressivo di un
rifiuto
che subito si rovescia in una affermazione, enunciata, oppure gestita,
comunque intenzionata a forzare, in quanto soluzione di «
ottimismo
artificiale», l'irresolvibilità delle contraddizioni;
eppoi
un continuo dislocare i dati dell'esperienza fattuale,
mitograficamente,
verso una dimensione di assoluto (e allora il relativo ed il
condizionato,
l'auto- e l'eterobiografico si convertiranno, e comporranno, in una
totalità
impregiudicata e favolosa).
Con questa
sua prosa che scrive l'eccitato, l'immaginato, il parossistico, lo
stravolto
(« I...] Magamal, les yeux exorbités, poussa un hurlement
de hyène [...] »; « [ ... ] tout à coup les
Vents,
jongleurs aux yeux fous s'élancèrent dans le
tourbillonnement
de leurs chevelures blondes, en grimpant avec l'agilité des
singes
jusqu'au zénith, de rayon en rayon, comme sur des longs gradins
jaunes [ ... ] »; «[ ... ] les pas de la jeune femme
arrachèrent
du sol des notes graves de lyre, comme si elle eût marché
sur la poitrine d'un fou [ ... ] »; «[ ... ] son esprit
bondit
en avant en aboyant [ ... ] »), alternando, ma sempre sugli
stessi
registri dell'iperteso e del tensivo, azioni, riflessioni e
declamazioni
inframezzate da gestualità esasperate e grida molte, Mafarka le
futuriste si costituisce in, e costruisce una, realtà tutta
inventata
a gran furia di analogie e frenesia di metafore, nel cui tessuto
però
si innestano, senza soluzione di continuità, anche sentenze,
spiegazioni,
chiarimenti, chiose, glosse. Facendo convivere, insomma, in tutta
naturalezza
e coerenza, termini di discorso solitamente distinti, e distanti,
componendoli
in un sistema che accosta e lega asserti logici come « Et les
yeux
puissants de Mafarka contemplaient avec envie les coupoles vertes des
mosquées
» a sinestesie come « le cri violet du muezzin ».
Fanno da
cerniera all'articolazione del discorso gli « ainsi que »,
i « comme des », i « tels des », i « qui
ressemblait à », i « fasait songer à »,
per formare similitudini e associazioni, identificare corrispondenze e
relazioni. Eppoi sono le metafore d'ogni modo e grado, dalle formazioni
più semplici sul modello « l'huile noire de la haine
»
e « le vin rauque de la vengeance », alle apposizioni del
tipo
« voiliers, beaux papillons noeturnes »; e si va dagli
oggetti
c/o fenomeni metaforizzati in senso antropomorfo (le vele come «
femmes étiolées », di « chair molle »;
la città il cui « grand corps couché
ȏ
quello di un « lutteur fourbu », con la sua «
musculature
formidable des fortresses » e « l'ossature sursautante des
remparts »), fino agli insiemi elaborati usando termini tanto
astratti
che concreti (il « Bouillonnement écarlate des flots qui
brûlent
de folie et de rage contenue sous les blocs de torpeur qui
l'écrasent
»), oppure astratti solamente (i « triangles d'aigre
ambition
verte »). E si va dalle macrometafore ai campi metaforici. Le
prime
sono solitamente formate dal susseguirsi di immagini che, generandosi
l'un
l'altra per rinvio associativo, si collegano, e ricollegano, per
costituire
una complessa aggregazione significante (il reticolo risultante dai
passaggi
che conducono da « [ ... ] tes prunelles où flambent
toutes
les torches d'un banquet royal! » a « [ ... ] les salles
éblouissantes
de tes yeux [ ... ] », cioè allo spazio nel quale entrare
per « [ ... ] m'asseoir derrière ton front [ ... ]
»);
i campi metaforici risultano invece formati dalla varianza seriale del
semantismo di una icona centrale, metaforico/metaforizzante, come al
capitolo
sesto, morte di Magamal, allorché la luna è scritta-vista
dapprima con « pattes blanches et fourrées », dato
che
si riferisce, viene riferita, per analogia, agli idrofobi «
Chiens
du soleil », ma non appena si converte in « hallucination
»
presenta una esplicita « téte blanche de chien »,
dalla
quale cola una « bave gluante et crayeuse », preavviso c/o
anticipazione della « coulée blanchátre » che
scenderà, da li a poco, dal capitello dove sta inerpicato
Magamal
sfigurato, « monstre » ormai « noirátre
»
che « ressemblait à la fois à un colimaçon
et
à un colossal oiseau nocturne ». Ma l'icona lunare
muterà
radicalmente di valenza, metamorficamente invertendosi nell'astro
sacerdotale
che «avait oint les visages des maisons d'une huile de tristesse
extatique [...] », quando, per cambio di angolazione dcì
discorso,
dovrà rapportarsi all'ambiente che il trangosciato Mafarka
percorre
in spasmodica corsa.
