Nato
pagato con la metà dell'aria
della
vertebra nera, dall'inciso
soffoco
gridavo alle ombre dietro c'è il sole
gli
occhi, le seppie sugli occhi di mia madre
a
colpi a colpi sbriciolavo le cortecce
assordato
dai crolli
gli
alberi non hanno ferite o palpebre
sgominano
bambini e sogni, e i sentieri
parlavo
alla madre di sera:" Guarda
l'arcana
linfa sull'erba
stremata"
e ridevo.
2.
Dicembre e i bambini in fila indiana
Dicembre
e i bambini in fila indiana
escono
dalle case come da pozze abbandonate
dalla
luce, e i neri
cappotti
scorrono nella neve
bersagliati
da grida, ma non è
in
loro, volti all'estuario ferito di canne
altro
che la clessidra macerata dai passi
uno
dopo l'altro, sempre uguali.,
e
i disseminati
radenti
voli, autografi
sordi
nel cielo che preme
i
rami degli abeti piegati in preghiera,
alla
fine del passo e del ricordo forzato, al limite
del
campo di prigionia e delle acque
nel
confine e nel primo lavacro, ognuno nudo,
nevica
e
negli occhi qualcosa fuoriesce dal passaggio:
nel
comune dolore, io arrivai
mentre
la neve cessava ma ancora
crepitava
sotto i piedi, un'arcata
si
apriva in fondo al viale
tra
neri ippocastani come santuari di nascite
e
in un furore crepitante di ombre li riconobbi,
dicemmo
sì.
Poi
in pochi istanti discese il buio
e
le anime si staccarono dai corpi prima del sonno,
si
unirono all'ombra densa e irrorante
che
era salita tra le finestre e i lampioni
e
un'altro respiro unì i guerrieri sotto le stelle.
A
terra, da qualche finestra brillava una luce
e
nelle lunghe file dei marciapiedi le conche
lucenti
e le arcate dei portoni indicavano la salita
che
ognuno aveva compiuto nel declinare del giorno
verso
il cuore segreto del palazzo e del tempo
nella
stanza che aveva atteso l'ombra come una sposa
e
che nel silenzio delle strade asfaltate, nel respiro
dei
platani si congiunse al suo uomo
che
chiuse gli occhi nell'abbraccio dele pareti
e
in loro fu stretto e dormì guardato
dalla
camicia appesa alla finestra come uno scudo
nell'ora
in cui l'amico del giorno a venire
respirava
il suo stesso respiro nell'ora
che
il buio ancora ricordava nei rossi bagliori
lei
che era passata sugli occhi e sui feriti
lasciando
l'umida promessa della sua mano fatata,
la
dolce, irraggiungibile, materna sera
4.
A poco a poco la greve e aurata luce si condensò
A
poco a poco la greve e aurata luce si condensò
sull'emisfero
e sulla parte frontale del viso,
tra
il centro della memoria e la parete della mente
dove
nascono le domande con sfrigolare di pietra.
E
gli alberi si piegarono, gli alberi del viale,
congiunsero
le fronde e colpirono la volta,,
e
io tra il denso abbraccio cercai le stelle,
e
mi persi tra i tronchi ormai compatti,
indissolubile
tunnel di pietra,
ma
prima di poter muovere sillaba
di
paura e di preghiera io caddi
sotto
la volta terrosa, io fui sepolto
nel
sonno che era stato cielo,
e
io portai nel fondo la lucente
memoria
delle stelle amate da bambino,
in
quella terra, in quel viale,
in
quello specchio non mio della mia mente.
5.
Guardò ancora il batacchio, dove il volto era sparito
Guardò
ancora il batacchio, dove il volto era sparito,
poi
scrutò la porta dalla parte interna,
per
paura che si sporgesse Marlei col suo codino,
Ma
c'era solo il batacchio inchiodato ai cavicchi e viti.
Così
la chiuse con la violenza di un tuono
che
risuonò nelle stanze superiori e in basso nei tini
come
se il suono generasse tribù di echi.
Dodici
lampade a gas, quelle delle strade,
non
avrebbero illuminato il vastissimo atrio,
e
l'oscura salita, l'ampio scalone,
un
carro funebre ci poteva comodamente passare.
Immaginava
il moccolo di candella lottante col buio,
le
volte invisibili, gli echi appena finiti,
ma
il buio costa poco, e per lui bastava.
Più
della paura, più del vasto spazio alto e lontano?
Saliva,
questo è certo, dimenticava gli echi.
Ispezionò
le stanze, ricordando quel viso,
nessuno
nel ripostiglio, sotto il letto, la tavola,
sotto
il pentolino di brodo appeso alla catena del camino.
Perchè
aveva il raffreddore, irrigidito
dal
freddo dele ossa di cartapesta e del cuore.