Eterno
temporale
L’albero
a sera
La
bella favola
Angeli
di pianto
Lacrime
di rosa
Altissima
compieta
Eterno
temporale
Deserta
casa, ai persi desiderî
stele di
sabbia innalzano le dune;
quant'è
diverso quel lontano ieri,
eppure
uguale...Colma le lacune
degli anni
il tempo; forse anche tu c'eri,
o mia
impensata,
tra le voci brune
di pampini
e cicale e i misteri
corali
del meriggio. Oh come immune
mi giunge
il suono dei solari giorni...
Volto del
mio avvenire, va' a giocare
con quel
fanciullo; guarda, t'assomiglia:
occhi grandi,
pensosi e lunghe ciglia,
giocattoli
d'argilla sta a plasmare,
t’ha visto
in sogno, e aspetta che ritorni.
L’albero
a sera
L'albero
floreale a sera appare
riverbero
innovato dell'antica
passione
indomita che a germogliare
di stagione
in stagione s’affatica.
Nascostamente,
quasi, confidare
bei poemi
pare Calliope amica
di fiumane
di fati, e stemperare
le struggenti
sembianze la pudica
vesperale
velata nostalgia
d’accorata
invitante trasparenza;
e circoscrive
quella melodia
la mirata
inesausta evanescenza
di questo
azzurro: e sa il vento se sia
magico
enigma o mistica presenza.
La
bella favola
Sulle merlate
mura strepitando
sta la
cornacchia nell’ora di rosa
e nella
siepe rubra e più spinosa
rare bacche
solerte va beccando.
La dama
sulla cetra sta arpeggiando
solitaria
una giga amorosa;
?cuor di
settembre? accenna la curiosa
contadinella
e balla vendemmiando.
Forse tu
cerchi più leggiadra rima
che dia
riparo al delicato volto
che a inermi
fasti brevi ormai declina;
rossignano
i vigneti su in collina,
ma il verso
non s'estingue, l'ho raccolto
perché
la bella favola s'esprima.
Angeli
di pianto
Sul crepuscolo
d’indaco una tela
stelo di
bruma stella vaporosa;
miliardi
d’anni e ancora la sequela
sfida il
voto del tempio e non riposa.
Forse mi
condurrà l’ultima vela
fino alle
spine della prima rosa
e là,
divelta l’abile cautela,
sarò
sul volto dell’estrema chiosa:
molecole
ancestrali, collabiti
singulti
uguali alla virtù di un quanto,
senza dolore
avventi concepiti?
molecole
diverse, noi, all’incanto
lacrime
trafugate: stalattiti
senza spasimi
o angeli di pianto?
Lacrime
di rosa
Lacrime
t’offro di una rosa stanca
raccolta
sul giardino invalicabile,
visitatore
io dall’ombra bianca
ombra
d’eterno
e sull’eterno labile.
Il
pentagramma
è muto e interminabile
muto il
teorema che il dolore branca,
e lontano
deriva l’ineffabile
poema al
giorno che palesa e affranca.
La rosa
è il prezzo del sorriso illabile
che declina
le pause d’ogni verso
(deserte
crome) in serto musicale;
la luna
intanto lacrima augurale
stellante
sale in cima all’universo
petalo
con petalo intramontabile.
Altissima
compieta
Oggi mi
porgi un nuovo (e il nuovo è fragile)
pretesto
d’una nuova suggestione,
felicemente
vita la tua vagile
estesa
libertà senza estensione.
L’ottavo
canto sopra queste pagine
stende
una porporina d’illusione,
vibrazione
di luce la tua immagine
sorte coeva
della mia passione.
Suggello
questa sera è la tua seta
chiara
di metafisico lucore
e una giara
di monti e un carosello
di fonti
conclamate dell’albore
che inquieta
e orezza oltre questa rara
e altissima
limpida compieta.