La molteplice
funzionalità ipersemantizzante della metafora, che è poi
il luogo d'incontro e d'unificazione dei codici elaborati e realizzati,
cioè della «lyrique », dell'«
ép<)pée
», del « roman d'aventures » e del « drame
»,
costitusce anche l'asse ideologico di Mafarka le futuriste. Giusta la
poetica
del simbolismo, qui il 'reale referenziale' supposto, anziché
esser
scritto come denotante, si converte, per sostituzione o trasferimento,
in un 'reale pensato', immediatamente esplicitato e scritto come segno
connotante, pertanto promotore, e generatore, di una catena di
signifìcazioni
speculative, non già trasmettitore di ragguagli circa una
fattualità
oggettiva. In tal modo il dato fenomenico, sperimentato e/o
sperimentabile
(il romanzo ha sfondo, e fondo, anche autobiografico; il ritratto di
Mafarka,
« franc visage aux mâchoires carrées »,
«
bouche grande et sensuelle; le nez fin et coupé un peu court, le
regard prenant », è in buona sostanza un autoritratto del
Marinetti giovine; e el-Bahr significando del-Mare, risulta chiaro il
collegamento
diretto tra il nome di Marinetti e quello del suo eroe), viene a
disporre,
sia invenendola che assumendola, di una pluralità di
configurazioni
di senso. Come a dire che il reale 'oggettivo', sensibilmente
percettibile
(fatto accaduto, paesaggio visto, stato psichico provato, ce.), essendo
suscettibile di designazione per mezzo di piú coppie
significante-significato,
si colloca a piú livelli e trae beneficio da piú
dimensioni.
Anziché essere unitario, 'statico ', cioè 'formato da' (e
definibile con un sol termine), è di struttura molteplice e
mobile,
cioè è dinamicamente 'formantesi da' (quindi definibile
con
piú termini). La 'morte di Mafarka/nascita di Gazourmah', per
esempio,
per i rinvii innescati dalla sua imagerie, significa il passaggio del
Marinetti
da poeta simbolista a poeta futurista, intende la fondazione del
movimento
futurista in quanto dottrina, indica e svolge i termini filosofici,
etico-metafisici,
del marinettipensiero, e significa anche talune componenti
dell'immaginario
dello scrivente, e taluni parametri del suo subconscio (simbologia
dell'impeto
di distruzione, del distacco, del ripudio della terrestrità
tramite
volo; con tutte le implicazioni sessuologiche del caso). Lo stesso
significante,
pertanto, rimanda ad una serie di significati appartenenti a campi
differenti.
Ma se nel caso della «naissance de Gazourmah », capitolo
duodecimo,
il significante agisce nell'ambito di una sola situazione, in altre
circostanze,
invece, varia di significato a seconda del variare della situazione.
