VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Salvatore Ritrovato

   
Pieghe
Una dedica
Zattere
Tufo
Nullus nuncius
Un fiore


Pieghe

Il libro davanti a me, che si confonde 
e si identifica con il luogo 
di svolgimento di una storia
ama le dune la luna le onde
le rive degli alberi in filari,
ama i suoi fogli presuntuosi
splendidamente lasciati ai margini
nel vuoto che non è vuoto
ma un buio eterno e luminoso,
ed ogni verso bruciato da filiale
fede nelle sue parole
e i dubbi del suo oscuro
e vano ardore, anche un plagio
finemente celato.
Ama come una conchiglia
sulla scrivania di una città
la memoria di una lunga
durata e il canto lieve 
soffocato di una gioia
diversa nella vita.
Ama l’amare trattenuto
nella carta quando il tempo 
spinge ogni cosa lentamente 
dall’oblio alla ragione
in un sogno di luce
che nella luce muore.
Dove nulla resta legato 
al suo essere stato
né le dune né la luna né le onde.


Una dedica

All’inverno dedico una stanza
fredda piena di vento e neve,
vi passo quando voglio per un pertugio
frugando nei polmoni il caldo
residuo fiato che svapora,
ansimando mi assottiglio
nel mio maglione, pallido
figlio di una generazione.
Qui, aria finalmente, si respira!
A volte mi ci attardo con un rinfresco.
Qui nell’ombra lascio il cuore
miope, testardo,
l’unico testimone –se gli credete–
di una disperata compassione.


Zattere

Nuvole, un lido, un promontorio
che strapiomba nella conca
azzurra e un foglio acceso ai lembi
dai riverberi del sole.
Fermo da allora, nel cerchio
ostinato di silenzi muore
il vivo acquatico
scirocco che sgomenta il velo
di pietà irreale dei miei pastelli.
Quando sul retro, invece, leggi
sottovoce: «Partono tutti,
tu tienimi stretta».
E chi sa quanto ancora il paesaggio 
resterà confuso e incerto.   

Tufo

Di mattina, per poco
io mi faccio re di questo regno

disabitato e lo percorro
rapidamente senza scorta
vigilando alle sue soglie estranei
segni di altre vite,
amo la luce che scalda i rilievi
inclinati della mansarda
e la luminosità dei suoi riflessi
l’amo quando rimbalza
da questo paesaggio antico
alle secche foglie dei libri
e anche quando bevo
il profumo della sera alla finestra
e la luce mi circonda 
mesta di piazze abbandonate
nell’ombra del soggiorno.


Di mattina, mi rilasso nella vasca
mirando la giogaia boscosa
dei colli più alti,
mi rovescio col dolente arioso
di un motivo western
l’addio di un sogno addosso
e un pensiero fuma
nella tazzina di caffè 
che bevo, nel suo fondo
amaro di destino e desiderio,
sentirmi altrove.


Del giorno, quando torno, avanza poco.
Ravioli, un libro, una telefonata–
riesco solo ad abdicare il malumore
di chi va a letto e non ricorda
niente al suo risveglio.
Dall’aria mi protegge il tetto
e le reti contro cimici e zanzare,
mi affaccio per vedere l’universo
che illustra antiche trame
erranti in un deserto
fatalmente in ritardo sull’uomo
la storia il suo progresso
e io pazientemente lo attraverso
di notte, piano, nel buio
limbo del mio studio.
Di me tutto si tace.


L’acqua torna a scorrere
dal rubinetto, a respirare
come un fiato le voragini
di tufo che sorridono d’estate. 

Nullus nuncius

Chi mi fissa di voi in questa lucida carta?
Che brusio è scomparso dallo schermo
muto di questa kodak? 
Trent’anni e una parola per tenere
quelle pupille, filmarne il verso
giusto che esse seguirono in un frangente,
il loro consenso fulmineo,
l’attimo di meraviglia, non basta.
Verrò ad abitare un giorno con voi
dove non scorre linfa, non trasuda
spirito di focolare e la pietà s’appanna.
Pure finirà tutto, in un ostensorio cesellato
accuratamente, o in un calice
sollevato sull’altare; cesserà l’andirivieni
fra me e voi che mi aspettate
laggiù, sulle scale, dopo un matrimonio.


Un fiore

Che sappiamo noi di noi oggi che io di qua
e tu di là rompiamo le regole dell’amore,
quello che nella poesia rima unisono con cuore
e molte altre, più tenere, rinfocola,
che girano per casa in una sera come questa
una carota al pinzimonio, un film di storia
alla televisione, il caffè d’orzo– 
che sappiamo più? sono parole
che se tu fossi dove io sono 
moglie, o viceversa, dovrei dirti
è pronta la fascina e pesa
apri la porta prima che lo chieda,
e darti il plaid caldo per le ginocchia
prima che tu abbia freddo,
e quando a casa torno dal campo
con la notte, se già dormi, portarti un fiore.


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