1.
altrove
sogniamo
vita mia
che ti
confondi e
mormori
per
passi e
contrappunti
ombre e
disponibilità della pelle
altrove
passa
quieto il tempo
che
fugge e ci
ritrae accanto
senza
più sorprese,
senza più dolore
ragazzi
che corrono
lungo un muro
altrove
ci
svegliamo
sguardo
sottratto
alle paure del giorno
in buche
e
pentimenti
inciampi
e chi lo
sa quante sere
perduti
e spenti
come
comete nelle
scintille siamo
quei
freddi
che attraggono
la
curiosità del
sonno
2.
correvano
rapide le
notti
come
portando un
segreto
negli
abiti neri
nelle
tasche troppo
lunghe
assorbivano
il
colore
come
trovando
qualcosa di attraente
persino
nella morte
o nel
sorridere
mostrando i denti
in un
tetto
spiovente
nelle
smorfie dei
doccioni
al di
là delle
guglie stesse
crollavano
un
attimo prima del
battere delle campane
in
qualcosa di
personale
sottopelle
3.
un altro
venerdì si
affaccia al calendario
ignaro
di tutti
quei sabati
emancipati
e
stanchi che già fioriscono
stilizzati
e
inquieti di là dall'oceano
un altro
venerdì
occhieggia tra le persiane
nel
respiro
regolare e maturo del riposo
quando
appena un
attimo fa il giovedì moriva
nella
stanchezza
dei tuoi occhi
e nella
lucidità
arresa delle parole
così
nevicava a
caso la freddezza dell'inverno
sullo
stupore di un
autunno
ancora
appeso agli
alberi
un altro
venerdì si
scioglie in rivoli di fango
che
dalla chiesa
scivolano lividi
lungo le
venature
fragili del borgo vecchio
giù
fino
all'indifferenza del mare in preghiera
o nella
fluidità
dei corpi nello sceglie le distanze
se
domenica ci
vedrà lontani
4.
privati
della grazia
si resta
fisiologia e bisogno
si resta
soli
a
contemplare la caduta
il tempo
che ci
trascina al fondo
nello
spazio
che
è odore, tatto
su forme
impossibili da fissare
trascendere
o amare
immuni
alla volgarità
privati
della grazia
il mare
resta acqua e movimento
del
vento un mormorio d'attesa
la terra
una frontiera perduta
per una
memoria d'assenza
ché
privati della grazia
si resta
come noi
a
masticare rancore dietro le parole
colmando
di vino
gli
sguardi che schiviamo
5.
cosa importa
quali occhi avrai
se
spalncati ruberanno spazio al giorno
o feriti
dalla forma
feriti
dalla luce gli sguardi registreranno
ogni
impasto della pelle
ogni
abitudine al dolore
cosa
importiamo noi figure strappate
all'indefinito
se arresi
emergeranno
dal fondo i corpi disegnati
o chiusi
sceglieranno
l'assenza
per contratti d'ombra
e attese
cosa
importiamo
quando
anche i viaggi lunghi
le
lunghe marce
si
arrendono ai piedi di una duna
per
un'indecisione, un fremito di voce
o per
ordini celesti i volti guardano alle stelle
e tu mi
scivoli accanto
cosa
importiamo quando scadono le ore
accade
l'orizzonte
e di
spezie odora il vento
se le
case bianche si annuvolano sulle colline
come per
greti scorrendo
rapide
le sillabe in correnti
cosa
importa se ho divorato questa città
e molte
altre ancora
il mondo
e la vita stessa
la mia
queste
labbra
le mani
che toccano
la pelle
che viene toccata
i
pensieri ripugnanti o le nostre di vite
mentre
mi dicevi aspetta
e la
notte attorno era la notte
un
fantasma
buie
stanze dietro le finestre
6.
quando
domani ti sveglierai
e la
polvere scivolerà in riccioli leggeri
sotto il
letto, lungo la finestra
o tra i
libri che ci hanno visto soli
coltivare
i giorni per sillabe e sguardi
gesti
sottili e fragili invadenze
quando
il tuo piede nudo toccherà distratto
la
lucidità del marmo e una scossa sottile
di vuoti
e di peso ti irrigidirà la schiena
o come
lama sulla pelle il tuo viso
troverà
la strada al pianto
senza
più dolore, senza un nuovo incanto
quando
anche la memoria scivolerà via
distante
lungo i bordi in cristalli leggeri
fino al
fondo del bicchiere
e un
solo paio di labbra premeranno sul cuscino
gli
occhi già chiusi, livido il giorno
che si
ostina a non venire
quando
ti renderai conto
ricorderai
di quanto era leggero il cercarti
accanto
una presenza, sempre la stessa
rassicurante
e spenta e le notti
arroventate
al morire delle luci all'alba
sfiorivano
rapide nel sonno
mentre
cercavi un nome da dare alle cose
e
così ti divertiva reinventare il mondo
7.
dimmi
quanto sono giovani
gli
occhi mentre affrotano l'erba
attraversata
dal vento
quanto
fanciullo lo sguardo
si
illumina di quella luce commossa
licenziata
dal giorno
se corri
verso la collina allo sparire
delle
rondini fin sopra le rovine
e
osservi il tempo elencare
ogni
passaggio che ci avvicina all'ombra
dove eravamo ieri
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