Testi
Testi
I.
Sul
famaggiore sgretoliamo
dal
pianoforte al primo
patibolo
in camice bianco
Sono
teneri gli occhi
d’acquamarina
ma
non
è meno duro il sentire
come
una lama fredda
il
verdetto
Ci
cattura la notte
nel
preserale
e
andiamo
con
l’indesiderato
al
posto della cometa
II.
Non
c’è vocabolario
per
sillabare questo tempo
né
un fazzoletto di roccia
né
un fiato di sereno
Conforta
solo lo sguardo
al
perimetro del dolore
nell’aria
stanca
di
polvere dei senza tutto
Spersi
anche loro, vedi
per
aver perduto il nome
III.
Ricurve
le spalle
stanche
al peso
disperando
stanno
sull’antiprato
sole
alla burrasca
a
ricordare
gli
anni
IV
Ineguali
suoni
salgono
dal
cortile
del
mondo
e
per te
è
più prigione
questa
quotidiana
stanza
V
Miracolati
lembi di umanità
sfiorano
l’inferno infermi
nel
bianco purgatorio
di
stanze uguali stese
Senza
dio hanno
ombra
di vita
e
in quell’ombra, soli
scavano
per la luce
in
asma respirando
polvere
non speranza
VI
Neanche
le case hanno
la
consueta consuetudine
al
fioco battere delle sguardo
né
le lingue stradali
o
le curve di luce degli alberi
Pare
a me straniero persino
l’intenso
raggio meridiano
piovendo
verticale sul mondo
come
lancia di gelo
VII
Manca
sempre qualcosa
in
questa casa nuova
Manca
qualcosa nell’odore
che
abita le stanze
dentro
i piatti, nel bordo
dei
bicchieri
Nemmeno
un alito c’è
né
un fioco incontro di parole
Solo
il tramestìo di un cielo
senza
frasi
VIII
A
volte sul pendio del giorno
credo
senza esitare di averti
percorsa
da sempre. Sei come
una
casa, un paese, una via
vissuta
perennemente
senza
andar mai via, sei mia
come
quest’abito, come la pelle
come
l’aria che porta sera
IX
Scogliera
come muraglia
schiuma
ancora
sull’infido
orizzonte
mormorando
Vela
come assenza
infilza
al soffio
la
spina presente
martoriando
Oltre
la linea
irrompi
sull’occhio
all’angolo
echeggiando
X
Sono
quel che sono stato
un
filo tra oggi e ieri
Sarò
quel che ero
e
quel che sono
come
una corda tra un nodo
e
l’altro successivo
In
mezzo l’affanno
dell’intessuto