L'elemento
segnico viene allora ad assumere senso e produrre significazione in
modi
fortemente contestualizzati, nell'atto di scrittura; si realizza
cioè
come projezione (con meccanismo di difesa ambivalente: funzione di
consenso
c/o funzione di divieto), sui materiali percepiti, di contenuti
provenienti
dall'inconscio. Quest'ultimi sono cosí portati a manifestarsi,
rendersi
palesi; e si organizzano a livello sia logico (la scrittura del Mafarka
è affatto regolare, grammaticalizzata al massimo,
scrupolosamente
modellata secondo l'assai razionale e ferma logica della sintassi
francese),
che sur-logico (il modo metaforico). L'immagine marinettiana è
insomma
portatrice di significato e formatrice di significato a seconda del
momento
in cui viene a trovarsi, cioè giusta il suo inserirsi in quel
dato
e non altro punto della catena frastica, in funzione della situazione
narratologica
(quindi della struttura, e della posizione - sia essa pulsionale che
coscienziale
- dello scrivente rispetto alla struttura stessa). Cosí la
/luna/,
in un determinato segmento del narrato, quand'è morfema usato
per
connotare calma, appagamento, freschezza, stato di benessere, « [
... ] brusquement éclata de lait, comme une noix de coco
»;
ma ciè facendo, provoca una tensione sensuale (in dosato accordo
con la duplice serie di connessioni 'latte-->seno come zona erogena'
e,
con spostamento nel campo metonimico, 'latte-->zona
erogena-->donna--->mitologema'):
« [ ... ] le mát de misaine s'efforgait d'enfiler la noix
de ecco lunaire [ ... ] ». Però immediatamente a ridosso,
dovendo funzionare come segnale premonitore dell'agguato dei sicari di
Sabattan, ecco che l'emblematico fresco latte ristoratore si cangia in
materia putrida e nauseosa, « la lune versait entre les dents
blanches
de Mafarka un lait qui avait le goût rance et creux d'une
sépulture!
». In altro segmento del testo, cioè in altro contesto,
dovendo
significare altro, la luna « [ ... ] comme une gazelle, se prit
à
bondir avec mille fólatrerics [ ... ] », e altrove ancora
la si scorgerà « [ ... ] comme un rossignol au plumage
nacré
». Similmente, il vento verrà scritto come (cioè
sarà,
nel sistema marinettiano) « [ ... ] torride et nu, au corps
mélodieux
tout ruisselant de sel marin comme un plongeur [ ... ] » (nel
quadro
di una assai caratteristica e ricorrente fenomenologia marinettiana del
tuffo c/o della caduta); ma i venti saranno anche « fossoyeurs
géants
et aveugles », oppure «jongleurs aux yeux fous », o
verranno
identificati al femminile in quanto « Briscs Narquoiscs ».
Questo tipo
di scrittura consente un duplice modo di discorso. Funziona anzitutto
come
procedura di trasferirnento, diventa icono-verbalizzazione di pulsioni
ignorate oppur rifiutate, di momenti, e movimenti, e sommovimenti, del
profondo; dice la rimozione, per esempio, com'è evidente proprio
al capitolo sesto (ma anche altrove): il campo metaforico luna/cani
immaginato-visto,
a Mafarka anzitutto serve da difesa, per non pensare, quindi per non
ammettere,
quel che piú teme, che non vorrebbe confessarsi, ma che invece
sa
benissimo, e cioè che Magamal, essendo stato morso da un cane
idrofobo,
è destinato a morire. E favorisce al tempo stesso la
realizzazione
scritturale dell'intero status della struttura psichica dello
scrivente:
un discorso retto non tanto dal principio di causalità
('perché',
'affinché') quanto da quello di simiglianza o di identificazione
('come', 'nello stesso modo', 'similmente'), stabilendo con l'oggetto
una
relazione di tipo anaclitico, indica in chiaro le vere motivazioni
dell'autore:
obiettivo prioritario del Mafarka, e del mondo mafarkiano, che
Marinetti
scrive a questo modo, è il possesso dell'oggetto per procedere
oltre;
il suo pertanto sarà un 'piacere aggressivo' connesso al
'superamento
della resistenza dell'oggetto'. Donde il prevalere della 'destrudo'
sulla
(pur presente, ma in tal modo per lo piú combattuta, respinta ed
infine neutralizzata) 'libido', avversata in quanto dispendio
energetico.
