1.
in gondoleta o sul bagnasciuga arachidi sgrani
2.
mi ottundo dopo amore, la civiltà si abbassa
3.
tangenti, uccelli da tetti in fila vanno
4.
dalla memoria, dove spunti muta
5.
girando in sala C per te che auscultando
6.
frontale mi sei, sole, sulle facce ti spappoli, io inanello
7.
indovino la mobile casa e la coppa
8.
addiziono perdite, adduco qualche
9.
luna marcita, notte infeconda, ossifica
1.
in gondoleta o sul bagnasciuga arachidi sgrani
in
gondoleta o sul bagnasciuga arachidi sgrani,
adorni
lini con farfalle d'oro o d'argento, sarai
bella
spina, circolo impresso o tombale graffito di cilicio:
i
sogni sono colorati davanti al tuo spazio, in ordine
nuovo,
forse morte è buona serotina, lo spettro
ti
dissipa nel divaricare oltre i cieli, qua natura
è
decrepita e razionale, e uomini là...
2.
mi ottundo dopo amore, la civiltà si abbassa
mi ottundo
dopo amore, la civiltà si abbassa,
finestre
sono opaline, denti luminosi (o è notte)
"perché
dopo il piacere viene il dovere", in bianco
o
a colori sempre sevizio il tuo cuore, in poltrona
visioni
tutte decorate rimescolo, è il fortunale
nella
mia testa di cieco, e sto in cartoline
con
mari di scogli e di vele, ma tu per oblique
crescite
pensando "primo agosto, la luna è bella"
recupero
recessi carnali, per te FERMO IL
PASSO
vibro nelle palme...
3.
tangenti, uccelli da tetti in fila vanno
tangenti,
uccelli da tetti in fila vanno,
fissa
all'albero la pietra nel tonfo fischia,
e
per serpeggianti vizi sul lastrico danzi nuda,
dai
setti veli, al vento ingravidi il ventre
ed
emani vindici fermenti in un certo reame
o
è la tua città, se dismaghi, impalpabile mia
impavida
ostia libertaria, alberi e sequoia
e
templi ritorce il sole rosso sui capelli
o
nella bocca squami, mia tenera tessera,
mercificata
in questo pallore, quanti erettili
passi
annoveri ove vengono gnomi
e
ti svuotano.
4.
dalla memoria, dove spunti muta
dalla memoria,
dove spunti muta
e
felice, non più, nel quadro di sole, salgono agavi, formiche,
ma
sulla tua liscia pelle, '59, è già luglio feroce, e sotto
pini
ti
tocco, inerte, e mi fissi parlandomi dipinta
di
seta bianca e rossa, tra rovine e mnesi, il moto sempre
discorda
piacere e corpo, se il colpo secco graffia la bella
tua
carnagione:
la
ruota riversa gira e gira oltre ogni storia, e bambola sei,
chi
sono, che ti cullo, e ti bacio fredda;
svengo
bruciando carte e libri, e deperito misuro
la
fine nei gridi di pipistrello.
5.
girando in sala C per te che auscultando
girando
in sala C per te che auscultando
antica
istoria da astragali ed armille è la tua mano
il
tuo corpo che mi ledono e mi fingo intessuto
di
miraggi dove è la mummia e la barca, e nella tela
corrono
i morti,
è
il libro illeso, è l'occhio fisso, tu, ancipite
accompagni
il viaggio oltre la sorgente chi sa luce,
e
ignifuga bambina ti fai larva e voli dispari
sugli
azzurri ed io per vetri seguendoti
sopra
cupole e tetti,
obliqua
sta la calida alba e quando acceco
e
misero avanzo qui non è più temporale
cammino
sul mare o discendendo il fiume
sacro
la lieve feluca verso il nulla
dei
mani sprofondati,
se
andare è solo speranza ultimo grado,
e
porto le mani in croce e vitrei gli occhi e
c’intorbida
l'aria muffita del serial progredire
alla
sponda oscura: attendere saprò
chi
non può tornare?
6.
frontale mi sei, sole, sulle facce ti spappoli, io inanello
frontale
mi sei, sole, sulle facce ti spappoli, io inanello
la
rosata sposa: da questa loggia l'aria spaziale mi origina ,
tu
mi schianti accogliendomi tra le tue braccia:
mentre
la sosta dura, la lingua si corrode, formiche vanno
senza
coesione sul selciato, già l'ultima ombra mi copre:
il
moto è muto nè alcun battito di fiore s'ode:
dardo
di pipistrello acceca voluttà e viso, e migrare
in
terra estranea non più sana: cenere, mi smarrisco
tra
chele, qui l'indifferenza è malanno.
7.
indovino la mobile casa e la coppa
indovino
la mobile casa e la coppa
assente
dell'infanzia, come souvenir
stesso
giardino e pergolato e viali, e
ombra
cado in divisioni fonde:
è
cotesto tuo passaggio buco
dove
annuso rose, seni, cagna,
ti
copulo in pergamene, tu batti
labile
l'ala lungo insano gorgo,
e
chi precipiti o chi spunti, io
palpo
demenza vaga, in ansie
mi
serbo, a poca corda resisto:
seguo
dipinta su oscure pareti
la
mia sagoma, o la mia storia
è
soffio carpendo odori marci
8.
addiziono perdite, adduco qualche
addiziono
perdite, adduco qualche
prova,
calcolo probabili tracce poi
congelo
gli occhi di travi in travi:
t’interrogo
ma non dà risposte
un
dio o loto,
le
richieste sono fallite: se cado
nel
fosso senza guardare cieli, io
sono
tolto da qui e penso che lesto
rovino
liquefando nelle lettere
seminali
9.
luna marcita, notte infeconda, ossifica
luna marcita,
notte infeconda, ossifica
l'anima
lasciva; amica pianta, dona la tua ombra;
acqua,
rispecchia la mia fronte. Avvoltolato
sono
scisso e tremo folle in una nenia;
notte
bruta, ricoprimi di grida; Oceano,
addolciscimi
le vertebre, mi acconcio tra foglie
secche,
mi celo in una piuma di nebbia; cielo
pietoso,
offra le stelle e l'ombra
che
strapiomba. S’inerpica il gelo sulla faccia,
abbiamo
nel fiato il nostro fato, entra dalle
tenebre
una mano che porta l'ostia
bianca
del viatico