1.
da Liturgia
delle ore
2.
Teatralità dell'atto
1.
da Liturgia
delle ore
Qui
venite
…Così al viso mio s'affissar quelle
Anime fortunate tutte quante…
(Purgatorio,II, 73-74)
Qui venite
e vi mostrate,
guidate
nel viaggio - altra terra
appare
allo sbarco. Il volto dell'angelo
è
pieno di luce. O territorio di confine,
nel discorso
ritornano i sogni - fecero
grande
il passaggio
e ancora
mi passano veloci intorno. O anime,
non restate
a guardare il nostro sperpero,
la fine
ch'è prossima, il tormentato lume
che si
spegne.
Nell'incantesimo
della città troverete
le mura
rovinate dopo tanto affanno -
la paura
che lenta ci rapisce, il fiato
dell'ultima
condizione.
Questo
patto di vita nel timore difende
i suoi
ori. Dall'alto del verde nel deserto
dei pini
sopravvissuti.
Venite,
anime, nei nostri sogni - come
il canto
della speranza, così avara.
Vi
accorgerete
di un desiderio immenso,
che non
ha pace.
***
Mi scaldi
il viso, perché non vi sia
il vuoto
dentro di me.
La bussola
m'inganna, il tempo è oscuro labirinto.
Dovrò
andare. Semplicemente andare,
se amore
è chiuso in sfere di cristallo.
Il desiderio
scivola sotto il sole,
si frantuma
in un fiume di parole.
Questa
città sorveglia i miei movimenti.
Anche quando
preparato al domani
penso al
punto d'appoggio,
all'aria
da respirare. Dagli alberi
un volo
d'uccelli al mio ritorno.
***
Un desiderio
fa puro il canto -
l'unica
febbre che ci tiene in vita.
Volerai
sull'estate verso il picco
di nuovi
giorni. Il nostro sogno di verità
è
vicino.
S'apre
uno spazio - più forte la voce,
il mattino
è sicuro.
Il mattino
in cui scompare la paura,
e una parola
è ritrovata.
Sei nella
via battuta dal vento
e spezzi
la catena del silenzio - il tuo nome
nel mare
degli eventi.
E il prato
più verde nei tuoi anni migliori.
Nella mia
testa un sogno
a far nascere
la misurazione del tempo.
O altezze,
a cui la sosta è negata,
qui nulla
è possibile
senza la
forza del cuore.
O voci
di poesia, nel mio cammino
diventano
storia anche le mura della casa.
L'infinita
servitù del corpo liberiamo
per un
atteso domani.
Liturgia
delle ore
Per quanto
un lampo di novità
tempo e
tempi nell'incipit
ancora
non capiamo.
Se ci appare
in punta di piedi
l'immagine
del sacro divenire
ora pro
nobis diciamo.
E dunque
col lavoro, con opere
quand'anche
non rimanesse niente.
Le orazioni
invero servono
nel lavoro
quotidiano - dal
primo mattino
alla prima sera
quand'è
il momento di coricarsi.
Un salto
nel buio, a dir poco -
ma come
fuoco potente giungono
i santi
notturni: pregando giungono
a schiera
fino quaggiù sulla terra.
Il fuoco
dell'abbandono improvviso -
i sensi
mi abbandonano -
l'abbraccio
della moltitudine.
Ho chiuso
la porta
in segreto,
in segreto. Vi ascolterò,
miei santi
ritrovati.
Vi ho ritrovati
- liberamente
vi appoggiate
al buio. Ma non sarò
io che
salgo fino a voi?
Non
sarò
io il nuovo accolto?
Miei amici
notturni, io non conosco la strada.
Potrei fermarmi
a mezza strada
e aspettare
da voi un segno.
Ma ho bisogno
per questo di preghiere:
le mie
e le vostre insieme, in coro,
come da
voi felicemente ho imparato.
Ma siamo
ormai vicini e poco importa
chi di
noi si muove -
ascolto
le vostre voci e basta.
Ditemi dove
siete diretti - dove siamo diretti.
Sto
digiunando
da due giorni -
il digiuno
è la mia salvezza.
La lancia
che si spezza - un'anima
all'altezza
della situazione nel lungo
cammino
delle orazioni. Ditemi: dove
siamo
diretti?
Io vengo con voi.
Mi faccio
avanti nella luce forte.
E d'opportune
virtù - ricognizioni.
Una
virtù
che rigenera
questa
modestissima stanza.
Il digiuno
rigenera lo spirito - spirito
che s'innalza
- il tempo della penitenza.
Nella stanza
il dono degli occhi - sì,
vi seguo,
amici che non dimenticate mai
il mio
nome… Come da voi ho imparato.
