Amsterdam
Autunno
Gioventù
nel Sud
Alberi
a Posillipo
Golfo
di Policastro
Inverno
Invito
Notti
d’inverno
Parigi
Shopping
Amsterdam
So che temi
la trebbia
del dolore
che macera
illusioni,
come
fienagioni d’assenzio.
L’acqua
gialleggia
nei canali
vistosi
che scorrono
a scavare
le asfissie
dell’angoscia
che tengono
ancora,
le nostre
mani intrecciate,
sotto la
peste grigia
di questo
cielo,
che s’ottunde
a Nord,
senza il
brillio
d’una stella,
senza lo
sciupar
d’un tramonto.
Autunno
Sui tetti divelti
d’ocra scura,
i terrazzi,
e in autunno
le case,
ammalano,
di terra
bagnata
e di caverne
infittite di
muschi
e l’aria
s’addensa
di miche e di
fumi.
Insieme
guardiamo nel
cielo
il fosco
teatro
che lento
consuma
le meteore
d’estate
Cade la stessa livrea,
sul tuo viso
lontano,
ammainato,
sul tuo
pallido sogno,
cui
t’abbandoni,
solitaria,
come vergine
impura.
Gioventù nel Sud
Fu solo nel dolore
che ritornai,
alla dolce
allegria,
ai pianti
sospesi
in un alito
di cuore,
di quando
giovane
subivo il
peso,
misericordioso,
dell’avvenire
mio
ch’era
conforto
al mio
perdermi
per
strade
desolate ed
assolate
e il gusto
perbene
della miseria
m’accompagnava
come un cane
allegro
per non
scoprire
l’olezzo
putrescente
delle
disperanti estati
della
città morta
d’assassinii
e di fame;
Mediterranea,
oziosa
nutrice,
percorrevo le
tue strade,
mi lasciavo
abbacinare
dal selciato
rovente
e non vedevo,
e non vedevo
la rovina,
alla fine
della strada.
Alberi a Posillipo
Alberi,
avvitati al
cielo,
s’affiocano
di verde
sui palazzi
gialli,
di rose
liberty.
S’abbruna ,
in mezzo ad
essi,
l’olmo
accartocciato,
a sporgersi
sul mare,
come un esule.
Nel cielo,
muto di
grigio,
lontani
mantici,
nuvole di
mercurio
s’affabulano,
nella loro
lingua
di
vapori.
Strapparmi
a queste
parole,
a questi
miasmi,
come un suono,
tracciato a
caso
fra le stelle.
Golfo di Policastro
Ed io, stravolto,
in faccia,
a questo
arido mare
che
intenerisce
d’increspature
tremanti,
faccio a meno
di tutto:
di questo
spaventoso
sole
d’autunno,
che squarcia
gli anfratti
segreti
dei graniti,
di quest’aria,
di cristallo
solvente,
della
imperiosa collina
che s’affatica
a costruire
geodi
d’alabastro
grigio.
Faccio a meno
della vita
che riduco in
parole,
come fossero
semi,
che lascio
cadere
sul
selciato del porto,
accanto ai
miei passi,
come fossero
inizi
d’altre
parole,
come piante
d’altro
linguaggio,
come atomi
d’un’altra
vita
che ora
potesse
germogliare,
come un’isola
di lava
bruciante,
da questo
mare,
da questo
granito,
da questa
cimante collina.
Inverno
Neve,
molecole
bianche
di memoria,
hanno
ridestato
gli inverni,
ove
s’acciambellava
la mia scuola
quando giochi
e passioni
erano
già dispersi
nel delirio
del giorno.
Rimaneva alla sera
l’aria
invasata,
dalla mesta
giornata,
dal maestro
leggero
che ci
scioglieva
in un gesto,
la gioia
all’uscita.
Muto deserto,
a volte
s’accodava,
alla fine del
giorno,
come un
singhiozzo
come un guado,
quando tornavo
alla scuola,
senz’altro
tremore
che
l’abbandono
del gualcito
quaderno
o della penna
malva,
volto a
ritrovar
le preziose
schegge,
lasciate a
morire
per una notte.
Solo m’avviavo
al viale
nella fosca
assenza
di colore
dell’inverno
inoltrato,
foglie
ingiallite
maldestramente
calciavo
e mi smarrivo
allo svanire
della casa
lontana,
ma mai
m’accorsi
del gelo,
sui
sampietrini intrisi.
A volte una campana
m’assiepava
il cervello
col
suono severo.
A volte il
Luna Park,
misterico
pronao
dell’assenza,
m’accoglieva
nel suo sonno
di luci
A volte,
la pioggia
m’avvolgeva
nella sua
scure
di liquida
ombra.
Rade luci,
affiocate dal
vespro,
limitavano la
strada,
che
s’infittiva,
di rami
striminziti,
dal carico
del gelo.
Come una foglia
scendevo,
giù
per il viale,
ondeggiando,
alle sottili
calure
dell’aria
e perdevo per
strada
altre schegge,
di carne, di
reni
di
fegato, di cuore
che la
pioggia,
pietosamente
m’occultava,
nel suo velo
di madre.
Invito
Stringiti a me,
che è
lieve
il grigio
spolverarsi
dei cieli
su queste case
di Amsterdam,
scacchiere
clorate,
terre
maculate,
disperse,
lungo i
canali,
evanescenti
faglie,
ove dimorano
i riflessi
tremanti
del giorno
e delle
nostre vite.
Stringiti a me,
ci
specchieremo,
come un
ricordo,
che sbiadisce,
al calar
della luce
cinerina.
Notti d’inverno
Questo giorno d’inverno
s’attarda la
sera
a morire,
seminando la
luce,
come grani in
autunno,
aggrappandosi
al cielo,
che
già s’addensa
dei suoi
bistri notturni
d’antimonio.
Come arbusto malato,
mi nutro
di quei germi,
dissipati
nell’aria,
vaccino ai
veleni,
della notte
che attendo.
Parigi
Dicemmo
in questa
stanza,
ricordi a
Parigi?
Dopo dieci
anni
ricordi i
marciapiedi
cristalli
dei nostri
passi,
per la
pioggia,
laghi,
di
frammentarie luci.
Ricordi
le nuvole
arcane,
in primavera
sospese,
lungo una
linea,
a
tendere il filo
alle nostre
parole.
Ricordi le
foto
in uno
specchio?
Ora il fondaco
del cielo
stramazza di
bianco
sopra l’Arc
de Triomphe;
il cielo
ci regala una
tregua.
Dieci lunghi anni,
senza parole,
senza pagine,
immersi,
come attinie,
nel nostro
mare
di silenziosi
“tu”.
Ricordi a Parigi?
Shopping
Bruna,
la giovinetta,
dal
miserevole antro
di detersivi
e vari,
mi sorrise
in un dialetto
di farsa;
una brace
bianca
eternamente
accesa,
truccata a
dovere,
come per
chissà cosa,
nel suo abito
nero,
di povera
eleganza,
mi rivolse lo
sguardo
e
sussurrò
“Desidera?”
Te avrei voluto!
la tua vita
semplice e intatta,
i tuoi ozi
d’innumerevoli giorni,
le tue chiacchiere inutili
e sedermi un poco,
a fianco a te,
a contemplare il mondo