Le
donne dei poeti
La
collana
Altrove
Le
donne dei poeti
Turgida d’incenso e marijuana,
la mano
sgombra dal giacer
del lampo e
l’urna mesce
a
intermittenza ombra, nell’eco
densa di
smodato crampo.
Mònade perversa e torva,
stillante
essenza in eufonia
d’inganni -
curva all’equilibrio
osanni
opalescenza tinta
in melodia
brillante.
E rinverdisce
spuma di
lumaca
nel disadorno
chiasso
assorto.
Attorno, opaca
gioia cresce
nel vivo
eccesso.
(di chi è già rimorto).
La
collana
Avevo imparato ad intarsiar
nell’ambra i
nostri giorni,
e dal tuo
collo soltanto
pendeva il
mio tesoro:
mai stagioni
o palpiti
furon
preziosi come
i grani
infiniti che
- proprio in
cima al tuo seno
ornavano il
laccio
affusolato
del mio assorto
divenire.
Della perduta
Stele di Rosetta
Immensa_mente sto
nel risvolto
d’una ameba; **
su galassie e
nebulose implose,
coscienti
appena
della
dimensione finita
che disanima
ogni cosa
dalla
pienezza in sé.
Figlio dei con_sensi
che il
defunto tempo accorda:
perché
quell’elettricità
nell’aria
non sia
soltanto il bagliore
d’una luce
fredda al neon
(interrotta
quando la percezione
ne
va carpendo
appena il flusso).
E fuori da me, mi trovo,
nel bisbiglio
innaturale
che ci fece
corruttibili
ma volti alla
ricchezza;
quando
energia imperfetta
nei manovrati
tendini
ci porta a
compimento
d’un sorriso
puro,
nel sintomo instabile
d’un
decifrato Ignoto
che mai
perdura
eppur ci
colma, a tratti:
come padroni
d’una chiave
inesistente,
come capaci
di governarne
il moto.
Del tuo corpo svestito di luce
Trionfa al tuo profilo nudo
il sussulto
avido del buio,
la
vastità immortale esulta,
come se mai
le fu concesso
di sovrastare
gli astri.
Trionfa l’eco seducente
che la tua
pelle elesse a cibo
nella
crescente cadenza
di due salive
avvinte si disfano
i nodi che ci
fecero materia.
Ho fame dei tuoi capezzoli;
nell’ombra
pingue d’odori
dilago al tuo
gemito,
del percepire
tuo umido gemo
- esploso di
gioia
nel meccanismo
che trascende
la nostra
empita carne.
Altrove
E a nulla valgono le ribellioni,
gli sbotti di
materia che s’infrange;
la madreperla
ha confinato aloni
nella
bontà che piange.
E piange e muore allo svoltar
dell’ira
come una
zeppa che bloccò
le imposte:
la
volontà scolora ad
ogni spira
vitalità
deposte.
Ma fu ebbro svanire nel miraggio:
quando fui
goccia pallida laddove
per l’ampia
pioggia e un odoroso
altrove,
in te trovai
il passaggio.
Un monile di mandorle nude
Un monile di mandorle nude
sul mio volto
ed un diapason,
dal tuo, che
ti sorregge
nella
costruzione di un sorriso.
Rassomigli alla stanchezza
placata degli odori del giorno
che giocano di narici
al termine di un giro.