Digiuno,
digiuno per altri giorni -
niente
cibo. Così la penitenza,
il patto
stabilito. La mia stanza è sicura.
Fino alle
sei ho pregato e non c'è stata
notte
più
viva - né ho patito fame,
né
sete - fino alle sei gli occhi serrati
alla visione
quante strade ho percorso?
Ascoltate:
il pentimento
apre le
porte del cielo.
Non
c'è
penitenza se non
avviene
subito il bene.
Ancora
una prova in principio.
Nella lode
la purezza e quei santi
santificano
semplicemente il mattino.
Nella notte
ho trovato conforto e protezione -
dicevano:
nell'occasione propizia
è
la notte - le preghiere se la mente risponde
senti che
basterebbe poco per morire.
Santi, santi,
i giorni e le notti del mistero -
il Dio
nascosto,
che pure
ha unito terra e cielo.
Così
dal Figlio in terra
come una
volta è stato -
ne ho
beneficio
eterno
che fa
ruota nel cielo.
Toglie la
benda che mi nega
e scopre
il viso. Eccomi pronto.
Intorno
a me ruotano i cieli
della
preghiera
- similmente ai mari
similmente
al deserto di Dio.
Il custode
tiene ferme le mani
sul petto
le mani in pentimento.
Io sono
il custode di me stesso.
Lasciate
entrare e così viene trovato.
In questa
posizione mi ritrovo
dopo alcune
ore - lasciato così
all'occasione
mi muovo nella stanza.
Lauda non
trovo più che m'accompagni -
similmente
si ribella il corpo
di tale
condizione -
nella pausa
il sonno,
nella pausa
il corpo che si rigenera.
Un'ora
di seguito ho dormito.
Un'ora di
seguito ho dormito -
le mani
poi nella stessa posizione
seguono
la mente - il pensiero di Dio.
Tentazione
tentazione non avrai vittoria!
Il corpo
fuggirà la tentazione
e
ospiterà
la gloria del sacrificio.
Gloria
nella rosa di maggio il patto -
glorificata
rosa del Salvatore -
rosa del
mio giardino profumata rosa.
Guardo la
rosa a gloria del Creatore -
né
fame né sete mi opprimono.
Rimare
in lode eccellente, un'ora
così
trascorre - dolcissima ora.
L'apparenza
che scorre non m'inganna -
nel corridoio
la voce dei confratelli.
Pure raccolgo
il bene
quando
mi parlano -
negli
incontri
la forza
ogni giorno
scegliamo
la stella
mattutina
porta del
Dio Creatore
in posizione
d'onore.
Presenza
discreta per me
chiuso
nel mio raccoglimento.
Di là
li sento, di là da me
adesso
- esistere nell'ombra.
Qui eccomi
recluso nel perdono -
invocato
il celeste e puro credo
lascio
più tempo al tempo nel seguire
il
comandamento
- la salita al cielo.
E l'insidioso
percorso ricomincia.
La sommità
del cielo, l'ultima scala
che conduce
a Dio - prova che a dire
non basta,
ma occorre penitenza.
Prova
più
dura prova sopraggiunta
che tutto
il mondo intorno adesso è fermo
Ascolto
il mistero della croce -
il sole
si fa alto all'orizzonte.
Ascolto
per buona novella -
dell'oro
non fu mai vera.
Spogliato
di ricchezze in adorazione,
l'angelo
recita accanto a me.
Antica questione
nella mente:
se la morte
che raccoglie e sfida
può
dirsi dal pensiero vinta.
Morte ch'è
vinta nell'eterno cielo -
così
la notte e il giorno sempre prego.
Ricevo il
dono. E' il Dio di tutti
in risposta
al buio patimento
d'essere
nel corpo recinto.
O corpo
mio, in questo momento
altro non
hai che il desiderio:
pietà
per chi diciamo a terra giace.
Pietà
del corpo - e il mio tremore
è
timore di Dio. Per quella strada
in salita
che porta alla salvezza.
Del Figlio
il corpo
salvezza
eterna.
Pietà
della croce
l'uomo
salvato
l'ultimo
grido
l'uomo
ha gridato.
E noi anche
gridiamo -
è
una testimonianza -
la terra
che abitiamo.
In mano
alla Salvezza che venuta
in terra
non straniera ha misurato
tempo e
tempi dei Comandamenti.
Il muro
insormontabile?
Del corpo
la fine annunciata
nel Corpo
eterno di Cristo.
Mirabile
sequenza del Creato.
Pregare
e avvicinarsi a quella.
Tutto accade
- l'accaduto.
Il sole
batte nella stanza,
proprio
al centro della stanza.
Seguo il
libro di devozioni.
Oh miei
santi nella luce diurna -
l'ombra
dell'ape buona sul soffitto.
L'ape mia
compagna
messaggera
di Dio.