L'erotologia mafarkiana, forse non esente anche da una componente
esterna,
dalle suggestioni di un certo alcoranismo, sta siffattamente, di tra
impulsione
e progettualità, in termini di ripulsa e disdegno:
disapprovazione
dello stupro collettivo delle negre prigioniere (al capitolo primo. La
reazione immediata di Mafarka è affatto istintiva, ma tosto si
converte
in ragionata, ancorché gridata in termini moralistici, protesta:
lo stupro viene condannato per il suo costituire una dissipazione di
energia,
oltreché per il suo rappresentare una manovra politica
dell'opposizione);
messa a morte (blasfema, trattandosi di 'danzatrici sacre ') di
Libahbane
e Babilli, dato che « Tout le poison de l'enfer est dans vos
regards,
et la salive sur vos lèvres a des reflets qui tuent [ ... ]
»
(un altro gesto difensivo, dunque, di protezione, di salvaguardia);
furiosa
reificazione schiavistico-fallocratica, sadiano-padronale, delle
fellahine
Habibi e Luba (« On dirait un loup qui écartèle un
agneau, quand il nous embrasse toutes nues! »); infine rifiuto
della
natural funzione generatrice femminile: Gazourmah godrà
dell'immortalità
non solo perché, in quanto insonne, eviterà il degradante
trascorrere del tempo, ma soprattutto perché, in quanto non nato
da donna, sarà « [ ... ] beau et pur de toutes les tares
qui
viennent de la vulve maléficiante et qui prédisposent
à
la décrépitude et à la mort! ».
Ovviamente,
questa ripugnanza, avversione, misoginia, significa un timore della
donna,
che in fondo, nel profondo, è paura dell'incesto (« Ne
fait-pas
le geste de ma mére », grida con orrore Mafarka a
Coìoubbi
che gli offre il seno). Ma il privilegiare la 'destrudo' rispetto alla
'libido', per riassorbire la seconda nella prima, secondo una sorta di
congiunzione Adam-Mirbeau; l'usarla come strumento di
costruzione-creazione
nell'ambito di uno spietato e parossistico moralismo immoralista; lo
scrivere
la pulsione sessuale come continua ambivalenza, oscillazione e
inter-reversibilità
di tra positivo e negativo, di tra attrazione e repulsione, di tra
accettazione
e rifiuto; tutto ciò in Mafarka le futuriste si
organizzerà
anche come comportamentistica, e ideologia, e politica pure. Alle
fanciulle
vergini offertegli come « prix de la victoire », Mafarka
dichiarerà
che « [ ... ] ce que je go~ite le plus en vous c'est le desir de
vous tuer! Que pouvezvous demander à un poignard vivant tel
que je suis?», palesando buona conoscenza, e coscienza, dei
rapporti
intercorrenti tra atto erotico ed atto thanatico, nonché di
quelli
esistenti tra metafora e metonimia (« poignard vivant »
è
sia l'una che l'altra, in questo caso). Ed è sulla medesima
pulsionalità
della 'destrudo' in sé conglobante anche la 'libido', che
Mafarka
costruirà la sua dottrina assolutistica
dell'aggressività,
« [ ... ] rien -i'égale la joie de fendre le coeur de nos
ennemis comme une grenade mûre et d'en savourer les grains un
à
un! Le baiser des femmes est bien fade [ ... ] » (la 'destrudo'
si
fa cosí gesto rituale e magico, antropofagia di tipo
agricolomarziale:
il cuore come frutto), nonché la sua ideologia
schiavistico-imperialista
(« [ ... ] ce ne sont pas des sujets que ie veux, mais des
esclaves»).
