Occorrono ossessioni,
fobie, dolori, démoni
per essere scrittura
sostengono gli amici,
come se grazia e gioia
per lieto contrappasso
fossero riservate
solo agli analfabeti.
*
Lunghissimo
e prolissimo quel metro d'ineffabile dubbioso d'indicibile non trova mai
l'a capo.
Breve. Bene. Elimina il superfluo:
l'io e il verso
*
Cut up
su ready-made
nel gioco già ritrito
di replica e smontaggio
in cerca – oh la gran nova!-
di schemi ed algoritmi
come hanno sempre fatto
imam, rabbi e prevosti.
Salta pure le pagine,
servono altre parole.
*
Ordunque, ordendo
lasso lo
squarcio nell’intestino
molle
col baratro di pene
le unghie
rosso fuoco
a
scorticare
un io di
plastica, residuo
la
bambola sgonfiata ,
ordendo
dunque
sangue e
placenta
nel
gorgo di misterico fasullo,
ordunque
nell’ordito
saldo
risale rimasticato bolo
un cinguettio
da gazze
quando non il belato
del
gregge, poverelle.
*
L’intronizzazione (del
corpo parola) e;
la
sacralità
(del fiotto doloroso il tocco) e;
l’umiltà
esibita (a piena voce barocca) e;
il
sacrificio altrui (rimirato in controluce, o l’orfana arte, poverella)
e;
le
serpentine mentali (citazioni tarsie schegge
in
bricolage d’oro e smalto manierista) e;
il
silenzio mistico (invocato, peraltro impraticato) e;
l’ego
espanso( dilatato dilagante dilavato).
Già
visto. Già dato. Sba(di)gliato.
La
vita è un lavare di calzini
inincessante,
bambini dai piedi mai infangati,
oh
fortunati, almeno sulla carta sorridete.
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