VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Antonio Spagnuolo

   


 

1. Ombre, grovigli o minotauri

Ombre, grovigli o minotauri
le tue mattine,
parlammo della gioventù alla pelle.

A curve di magnolie 
la gente che ci guarda 
punte di carta 
sgrana lune,

va preso a mani nude
il pomeriggio sospeso.

Accomuni un'altra volta 
le ciglia della tregua 
che scarica i segreti.

 
2. Sto parlando in silenzio al tuoi neuroni 

Sto parlando in silenzio al tuoi neuroni 
regalarti somme spuntite 
persino gialla di idee: 

indecisione di sboccio.

Non ha maniglie 
quel passaggio che amavi 
per complicare le cose.

Divorasti il sorriso
per masticare le stelle 
o bacchettare 
assurdità di sale, 
la gomma 
irresolvibile
comincia con figure 
al breve interno delle vene. 

 
3. Tuileries
(Parigi. Giugno '83)
 
Le nostre rabbie hanno il clamore 
del foglio: 
cammini sull'incauta scansione, 
non paga 
la tua paura d'essere giocabile.

Inciampa il richiamo
della lunapiena, 
le Tuileries staccano bersagli, 
scegli la tua spirale 
dalla parte opposta.

Ti colgo tumefatta, 
nascondi arbusti impazienti: 
ritornare ai giardini intatti, 
qualcuno sventola domande 
a piedi nudi.

La mia rinuncia ha la sensazione 
del terremoto.

 
4. Nike
(Parigi. agosto '84)
 
Ritrovo la Nike di Samotracia 
improvvisa, 
tu nascosta al di là dell'obiettivo 
ricomponi le ali.

Ritmi non permettono impazienze, 
inventiamo fontane e cattedrali 
d'una breve estate, 
la scelta delle arcate 
angoli lastricati dalle 
favole.

La Villars di Fontainebleau 
titilla a stimolare giochi 
Gabrielle d'Estree
tappeti intrecciati a colori 
di parrucche, 
il Trono, la Tomba.

Il maresciallo Barthier
rattoppa gesti ventosi.

 
5. Tu pensi al pilone che sconfisse 
 
Tu pensi al pilone che sconfisse
le Termopili, 
lo sbocco dei “Dardanelli”,
“le reni della Grecia” 
nello stile libero della costa 
esmeralda 
in agosto fra le ortiche e cicale 
impazzite
azzittite
stordite 
infastidite 
dagli afidi e pidocchi 
delle vecchie brande.

Fu d'un tratto l'unico lampo 
dell'otturatore 
ogni desiderio acquetato.

 
6. Oscillo fra un lavoro fuorisenso 
 
Oscillo fra un lavoro fuorisenso 
e la casa in rovina,
nell'immenso scavare che circonda 
l’epilogo. 
Recupero soltanto un mio momento 
nel segno restaurato.

Al mio doppio 
ogni finestra innesta vibrazioni. 
Erano incandescenze 
a strapiombo degli anni senza rupe, 
un aroma al pube da sventrare 
nutrendomi finzioni dall'informe 
destino ancora da indagare.

Spuntano le armonie senza licenza 
in contrasti: 
nel mio torace sussurrata appena 
la pietà di fanfare.

 
7. Non occorre ingannarmi 
 
Non occorre ingannarmi 
con sorrisi e falsetti, 
costretta da stoviglie impertinenti 
e doni inargentati di Natale: 
sei ancora il volto che affonda, 
il sole che deforma,
lo sguardo che propone il rifiuto, 
ipotesi, fughe, giardini

Sempre lo stesso 
per un bicchiere di vino, 
amici del pane in chiaroscuro; 
poco sgranando ancora agli anni 
con gesti maltrattati,
e rugosi 
e tremolanti 
al rompersi dei giorni.

Nelle perle ristrette alla cintura 
biancheggiano i nostri frammenti.

 
8. Scattano le armonie nella ricerca   

Scattano le armonie nella ricerca 
dei quinterni. Battuto fuori cilindrata 
nutro finzioni per mozzare il pube 
nel logoro vestibolo.

Con le unghie nel ruolo di balbuzie 
reimpianto gioie:
il mondo a mani giunte 
nell'euforia di insidie.

Arrossano distanze 
e poco importa cancellare eresie: 
intendevo inseguire crittogrammi 
alla parete del nostro rincasare.

Le tue bugie hanno partorito 
le ginocchia del tempo.

 
9. Lascia che il mormorio riporti l'onda 
 
Lascia che il mormorio riporti l'onda 
al tuo ricordo, la consueta cadenza 
dei lamenti, le mutevoli distese di colori, 
i rami asilo al volo già spaurito, 
e ciascuno ricada 
appena tracciato dalle nostre solitudini. 
Dovunque la sera perda luoghi e mani tese 
nell'angolo si appìsola la ventata 
degli ultimi dubbi, un'altra mia metafora 
ferita al lampeggiare dei riflessi: 
il luogo nella stessa rete, 
il senso che si adegua alla tua voce, 
alla consuetudine delle stanze,
alla potenza delle scorie, 
e l'offrirmi in silenzio le tue lacrime. 
Vorresti fuggire mutazìoni inespresse, 
vorresti rispondere senza più la menzogna: ? 
-non è così facile, inatteso, 
l'incanto delle palpebre, finchè diverso 
ti appartenga un cenno d'intesa.- 
Misura il mio ascolto al gioco dei proverbi: 
“egli renderà diritta la tua corsa 
e il tuo cammino sarà nella pace”.

 
10. Sfuma settembre dopo i riti
 
Sfuma settembre dopo i riti 
dalla tua risorsa 
affanni 
di nebbia diafanie 
stretto 
a chiazze di finestre
cintura 
(per adesso) affrancata.

A tu per tu con la lama 
dei bagliori 
sgusci le sclere 
spirale o frantumi:

maschere o globi d'aria 
nel ritocco 
mi pietrifica 
una goccia del tuo sangue.


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