Quella
dei rituali magici (danze, scongiuri, sacrifici, ce.) è una
delle
strutture portanti del narrato, in Mafarka le futuriste ' con alcuni
punti
di massima, per esempio al capitolo undecimo, Les Voìliers
cruciflés,
dove il compimento del rito propiziatorio ed esorcistico dell'offerta
delle
vittime all'Uragano, sarà demandato al fuoco, alla ignizione
rettamente
intesa come simbologia sessuale (saranno le fiamme, creando un
'inganno',
a spingere i vascelli, con il loro carico umano, a fracassarsi contro
gli
scogli e le roccie): «L'essence crépitante du désir
éternel se muait en des langues dardées pour
lécher
les sarments, nerfs tordus de délices. La première flamme
se dégrafa brutalement et, jaillissant toute nue de sa robe de
fumée,
se coucha sur un tronc qu'elle couvrit de caresses. Puis elle retomba
sur
son dos, épuisée, tandis que le tronc sursautait sur elle
avec un acharnement d'assassin et de mourant. Une seconde flamme plus
puissante
s'érigea triomphalement, en tenant dans ses bras trois beaux
mâles
feuillus, dont elle épuisait les reins. Et sa volupté
folle,
et sa cruauté sanguinaire, elle les jetait par-dessus sa
tête
en des cris rouges, avec sa chevelure d'étincelles lancée
vers les abîmes, croulant en reflets roses sur la muraille lisse
des falaises, jusqu'aux vagues impatientes de la mer».
Il discorso
metaforico funziona dunque prevalentemente, in Mafarka le futuriste,
per
la elaborazione e costruzione, via mitologema (le fiamme sono
«déesses
rouges »), di un sistema magico. E ben logicamente, va detto,
postoché
è proprio la legge di similarità (cfr. Frazer) a stare
alla
base del pensiero magico, e nulla meglio del principio di simiglianza o
identificazione potrebbe servire a scrivere, com'è nei propositi
del Marinetti, ierofanie e cratofanie, ad elaborare e concertare,
ordire
una serie di interconnesse mitografie.
In questo
sistema magico-mitico ha funzione centrale il culto solare, ed è
noto quanto le ierofanie solari, tipiche della cultura nilotica, si
connettano
(cfr. Eliade), oltreché alla imago paterna, all'ideologia,
quindi
agli interessi, delle caste e classi dominanti. Donde,'per esempio,
anche
il significato dell'organizzazione statuale del regno di Tell-el-Kibir,
rigidamente gerarchizzata in verticale, dominata e guidata da un
elitario
gruppo aristocratico-militare; nonché la disposizione
anticontadina
ed antioperaia di Mafarka, « Quant aux hommes de la campagne,
qu'ils
se nourrissent de fumier... Ils en sont dignes! », mentre gli
operai,
« marée ténébreuse », sono detti
«
hideuse race de lâches et de traîtres » - scatti
invettivali,
questi, che non impediranno poi, anzi, al signore assoluto, e
assolutista,
di porsi come giudice di pace nello scontro tra sottoposti che vede in
urto elementi delle classi subalterne, i « forgerons de Milmillah
» ed i « tisserands de Lagahourso».