L'ape che
è entrata nell'ora più calda -
dalla
finestra
aperta - ecco il mondo di Dio.
Diciamo
gloria al Regno
e a tutte
le creature
dentro
l'ombra, nel sole
le forme
dei viventi.
E l'ape
adesso è uscita -
l'ape fiero
bagaglio…
mi ha
visitato
la creatura di Dio.
Solo, che
penso?
Lode a Dio
in quest'ora del pomeriggio -
l'alto
ingegno, l'alto grado
di conoscenza
- rapidamente
e quanto
è definito pure a me viene.
Nelle altezze
semplici di carità
e preghiera
- qui nella stanza
i passi
semplici dei confratelli.
Quel coro
i semplici passi a me
vicini
cara compagnia.
Cara la
luce che rischiara il viso.
Il mio
della somiglianza al Creatore.
Santifichiamo
la forma - e specchio
in cui
ci ritroviamo, sapete riconoscere
le forme
tutte di terra e d'acqua.
Sante forme
noi preghiamo in umiltà.
Nella mia
stanza in umiltà io prego.
Sono sante
le ore che sostieni -
Oh Padre!
Oh taciturno delle ore!
Ascolto
ancora i passi dei fratelli
nel corridoio
accanto alla mia stanza.
Poi quando
arriva la sera
non mi
tormenta la fame,
né
il sonno ripara in cella,
nel suo
pensiero prossimo.
Né
soffro la sete. Tutto il giorno
ho tenuto
ferme le mani - le mani
ferme in
preghiera
tutto il
giorno.
2.
Teatralità dell'atto
Wolfgang
Amadeus dice Mario che ascolta Mozart
come dice
lui e non una nota di più nel suo viso scavato
di studente
classico e definitivo nel giudizio. Ma Rosaria
che è
seduta davanti a me accenna un motivo di Carmen Consoli
e la platea
si protende in avanti, ondeggia
e sbanca
per un momento la mia barba incolta.
Che supremo
idillio cercare a braccio il consenso
di tutti
noi, mentre la ragazza del bar si presenta
con una
bottiglia di acqua minerale. Alle nove
di sera
c’è ancora chi pensa che facendo rumore
il cuore
si alzi all’altezza dell’amore in questo
sepolcro
che conserviamo dentro di noi per la prova finale,
i massimi
sistemi di una poesia al limite
della sopravvivenza.
Se scrivo dirò tutto il dicibile,
quello
che mi passa per la testa
se sto
per un po’ da solo nella mia stanza
e faccio
l’alba sui libri. Ecco la verità e
Rosaria
non sembra uscita da un’ora dal
lavoro,
quante scarpe ha contato durante il giorno?
E’ normale
che adesso voglia cantare
e fare
sfida con noi, se non ha un ragazzo che
la porti
al cinema qualche volta. E se ripesco
una frase
di Carlo Levi dal dizionario della mia
memoria
è perché quest’estate ho riletto
«Cristo
si è fermato a Eboli» al mare in Calabria,
davanti
alle guance rosse di Giulia. Non ho sofferto
la solitudine
e un libro parla al suo pubblico.
La poesia
non deve morire: la faccio come dico io,
come i
cantari a mezzo delle piazze nella città
violenta.
A costo di perdere il sublime, il vocativo
ormai ebbro.
Ma non è un’abiura dal verso,
piuttosto
una trafittura ai miei vent’anni perduti.
La passione
che mi bruciava e il mondo piede
rapido
ha innalzato barriere. Rosaria ha smesso
di cantare
e sorride a Mario sguardo tagliente
che non
ha nessuna voglia di parlare. Potrebbe
gridare,
ma non lo fa e so anche perché. Non vede
la sua
ragazza da un mese e non bastano quei tre
minuti
al cellulare se non la vede nera di capelli
e alta
di persona quasi quanto lui e con l’espressione
di intimità.
Io ho imparato a mie spese anni fa,
ma è
anche il suo carattere così riservato. Non
c’è
pericolo che perda un’altra volta la testa, anche se
si gira
a guardare la rossa in minigonna e Rosaria
gli urla
che non avrebbe neanche il coraggio di
chiederle
come si chiama. Vediamo se la notte
stavolta
può essere infinita al tavolino di un bar.
Posso scendere
a patti con un’altra idea di ispirazione
e raccontare
la mia storia alla radio: leggo i libri
degli altri
al fuoco della passione, la teatralità dell’atto
in volo
sulle case senza paracadute. Dico anche che
il fiato
corto è pericoloso, ci manca poco a una nuova
minaccia
dell’incomprensione. Voglio seguire
il mio
istinto e sperare di avere gli amici dalla mia parte.
Non posso
negarmi il piacere della rivoluzione.