VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo




Sans passion il n'y a pas d'art

Calamus
Almanacco di poesia



Alberto Tieri

 
1.

altrove sogniamo vita mia

che ti confondi e mormori
per passi e contrappunti
ombre e disponibilità della pelle
 
altrove passa quieto il tempo
che fugge e ci ritrae accanto
senza più sorprese, senza più dolore
ragazzi che corrono lungo un muro
 
altrove ci svegliamo
sguardo sottratto alle paure del giorno
in buche e pentimenti
inciampi e chi lo sa quante sere
 
perduti e spenti
come comete nelle scintille siamo
quei freddi che  attraggono
la curiosità del sonno
 

2.
correvano rapide le notti
come portando un segreto
negli abiti neri
nelle tasche troppo lunghe
assorbivano il colore
come trovando qualcosa di attraente
persino nella morte
 
o nel sorridere mostrando i denti
in un tetto spiovente
nelle smorfie dei doccioni
al di là delle guglie stesse
crollavano
un attimo prima del battere delle campane
in qualcosa di personale
sottopelle

 
3.
un altro venerdì si affaccia al calendario
ignaro di tutti quei sabati
emancipati e stanchi che già fioriscono
stilizzati e inquieti di là dall'oceano
un altro venerdì occhieggia tra le persiane
nel respiro regolare e maturo del riposo
 
quando appena un attimo fa il giovedì moriva
nella stanchezza dei tuoi occhi
e nella lucidità arresa delle parole
così nevicava a caso la freddezza dell'inverno
sullo stupore di un autunno
ancora appeso agli alberi
 
un altro venerdì si scioglie in rivoli di fango
che dalla chiesa scivolano lividi
lungo le venature fragili del borgo vecchio
giù fino all'indifferenza del mare in preghiera
o nella fluidità dei corpi nello sceglie le distanze
se domenica ci vedrà lontani
 
4.
privati della grazia
si resta fisiologia e bisogno
si resta soli
a contemplare la caduta
il tempo
che ci trascina al fondo
nello spazio
che è odore, tatto
su forme impossibili da fissare
trascendere o amare
immuni alla volgarità
privati della grazia
il mare resta acqua e movimento
del vento un mormorio d'attesa
la terra una frontiera perduta
per una memoria d'assenza
ché privati della grazia
si resta come noi
a masticare rancore dietro le parole
colmando di vino
gli sguardi che schiviamo
 

5.
cosa importa quali occhi avrai

se spalncati ruberanno spazio al giorno 
o feriti dalla forma
feriti dalla luce gli sguardi registreranno
ogni impasto della pelle
ogni abitudine al dolore
 
cosa importiamo noi figure strappate
all'indefinito se arresi
emergeranno dal fondo i corpi disegnati
o chiusi sceglieranno
l'assenza per contratti d'ombra
e attese
 
cosa importiamo
quando anche i viaggi lunghi
le lunghe marce
si arrendono ai piedi di una duna
per un'indecisione, un fremito di voce
o per ordini celesti i volti guardano alle stelle
e tu mi scivoli accanto
 
cosa importiamo quando scadono le ore
accade l'orizzonte
e di spezie odora il vento
se le case bianche si annuvolano sulle colline
come per greti scorrendo
rapide le sillabe in correnti
 
cosa importa se ho divorato questa città
e molte altre ancora
il mondo e la vita stessa
la mia
queste labbra
le mani che toccano
la pelle che viene toccata
i pensieri ripugnanti o le nostre di vite
mentre mi dicevi aspetta
e la notte attorno era la notte
un fantasma
buie stanze dietro le finestre
 
 
6.
quando domani ti sveglierai
e la polvere scivolerà in riccioli leggeri
sotto il letto, lungo la finestra
o tra i libri che ci hanno visto soli
coltivare i giorni per sillabe e sguardi
gesti sottili e fragili invadenze
 
quando il tuo piede nudo toccherà distratto
la lucidità del marmo e una scossa sottile
di vuoti e di peso ti irrigidirà la schiena
o come lama sulla pelle il tuo viso
troverà la strada al pianto
senza più dolore, senza un nuovo incanto
 
quando anche la memoria scivolerà via
distante lungo i bordi in cristalli leggeri
fino al fondo del bicchiere
e un solo paio di labbra premeranno sul cuscino
gli occhi già chiusi, livido il giorno
che si ostina a non venire
 
quando ti renderai conto
 
ricorderai di quanto era leggero il cercarti
accanto una presenza, sempre la stessa
rassicurante e spenta e le notti
arroventate al morire delle luci all'alba
sfiorivano rapide nel sonno
mentre cercavi un nome da dare alle cose
e così ti divertiva reinventare il mondo
 
7.
dimmi quanto sono giovani
gli occhi mentre affrotano l'erba
attraversata dal vento
quanto fanciullo lo sguardo
si illumina di quella luce commossa
licenziata dal giorno
se corri verso la collina allo sparire
delle rondini fin sopra le rovine
e osservi il tempo elencare
ogni passaggio che ci avvicina all'ombra
dove eravamo ieri


Home