Nel discorso
marinettiano in Mafarka le futuriste, il Sole si forma principalmente,
secondo le caratteristiche qualificanti del sistema magico, proprio
come
segno polivalente, quindi dotato di tutta la tipica
multiformità,
e contradditorietà, dei mitologemi: la contradditorietà
nella
quale si realizza, tra l'altro, anche quella coincidenza degli opposti
che Jung definiva « caratteristica di ogni dato psichico in
istato
inconscio ». E' « le sinistre Soleil, dans sa galabieh de
chaux
vive », a 'dirigere' lo stupro delle negre; ma è lo
stesso-ediverso
Sole ad essere anche il benefico massimo agricoltore, l'agente del
culto
della fecondità, « ce bon Solcil agricole » che
«
est bien notre premier labgureur». Deità da invocare con
preci
e richieste, da interrogare come un oracolo, da propiziare e
ringraziare,
questo Sole mafarkiano è soprattutto deità guerriera ed
agricola:
combatte (« Là-haut, averse de flèches vertes,
hérissement
de lances noires, écroulement de blocs incandescents contre la
poitrine
en fusion du Soleil, qui debout et tout nu sur le Zénith se
défendait
encore victorieusement, en faisant tournoyer sur sa tête une
terrible
cimiterre blanc, roue fantastique ») e feconda (« [ ... ]
sous
son énorme turban d'or massif, l'Astre avide était nu de
la tête aux pieds et tout en nage; sa taille immense ruisselait
d'une
sueur soufrée, et sa vaste poitrine de chaleur blanche haletait
sur la terre, tandis qu'il travaillait sans cesse, omniprésent
»);
ed appare, si 'manifesta' e 'rivela' nelle piú diverse guise:
cavalca
una « cavale noire à la crinière incandescente
»,
è una « pesante roue », un « lion bondissant
»,
un «grand pain appetissant et chaud », una «
poéle
», una « rosse efflanquée », un «sorcier
», un « immense idole », un « nageur »,
un
« serpent de braise » oppure, come da mitologia industana,
un « fantastique serpent à sonnettes » - ma
soprattutto
è la « poule colossale de cuivre massif » alla quale
è demandata la funzione di fecondare e covare il cuore di
Mafarka
per farvi nascere l'eroe e semi~dio Gazourmah. La sacralità
solare
si incrocia pertanto con una sacralità del cuore che sta di tra
l'alchemico ed il veteroegizio: con quel cuore « Uovo dei
filosofi
» (e sede le Cielo, secondo Bóhme) che è anche,
nella
dottrina antroporeligiosa dell'antico Egitto, nether imy remet (= Dio
nell'uomo),
sede dell'intelligenza. Sarà appunto « de mon coeur
couvé
par le soleil », dice Mafarka, che « naîtra mon fils
aux ailes mélodieuses! ». La creatio hominis, il dar vita
a Gazourmah si presenta dunque, in Mafarka le futuriste, con movimento
a doppio scatto. Comincia come projezione di un processo inconscio, in
condizione onirica, « Et comme il dormait toujours, il rêva
de s'assoupir dans les blés profonds », un 'sogno nel
sogno'
dunque, per subito divenire tipico 'simbolismo della seconda nascita',
e non già per accedere all'ascesi o alla spiritualità,
come
nei rituali ineffabili ed intrasmissibili dell'esoterismo mistico,
bensí
per realizzare una condizione di ultravivenza, di immortalità,
tramite
una 'identificazione autoplastica esterna', con conseguente decisivo
intervento,
nella fase terminale dell'azione, del Super-lo. Gazourmah sarà
allora,
per Mafarka, dopo lo scontro di odio-amore con Coloubbi «
sinistre
gardeuse d'hyènes », « gardeuse de chacals »
(il
passato adolescenziale seduttore, la « divine jeunesse »
con
le sue pericolose memorie; ma anche imago della Madre, e della Terra),
quel « beau fruit de ma voIonté », al quale
spetterà
l'assai futuristíco compito della distruzione (tra l'altro,
anche
dei miti mafarkiani stessi, ivi compreso quello solare. Per Gazourmah
il
Sole, destituito, degradato, avrà connotazione negativa, «
astre perfide », ed assumerà subordinanza, sarà il
« roi découronné dont j'ai », dice «
détruit
le royaume ».
E' in modi
siffatti che I'' imaginatio' come evocazione attiva (scrittura) di
immagini
interne (psichiche) costruisce l'itinerario mafarkiano che conduce
l'eroe,
simbolisticamente 'en quéte d'Absolu', traverso una serie di
prove
e di rituali (alchemicamente il 'viaggio notturno sul mare', capitolo
Le
voyage nocturne, ha per scopo il ripristino della vita e il superamento
della morte. Analogo carattere riveste la traversata di Les
Hypogées.
E' solo dopoaver compiuto questi due rituali di purificazione, che
Mafarka
potrà pronunciare il suo Discours futuriste), da monarca feudale
assolutista guerriero, segnato da tratti misti ed alterni di ferocia e
generosità, tracotanza e bonarietà, a profeta di una
conclusiva
thanatosofia contraddistinta da segno positivo (« Je glorifie la
Mort violente au bout de la jeunesse, la Mort qui nous cueille quand
nous
sommes digne de ses voluptés divinisantes!... Gare à
celui
qui laisse vieillir son corps et se flétrir son esprit! »)
e Io fa enunciatore e proclamatore del « verbe mystérieux
» di una « religion » (con conseguente rinuncia al
potere.
