E
cosa
rimarrà domani di tante telefonate nel cuore della notte
spese a
parlare di poesia e del bambino che non dorme bene in primavera,
a ricordare
le cose che ci siamo detti quando ancora non osavamo
confessarci
di provare terremoti nel cuore e alluvioni da sradicare i tetti
delle case
perbene, quando mi hai detto esitando mi piace la tua voce
e parlare
con te è come ascoltare un violoncello di Bach perduto nel vuoto
dell'universo,
in cui continuiamo a volteggiare
libellule senza nido e senza
meta
e cosa rimarrà
domani di tante carezze strappate al delirio del mondo che trotta
e trotta,
senza curarsi di dolori del pericardio e crisi matrimoniali,
cosa
rimarrà
di noi, che sappiamo di non essere vivi un attimo
che tra le braccia
l'uno
dell'altra
e
domani torneremo alla maniacale cura dei nostri inferni in offerta
speciale,
cosa
rimarrà
di tanti messaggi scambiati nella pausa tra una lezione e l'altra
come se
soltanto nelle voragini di vita si potesse dire semplicemente ti amo
e mi manchi
terribilmente, e non si sapesse
che i poeti amano le galassiee le iridi azzurre
più
dei supermercati e delle passeggiate domenicali al centro
e cosa sarà
di tante serate spese a ubriacarmi del tuo sorriso di angelo triste
e fuori
moda, a leggere enigmi nelle pieghe del tuo volto di donna-canguro
che avresti
potuto comparire in un quadro di Basquiat tanto sei bella
e brilli
come una luna desolata nel cielo dei senzatetto e dei senza-patria,
come se
non sapessi che dolori mestruali e crisi d'asma non bastano mai,
in questi
casi, a rinsaldare i conti e che ancora pensi a me con la smania
di una
sedicenne di fronte a un cielo stellato
o a un jeans da sbottonare
la prima volta
adesso sento
che se domani ti cercassi all'uscita del lavoro
e col sorriso
dell'impiccato dei tarocchi
ti chiedessi
vuoi venire a vivere con me stasera
e poi ti
spogliassi con tenerezza per non bruciarmi le dita
come i
bambini quando toccano il fuoco
o ti sussurrassi
voglio perdermi dentro di te
come gli
angeli che prendono autobus senza meta
nel cuore
della notte in una città qualsiasi,
mi prenderesti
per mano senza balbettare una risposta
e, toccando
il cielo o il buco nero della vita
con un
dito, daresti via tutto quello che hai quello che sei
come un
serpente a sonagli cambieresti pelle e sguardo
daresti
via la tua aria da donna matura per essere semplicemente viva
per essere
tutta qui tra le mie palme faccia e lingua e seno
per mordermi
di una felicità strappata al domani che non verrà
più.