VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Luciano Pennino

   
Poetare non nuoce
Segno in versi
Raggio di porto
Sono nato da una madre calda
A ruota seguimi e nuota



Poetare non nuoce

Poetare non nuoce
dei fili il setto
contuse le parole
poiché assemblate in anatemi
da cosche di poeti.
Davanzali,
pietre da gomito
per l’uso consumate,
levigate dal traslare
di ragioni pensate.
In fondo, nella notte
si poeta dalle case,
si rischiara la buia corte
di quel che è ignavia
o regia morte.

Segno in versi

Segno in versi
ed ove mai erode
il mondo perso
io per converso
verso in segni

Raggio di porto

Raggio di porto
còlto di sole,
senza rimpianto
contemplo stagione,
continua,
infinita davanti.
La falce del sole
perenne speranza d’amore.
La marcia poi
trepida avanza,
delusa,
collusa,
ma subito esclusa.
Stanziale in quaderni
dai vari colori pastello,
nei mari abbaglianti del Sud.
A volare,
a volere,
a colmare,
a deviare di fronte
ai portali del sogno,
che in pace regnano
nel regno reale,
di chi vuol solo vedere,
senza pensare,
ancora,
e poi ancora,
l’unico altare,
compìto e solare:
quel sorriso ammansito del mare.
Esile la notte
epoca traslata e casta
in umili pose tonde
esigue di colore.
 Tuttora è calda notte
e veglia sul declino
supinamente estesa
magnificamente erosa.

Sono nato da una madre calda

Sono nato da una madre calda,
dovunque conduco me
ve la ritrovo,
ma non si può dedicare il mare
ai deboli di stomaco e per questo
sèguito a fuggire.

Ai fulmini d’incanto;
neri particolari,
film americani e quant’altro
devo ancora vedere con gli occhi
liberi dall’orrore,
le opportunità d’errore,
sistemate e ramificate
nel campo demarcato
dal filo spinato
dei convivi ludici.

Questo mi fa felice: il nulla rovesciato,
controvertito, capovolto,
ribassato ancora e per chissà quanto altro ancora.

Io: il principio del sole, il fine del mare,
mi volto, m'illumino e scoloro.
Un dolore composto.

Le maniche lunghe e le medie soluzioni
fanno la felicità dei poveri e dei ricchi.

Sono sano, sino a che mi lusinga la vista
questo delirio di visioni barbare,
e devo dire: solidarietà è costume di qualità,
consumo nei consumi
convinto dalle mezze verità
dei compìti saggi.

Dalla televisione avanza un rumore
di cannone dell'amore,
tante volte ancora lo ascolto
col rancore del poeta irrisolto,
avvolto in bande nere
come bigio errante cavaliere.

Nella politica solidale
cercherò solitudine nei consessi salutisti,
mi preserverò dal dolore
e comunicherò ancora, ancora, ancora,
ché il delirio si consuma nel mézzo,

Domani è l'oggi dei tardivi, nativi poi,
oggi è il ieri dei presenti mai e poi.
non s’è mai al troppo-pieno,
non mai al troppo-vuoto
poco persuasi nel troppo-troppo.

Si è poco nel troppo,
rudimenti emancipati
e santi devolutori di rimpianti,
edulcoranti a manti,
véndici e perdenti,
guasti nei contatti,
simbiotici a concetti,
duplici e compatti.
Il mondo si ritira per deliberare,
alcuni sentenziano dal mare della tranquillità,
ripudiano il potere assordante.

Domani sarà l’impegno a decidere per me,
oggi non ci penso nemmeno
nemmeno un po’.
Resterò guardingo nel posto di frontiera
poi mostrerò le mani a chi temerà l’inganno
poi rovisterò nel fuoco,
poi enuncerò il verdetto;
per finta detto, si capisce,
così come si mangia,
come si ride
oppure ancora si piange.

A ruota seguimi e nuota

A ruota seguimi e nuota
senza quel senso di muto dissenso
o col malore del cupo rancore
avventi dolenti
accessi più spenti
attraverso domìni
e portali immorali
lumini a colori
tenui mortali

un fiume d’acqua liscio
converge al mattino nel vasto porto
dei vinti contenti perfino irridenti

sequenze imbandite
di politiche anemiche
docenze indecenti dementi
vincenti gaudenti
in contesti tremendi

domani v’è posto al solito posto
nel male tranquillo delle città
nel quieto sapore della viltà
tra i vezzi repressi di muti congressi
ove si struggono le personalità
di fedeli e ammansiti affiliati

io comando sorrisi ostinati
domani v’è posto nell’aldilà
comunque v’è posto nell’aldilà
ognuno si guarda dall’aldiquà
sogghigna di scorno e mediocrità
domani v’è posto tra le rovine
si goda dell’estasi mattutine

un molle serpente si arrotola
e mente suadente
consente un sorriso invadente
al dente seguente

di belli e carine
son colme vetrine
di solite colpe
donne e bambine
e fan sostanziose polpe
d’impasti e misere colpe
che osservano macule sui loro vestiti
che contano il tempo
consegnano il mondo
al peggio del male
che vi rimane

dove l’imago
si somma al cielo
compianta nel velo
soggiace più ingorda
con sguardo distratto
su povere genti
la verità che menti.