Sul piano mondano, « La victoire obtenue, ma présence n'a
plus aucune raison d'être! »), e ierofante pure. Via morte
e rinascita in Gazourmah, Mafarka si realizza in una funzione
antropogonica,
promulga la lex futurista, e la mette in pratica, grazie alla volizione
(« Vous devez croire en la puissance absolue et définitive
de la volonté, qu'il faut cultiver, intensifier, en suivant une
discipline cruelle, jusqu'au moment où elle jaillit hors de nos
centres nerveux et s'élance par delà les limites de nos
muscles,
avec une force et une vitesse inconcevables »). Esprimendo in
termini
animistici una concezione di materialismo positivista (Mafarka intende
lo spirito come « manifestation supérieure de la
matière
organisée et vitale »), l'intento è non solo di
«
changer la vie » ma anche di trasformare il mondo: « Notre
volonté doit sortir de nous pour s'emparer de la matière
et la modifier à notre caprice. Nous pouvons ainsi
façonner
tout ce qui nous entoure et rénover sans fin la face du monde
».
Siamo all'autentica fondazione del futurismo in quanto opus che agisce
sulla materia però sottendendo, ed intendendo, una trasmutazione
psichica del soggetto destinata ad agire, a sua volta, sulla materia
stessa,
sulla oggettualità. Come Mafarka, anche Perelà e Sam Dunn
percorreranno itinerari iniziatici, sperimenteranno, saggieranno, per
sovvertirle,
le legislazioni ed istituzioni; Sam Dunn, inoltre, provocherà
con
mezzi psichici, una rivoluzione sociomaterica (nell'assetto sociale ' e
nella materia; non del e della). Poco più tardi, Balla e Depero
diranno della « ricostruzione futurista dell'universo »,
Corra
della necessità di « rinnovare il mondo ». Per i
futuristi
e costruttivisti sovietici, sarà questione di «
ziznostroenie
», costruzione della vita. Per i surrealisti di Francia
sarà
chiaro che « c'est vivre et mourir qui sont des solutions
imaginaires;
l'existence est ailleurs ».
Ci si
aspetterebbe,
a questo punto, e con legittimità alquanta, data anche la
prossimità
del Manifeste, l'elogio della tecnologia, l'ode per la macchina, il
ditirambo
alla produzione, la lauda alla robotica, insomma la lirica e l'epica
della
industrial modernità. Tutte cose che invece, a volerle proprio
trovare,
bisognerà andarle a cercare, oltre che in certo Zola, in
Villiers
de
l'Isle Adam, cioè nel positivismo « enigmatique» e
nei
tecnicismi metafisici e gravi di L'Eve future, oppure, se si preferisce
il versante patafisico, nel meccanicismo sportistico-sessuale del
Surmále
di Jarry, ovverosia in assai edinsoniani Stati Uniti ed in una molto
politecnica
Francia. Marinetti, per contro, in Malarka le futuriste, inventa una
sua
torrida Africa medioevale e precoloniale, e una capitale,
Tell-el-Kibir,
ch'è una sorta di Cartagine musulmana, di feudale
arabo-negritudine,
popolata da eroi seminudi armati di lancia e scimitarra, impegnati in
efferate
sanguinose risse dinastiche, guerre di conquista e rapina, scorrerie di
sopraffazione ed incursioni di sterminio, e riti sacrificali, e
cultualità
magiche; un mondo insomma pretecnologico, nel quale la macchina, quando
esiste, è anzitutto se non esclusivamente arme, fantasiosa si ma
artigianale, manufatta, rozze e goffe catapulte (le « Girafes de
guerre », « monstres bizarres de bois et de fer »),
giavelotti
fitomorfi o zoomorfi (« [ ... ] un javelot long de deux
coudées,
qui avait la forme d'une branche aplatie, dont les fleurs larges
