Mi travolge Internet come
un ciclone
Vidi morire sei persone, tutte
Non sanno più, i pali del telegrafo
Ha fatto bene , Gutenberg, a inventare
Un grano antico
Maceria di Provenza
Il dopo
Il calore giusto
Crisi
Il sogno giusto
Alle vittime di Mauthausen
Mi
travolge Internet come un ciclone
Mi travolge
Internet come un ciclone
di voci
aliene. Così in una festa
ben
preparata,
con amici scelti,
irrompono
fameliche le turbe.
Pietà
per i granai con tanto amore
raccolti
lungo gli anni. Cavallette
terribili
si annunciano e divorano
il nostro
tempo sacro.
Vidi
morire sei persone, tutte
Vidi morire
sei persone, tutte
più
o meno ferite nell’anima.
Le medicine
a mucchi, e i professori
che oliavano
ogni minimo ingranaggio.
Il midollo,
il prozac, le anfetamine,
trasfusione
, trapianto, trinitrina.
La grazia
era svanita, la rugiada
che al
sole si ritira da ogni foglia.
L’insieme
era forse riparabile.
Ma se ogni
corpo umano è una Ferrari,
per un’ultima
volta indagine si accerti
se resta
il carburante.
Non
sanno più, i pali del telegrafo
Non sanno
più, i pali del telegrafo,
d’essere
stati alberi.
Non tentano
nemmeno, a primavera,
di emettere
un racimolo.
Grazie a
Internet e fax ormai li abbattono
per la
seconda volta. Sono stati
utili
settant’anni
, più o meno
tanto dura
il destino di un uomo.
Ha
fatto bene, Gutenberg, a inventare
Ha fatto
bene , Gutenberg, a inventare
i caratteri
mobili. Si pigia
un tasto
e già la lettera s’incastra
nella giusta
casella.
E lo scrivano
infine si riposa
dopo tremila
anni. Ma s’inceppa
a volte
il meccanismo, e ci sghignazza
in faccia
quel nonsenso.
Un
grano antico
Ho sangue
etrusco nelle vene, e forse
sangue
di nomadi dagli occhi a mandorla.
una trisnonna
di mia madre un giorno
lasciò
, si dice ,la tribù sposando,
tre volte
maledetta, un vignaiolo
di terre
monferrine.
Dall’altra
parte, aruspici esentati
dai casti
voti. Aprivano il fumante
ventre
delle pernici per estrarne
fasti e
nefasti oroscopi. Volterra
rispondeva
a Grosseto con segreti
triangoli
nel cielo. Nel museo
di Chiusi
dorme un’anfora, mi guardano
le iniziali
confuse del mio nome.
Bel fiume
lungo, fiume interminabile
che
ci trasporta, noi, goccia su goccia.
Sento sopra
le spalle quel tepore
di pianure
d’Illiria e d’alto Lazio.
In me
stormisce
un grano antico, brillano
les neiges
d’antan.
Maceria
di Provenza
Fa’ che
non le somigli
anche se
m’innamora.
L’arco che
abbraccia il niente
nel fitto
delle ortiche,
il cardine
divelto
su un baratro
di spini.
Fu una città,
si dice. Donne ardevano
in stanze
ora abitate da un ciliegio.
In questo
buio fisso della notte
àlacri
andivenivano dei lumi.
Poi l’ultima
delle anime si spense.
Il tempo
pazientò secoli e secoli.
Bastò
l’aria spostata da una rondine.
Ne
sprofondò
anche il nome.
Il
dopo
I
Amarti
è solo intuire la tua distanza.
Scoprire
il lusso che traspare
insostenibile
da una linea nuda.
II
Così
rispondo a grandi lontananze
qui vibrando
con nero su bianco,
così
mi fondo agli eventi che taci,
barche
filanti sull’onda del tuo nome.
Rispondo
a misteriose lontananze
come l’alta
marea che in silenzio
ogni volta
risponde alla luna.
III
Vedrai,
occhio di terra? So che avrò
una
struggente
fame
del colore
dell’aria-
Mano di
terra, sfiorerai
a marzo
una radice che si sveglia?
Giungerà
fin laggiù, del primo merlo
quel CIAO
un po’ confuso
con gli
strilli degli angeli?
Il
calore giusto
Fa lievitare
il verso come il pane
nel forno
al suo calore giusto.Senti
che anche
il verso emette il misterioso
profumo
della cosa riuscita.
Vocali e
consonanti si alleano,
s’incatenano
e fondono. Ne esce
lo spiritello
d’Aladino e danza
su e
giù
per la stanza.
Crisi
La parola
che odio se il ferro non si piega,
se la fucina
interna langue,
la parola
che transita, cadavere
sopra l’acqua
stagnante-
la parola
, la figlia notarile
di cento
dizionari, la farina
vergine
d’acqua e di lievito, lontana
dal farsi
pane.
Il
sogno giusto
Se faccio
un sogno, e poi
me ne nascono
versi,
quei versi
sono il sogno
che sognate
con me.
Attenti
ad incarnarvi
nel giusto.
Nascono
da una
pagina scritta, in fitta schiera,
mostri,
presagi o angeli.
Alle vittime di Mauthausen
Troverò
in paradiso le parole non dette,
capitelli
di colonne rimaste a metà.
Scaglie
di stelle esplose, private di ogni luce,
antiche
fontane secche che ritrovano il canto.
Troverò
in paradiso quel macilento tralcio rosa
che a
Mauthausen
fiorì dietro la baracca quattordici.
Avrà
i suoi occhi ogni cosa capace di durare,
miracolata,
innocente, ostinata e radiosa.
Troverò
in paradiso la tua e la mia pazienza.
Ne faremo
un collage con rendez-vous mancanti ,
e velieri
arenati, e brandelli di scienza,
bandiere
intrise di pianto, ostinate a sventolare.