1. Senza titolo
2. Nana blu
3. Inediti
4. Congedo
1. Senza titolo
Ogni cosa è intravista un luogo
smarrito periferie dove il buio
intorbida forme senza noi, fianco che
cresce foreste
nell’acqua, rami in apnea
nel gorgo d’opachi lampioni.
Io vado con lo sgomento di
chi sa il grido verticale della
pietra. Dov’è l’assenso del
paesaggio? Colline morbide
pratoline al sole il sonno dei
conigli del bimbo
che si volta sul
fianco l’erba
bagnata.
Qualcuno pescò
stelle
ustionandosi le mani.
Uno sbrego azzurrissimo il cielo
Oh azzurro mare
immenso azul redondo che sfiora i
morti e trasale.
2.
Nana blu
Plenilunio e nessuna pazienza nelle cose.
S’incurvano sotto il peso dei quadri i chiodi e i libri
portano le storie nelle strade, una tazza
lancia il suo vuoto dalla finestra.
Si scuote borbottando la macchina del caffè,
i bicchieri tintinnano versando a terra
una luce lattescente. Come nubi le tende
volano nella sera del cielo tra uno sgomento
d’alberi; così le mani, radici nell’aria.
Non lasciano né impronte né ombre gli oggetti.
E come si sottraggono se avvicini la mano!
Si assentano. Vanno via.
Potrai ancora scrivere qualcosa
senza sfiorare l’orlo di un piatto
un quadro una sedia un libro?
Ma quel che più ti spaventa è il foglio
che scorda le parole e scompare
illuminato dalla luna.
Sotto è silenzio.
3.
Inediti
Dopotutto non occorre dire
tutta questa evidenza della fine, l’ottusità degli oggetti
avrà pure una ragione per sopravvivermi. Dopotutto è
evidente il laccio
tra amore e morte,
non ne faccio una questione lessicale. Così ovvia è pure
la sera che scende, queste parole.
Misuro i gradi della disperazione
appena sotto il mercurio del mare.
*
Oscuramente stanno nella pioggia con le braccia spalancate.
Il gesto è infinito.
Così da un altro secolo
la bambina del quadro attende il sonno sugli occhi aperti
che si compia infine quel poco d’eterno.
*
I cipressi sono sempre nei miei pensieri,
vorrei fare una cosa come i quadri con i girasoli e mi
stupisce che nessuno li abbia ancora fatti come io li vedo
(:……) E il verde è così particolare. Rappresenta la
macchia nera in un paesaggio assolato, ma è una delle note nere
più interessanti, fra le più difficile da
indovinare tra tutte quelle che posso immaginare.
( da una lettera
di Van Gogh al fratello Theo )
Giorno che pare inchiodato il tempo
a un’ora fuori dal tempo,
di monti genuflessi e
luci radenti e lampioni. Poche auto,
radi passanti. Lo sguardo vitreo delle cose.
L’allarme stringe i polsi della luce,
escono dalle cornici i ritratti
vanno per le strade
lasciando i colori soli
e tra un latrare di cani e una persiana
che sbatte senza vento
predicono un oscuro sommovimento d’astri
oltre quest’aria ferma di ringhiere corrose
il tumulto d’un paesaggio incessante,
irrelato e sullo sfondo alti
i neri cipressi di Van Gogh.
4. Congedo
Ora esco dai nomi,
entro nell’indefinitezza delle nuvole
sposto gli alberi e a notte
cammino tra le ortensie. Sto
in un altro tempo
con una tenerezza minuscola
stretta tra le mani, un colibrì
con le ali azzurre.
Imparo la pazienza della terra
la luce morbida dei fiori.
Il disordine rimarrà tra i fogli
per l’oblio e la polvere.
E’ inverno, il freddo cade sui rami
come una scure.
Ricamata di brina
ogni cosa è se stessa e il suo contrario.
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