étaient
pétalisées de lames tranchantes, et les bourgeons crochus
comme des becs d'aigle», o un avvelenato «grand javelot en
forme de homard », o altri «javelots en forme de scorpion
»,
oppure « des casse-têtes semblables à des tortues
à
la carapace tranchante »). Talché in questo mondo
'barbarico'
verranno ad essere elementi di spaesamento le tre mitragliatrici ed i
duecento
fucili catturati all’avversario re Brafane-el-Klbir. Sta di fatto che
per
il Marinetti di Mafarka le futuriste l'oggetto ha destinazione non
già
funzionale o utilitaria, ma magicoanimista; è feticcio
più
che utensile. Gazourmah, che non è un automa cibernetico come la
Hadaly di Villiers, e neppure un golem meyrinkiano, diventerà,
per
'trasfusione d'anima', creatura vivente a titolo pieno: la sua
'creazione'
sarà, alchemicamente, « tam ethice quam physice »; e
non sarà costruito secondo tecnologie avanzate, sibbene scolpito
« dans le bo,is d'un jeune chéne », lo si
provvederà
di ali fatte d'una « toile indestructible tissée avec la
fibre
du palmier » poggiata su di un « treillis savant d'acier,
de
bambou et de nerfs d'hyppopotame ». Materiali semplici e primari,
dunque, per una magia; strumenti simbolico-feticistici per una sorta di
'via mitologistica all'anarco-illuminismo'.
Come tutti
i sistemi di magia, anche questo è retto da una sua logica
particolare,
rigorosa ma spinta continuamente al limite, mossa e frenetica,
eccitata,
esaltata, esasperata fino al fantastico, nondimeno coerente,
inflessibile
nel perseguire la tessitura di un disegno, il soddisfacimento di una
«
soif immémoriale de force absolue et
d'immortalité»,
nel lucido furore dello scatenamento di una apocalisse tellurica, nella
tensione spasmodica ma inesorabile rivolta ad un possesso cosmico e ad
una dominanza spaziale (« Le firmament? J'en suis le maitre!
»).
D'altronde, il Marinetti stesso aveva dichiarato, nella Risposta alle
obiezioni,
di avversare non tanto la logica tout cour-t, quando la logica formale,
fondata sul sillogismo, quindi aristotelicotomista (quella dei
suoi
primi maestri gesuiti), in favore di una antilogica intuitiva che, a
ben
vedere, risultava in effetti non già, e non tanto, uno
straripamento
dell'irrazionale, quanto l'instaurazione di una molteplicità di
logiche funzionale alla molteplicità dei livelli del fenomenico
(con singolare convergenza, pertanto, verso i postulati di base delle
formalizzazioni
delle geometrie noncuclidee). Donde, anche, l'estrema
'disponibilità'
dei partiti iconici di Mafarka le futuriste, cioè delle
figurazioni
scritte che ne costituiscono le varie significazioni. In Mafarka le
futuriste
Marinetti, da bravo simbolista, pensa per immagini, manovrando uno
spettro
di soluzioni assai largo, che può trovare il suo analogon in
certa
pittura di tra il nabi ed il fauve, da Ranson a Derain, ma slittamenti
anche verso l'allegorico («Mafarka secoua son rêve, leva la
tête d'un air menaçant et brandit la torche de sa
volonté
plus haut que son cocur pathetique ») e in taluni casi la
(cosí
anticipata) ' pittura degli stati d'animo', ovvero percorrendo lo
spazio
esistente tra l'orfico e l'astratto (che poi Sassu individuerà e
realizzerà nei suoi disegni mafarkiani del 1928). Mentr'oggi
invece,
indizio non ultimo della sua modernità, l'equivalente figurativo
andrebbe cercato nelle inquietanti brutali raffìnatezze e
sgradevoli
dello stile 'Métal Hurlant'.
ES 7 (gennaio-aprile
1978)