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Chi
scrive di Napoli, tende a farsi trascinare spesso
non tanto dalla retorica sempre in agguato, ma da una sorta di
schieramento
affettivo o repulsivo inconscio, che lungi dall' essere duplicato
del reale è
invece riproduzione intima dei sentimenti di amore od odio che lo
scrittore
stesso inconsapevolmente o meno riversa sulla città. Ma
quali sono i
sentimenti reali della gente che vive qui?
Non avevo mai pensato di
scrivere di
Napoli, ma incontrando lo straordinario archivio fotografico di Stefano
Renna
quattro anni or sono, ho avuto come una folgorazione. Quelle foto
parlavano,
raccontavano, commuovevano, più di ogni parola scritta che
avevo mai letto.
Avevano
soltanto bisogno di un piccolo aiuto, di un
medium in più.
Così
ho pensato alla poesia, al racconto, e sono nate
le opere che si basano su quel/' archivio fotografico e di cui
questo libro è
la prima prova sul campo.
Quando
un solo autore interpreta tutto un mondo,
questo diviene per forza di cose un mero riflesso del suo pensiero,
più che
affresco sulla globale e sfaccettata realtà.
Parlare
di Napoli da solo, dunque, mi sembrava cosa
inaccettabile, così, truccando le carte, ho pensato di far
parlare, a tratti in
prima persona, Napoli stessa. Pezzi di Napoli, pezzi della sua
realtà fisica,
pezzi della sua realtà umana. I personaggi di quella Napoli
che se entra nei
romanzi o nei racconti vi accede oggi con una sorta di
"giustificazione
firmata dalla maestra" e senza i necessari connotati che
conferiscono
quell/' autenticità alla letteratura, cosa cui tengo molto e
di cui tra l'altro
tanto si sta discutendo. Non dimentichiamo però che a
Napoli il paradosso è
verità e non aspettiamoci asettiche riproduzioni del reale, ma
come sempre
farsa, tragedia, umorismo e miseria, mescolate insieme in un vero
pastiche dal
quale questa volta sarà difficile uscire, ma che nell'insieme io
credo
comunichi un sentimento globale di cosa è Napoli oggi in modo
esaustivo ma
breve, ampio ma circoscritto, immediato, intuitivo, fotografico.
A questo
copione, fatto di elementi ben noti nel
nostro teatro e nella nostra
letteratura, ho cercato di aggiungere un solo
necessario elemento, un sentimento intimo che si è più
pudichi nel manifestare
che il suo naturale opposto, in quanto di tale cancrena dell'animo
non c'è da
vantarsi.
L'odio
per quello che è stato, potrebbe, e non sarà è
il fattore in più che
lo
scrittore offre, ma solo perché questo è rimbalzato
nel suo petto attraverso la disperazione, l'umorismo e la
rassegnazione dei
suoi personaggi. Ma come sempre dove c'è odio, c'è
anche altro.
Va bene,
basta così, comunque sia la valutazione è
vostra e non mia, quindi sospendo questo gioco delle tre carte.
Facciamo
parlare.
Sentiamo
cosa ci raccontano delle loro vite il camorrista che uccide per 1000
euro, e la madre con il figlio criminale morto ammazzato e ora
steso sotto un lenzuolo in mezzo alla strada, ma anche quello che
pensa e dice il venditore di lupini che vende i suoi semi nella vie
bene della città, emblema di un sentire del popolo nei confronti
dei "signuri". sentire che mai si è estinto e mai si
estinguerà se le condizioni restano immutate. Ascoltiamo pure il
disoccupato organizzato e l'occupato disorganizzato, figure che ormai
fanno parte del presepe di questa città. Diamo nuova vita
all'ucciso per accidente durante un'esecuzione, sentiamo a quali
esperienze possono essere esposte ragazzine e ragazzini di questa
città e il modo in cui le vivono.
Facciamo
dunque scomparire l'autore nella più profonda oscurità
possibile, per ascoltare solo i rumori intestini della città,
alcune delle sue voci e osserviamo insieme se l'esperimento riesce.
Diamo quindi linguaggi adeguati a ognuno per quanto possibile e
attendiamo l'effetto.
Soprattutto
poi, nel leggere, osserviamo. Guardiamo
le sfaccettature incredibili di queste foto, i paradossi allucinanti
che ci
insegnano. Sono foto illuminanti, foto che basterebbero da sole, ma cui
uno
strumento in più era necessario, a mio parere, per ottenere una
completezza totale.
Cos'
facendo, il dipinto è finito in pochi rapidi tocchi.
Concentriamoci
allora, diveniamo noi, per una volta,
attoniti e immobili scrutatori e impariamo a osservare e
ascoltare. Vedrete
che è all'impatto con il reale dei sentimenti, e non a
quello con la cronaca
nera che la Napoli delle fantasie, letterarie e non, si sgretola.
E
così i personaggi di questi racconti che, ricordiamo
lo, sono altrettante persone reali nelle splendide fotografie di
Renna, e
hanno direttamente ispirato questi racconti, ci hanno prestato la
loro apparenza
perché noi potessimo dare voce al non detto.
Si
esprimono con una lingua tutta loro, ibrida e
volgare in alcuni casi, affettata e desueta in altri, lirica e
seria dove era
possibile. Questa è però la lingua reale con cui ci si
trova spesso a confrontarsi
vivendo la città, ascoltandone i lamenti appena oltre i rari
recinti borghesi
di ipotetica protezione della specie, che comunque, inutilmente,
cercano di
proteggerla da se stessa, ignari di condividerne in pieno le
sorti, e la cui
decadenza è forse ancora più drammatica e oscena,
non essendovi nemmeno la
miseria o l'ignoranza come comprensibili attenuanti.
Sapremo
allora che le mille rinascite della città, se
questo è ciò che abbiamo oggi, sono altrettanti
aborti, beffe politiche e
speculazioni di immagine. La verità è quella che
vedete in queste foto e le
sfumature della mentalità contrastata tra bene e male dei
napoletani la
leggerete nei racconti, ed è se non tutto, molto. Noi
dobbiamo cambiare,
crescere, è giusto, ma abbiamo bisogno di tutto.
Vale la
pena di smetterla quindi di mischiare le
carte, e senza dare ragione al lombardo Bocca che se pur
incisivamente ha
raccontato solo la retorica dell'ovvio, senza sconfessare le
"rivelazioni" di Gomorra, che nel suo tuffo tra fiction, realtà
e
atti giudiziari ha comunque avuto i suoi meriti nell' accendere i
riflettori,
cerchiamo di capire che Napoli è ancora e soprattutto la
sua gente e lasciamo
quindi parlare il silenzio, quello delle vittime e quello dei
carnefici, la
città, tutti noi. Perché un pezzettino del nostro
mondo c'è in ognuno di
questi tragici personaggi. Loro ci racconteranno davvero qualcosa di
particolare.
Ad
esempio quella semplice verità che nessuno osa dire
fino in fondo e cioè che Napoli oggi è una città
morta, e che parlarci addosso
non le restituirà la sua vita di un tempo, anzi, solo
riconoscendo che il
cadavere puzza, possiamo deciderci finalmente a dargli sepoltura. Ma
dove è
nascosto il corpo marcio se non nelle pieghe di una
mentalità arcaica e nel
pozzo senza fondo dell'ignoranza in cui ci affossano da sempre e in cui
scegliemmo di rimanere in tempi molto lontani? Troviamolo allora!
Tumuliamolo
per sempre, e che possa avere pace.
da Il prezzo del sangue di Marco
Salvia
Fotografie
di Stefano Renna
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