1.
Il Dioniso Trasparente
2.
Il pasto
1.
Il Dioniso Trasparente
La birra è rovesciata sul bancone
un velo
appiccicoso
il legno acceso
che beve
esploso
in spillatrici - fiotto di schiuma
dischiusa
sotto
volte
di fumo
i manici
stretti ( boccali ) spugnati
in leggere
traspartenze
di vetro riflesso
è il gioco
risucchiato
in bicchieri
gonfi di particelle
e gas abbagliante
in vortici
di dita
stringendo
sigarette incoscienti
che le
bocche
scia smalto viola
da labbra
incarnate
in penombre fluorescenti
le luci
rosso pallido
nostro intelletto nel
rhum
e donne
- seni zebrati
investite
da lingue blu ( metallo ) che graffiano sui pullover
e
boccate di tenue
lilla
la gente raccolta
intorno al bar
in un eccesso
di whisky e dispersione
che si urla lanciando
brevi segnali
strillati
nelle orecchie il senso
è
solo accennato il suo silenzio
tenera eco assordante
che filtra dal twider
fonde
per tutta la santa notte
dentro
ai vicoli
in locali
nascosti
caos come
città
e torna
che vi faccia o no piacere
dio
sconvolto
prodotto
il carro
ebbro di
Dioniso
planando
le sue
vesti
illibate
stracciate dal catrame
sull’immateriale
intrico di città
curva
incroci (l’intera specie operata)
che sbafa
(rimpinzata) smascherata
una danza
incantata nell’immobile
stagno
– era senza memoria o materia …
l’intero suo corteggio
di satiri arrapati che si vendono
le
unghie
sporche
sudati
sui
marciapiedi
lo sguardo sbandato
lungo golfi di neon
e saliva incrostata all’angolo delle labbra
e quaranta milioni di segnali
al banchetto serale
di noia e corse e canne
in cui
io m’immergo
sbattendo
i piedi
in un bagno
di clacson
cembali
piume-vetrina
colori
lungo mura-cartello (depilazione laser)
su corpi
nudi evanescente obliati
Ma è
un Dioniso ferito
le membra trasparenti
ridotto
incatenato quasi esangue…
<<bisogna ciclicamente dimenticare la propria esistenza>>
questo mi disse il mio essere infante
se sia vero o no…
No, non sogno il sogno del Sileno ?
forse l’immagine non è così vuota
ma questo non ci è detto…
la realtà
ha i tacchi alti… passa per i tavoli
ciglio
aguzzo e sfuggente le due mani
sulla gonna
e mi balla intorno odore
che si
nasconde percepita inebria
(la panca
piena di cappotti e sciarpe)
ma anche uccide
sempre
ridendo
nuda si colora
se la osservi
confonde
mai seguita
invita scippa
invita
mai sognata
forse
inventata
(e io mi chiedo se esista)
ma la inseguo
(incauta)
fedele all’amore
quanto al tradimento
2.
Il pasto
Il corpo si dissolve
è trafitto
le luci
griglia video sparate
dalle icone
i pulsanti
corrono sotto
le dita
tremano
tastati affondano
Un ago arcobaleno
penetra
la pupilla - esplode
ettolitri di
show musica politica
informazioni TV propaganda
e La TV è accesa
e poggia
grassa e laida
con il culo sudato
sdraiato sul
mobiletto
di vetro opaco
sputando al
petto del padre
che mangia
telecomando nero arroventato
disteso sulla
tavola che
emana
organigrammi
di suono sottile
i corpi della Bosnia
spolpati un ronzio
di guerre orientali
la morte un ’ immagine
e la mamma arriva
portando
zuppe di pasta
verde che canta nel piatto
mentre i
piccoli litigano (zanne)
per il programma di nevrastenie
(gli occhi
sbarrati)
sul piatto intorno la tovaglia uniti
assaltata la
famiglia strafatta
l’overdose
Riti immaginari di liceali
iniziati a
penitenze mentali
con la grazia
delle soap opera
l’overdose la
soap opera
è
l’overdose hopp-opera
la
realtà
l’ideale
soap-opera
( di tutti i bambini )
una volta a casa
dopo scuola arrivati
tempo
cinque minuti
e via con la
TV
Ho visto un
volto
devastato
dalla roba
i solchi sulle
guance la stanchezza
del corpo
barcollante inseguendo
le auto per
mille lire di parcheggio
la pelle magra
asciutta sugli zigomi
risucchiata la pupilla spillo
voce strascicata
due parole di droga
la colletta e la droga
mi domando se solo riuscirà
a mantenersi vivo ( io non so ) almeno un altro
anno
né se noi resisteremo
Hanno strappato via le mie
radici
per poi
allontanarci da
quel ciclo continuo che è l’eternità
forse quella
famiglia
che vi ho descritto non esiste affatto
ma permane
comunque il suo fantasma
la sua stessa
permanenza
avvertirsi rinchiusi in
una realtà-parvenza
un universo
di finzioni solide
percepite da tutti
proprio come
finzione
(ed è questa la sua forza )
questa
vita dissolta
non senso in video veri mondi virtuali
in boschi
insapore ricche
allucinazioni che grondano fresche
bocche giallo
merce ma
nei cespugli
divorate da
topi iperreali
ingozzati a notizie le due manine
strette alle
informazioni
che piangono avvinghiate al terreno
nitrendo in
convulsioni
contorte divorate scalze
i denti
affilati del roditore
che strappano brani di carne imbevuti
in teorie
giornalistiche
di risparmio finanze lavatrici
reclame -
grande arma
Oh nostra lauta fruizione
consumata
in
pozzanghere di buio niente
il topo si
lecca tira via
con la lingua
gli ultimi
muscoli staccati
dallo scheletro
si gratta
ingoia lascia
due carcasse ossa bianco fluorescente
sull’erba
bassa e poi fugge
schizzando in radure alogene
la lunga coda
pelosa e
torna nelle fogne