A
chi contempla il cielo in una notte stellata
Dovrai
starci per sempre
Promenade
Le
conchiglie
La
tela del racconto
A
chi contempla il cielo in una notte stellata
E raggrumate galassie
impongono altezza e sgomento allo sguardo,
da questa sottile crosta
prodigiosa è la vita e ogni vita s'annienta
in un battere di farfalla,
l'occhio torna a scrutare
l'armonia e la perdita, il brusio e il silenzio,
il punto addensato che scivola
in ogni sua rappresentazione
dentro nuvole e pulsio di lucciola
è il nostro tempo e la nostra morte,
questa parola che s'incurva
ruota e scopre vertigine
la distanza, impossibile aggiungere sabbia
come il bambino copre sulla spiaggia la voragine
nell'arco vuoto del refrain siderale,
e succhiati dentro le teche
gli insetti si scambiano puntute
immaginarie carezze, non disperati
segnali come se stessero per annusarsi
né possono toccarsi né conoscono
la grandezza automatica del loro gesto,
solo se la pietà libera il vetro
li vedrai annusati e felici
nel tempo saltante del desiderio,
ma pietà corre e tronca il legaccio
pietà supplica e accarezza?
pietà è l'inchiodarsi, lo schiodarsi
un nudo tacere oltre l'orizzonte,
e altre volte potrai accendere l'occhio,
gonfio di senso e di conoscenza
sentire che l'alluciolìo
è ormai iridescente soffio e bufera, ancora
trascina
dalla minima quiete del suo niente
e ancora parla, può rischiararti
il calore, la forza d'esistere,
come crebbe quel primo pollone dentro la roccia
e come poi spezzò la lastra
stampato in una forma ancora elementare
che tutto il moto stellare della sera
brucia nella pupilla slargata e sorpresa.
Dovrai
starci per sempre
Dovrai starci per sempre.
Ti ho serrato nel mio cuore,
ho perduto la chiave
e devi accordarti
in quel tremore ignoto al mondo,
cosa piena di paura,
dove creammo parole molte d'amore
e lasciammo non dette
parole molte d'amore.
Ti ho serrato nel mio cuore
e la chiave hai finto di averla
per meglio occultarla.
Sei il coltello con cui ancora
frugo nella mia piaga.
Promenade
In
questo mondo non si gioca a scacchi
con
le figure eterne: il re e il folle.
Michel
Foucault
La città aperta o divorata
da un qualche vortice o nuvolaglia
che la fa scendere o salire
per linee d'orizzonte
squadrato su colline grigie,
serrate nel fiato
di vie inerpicate, e strane
aperture al senso d'una più radicale
estensione di piazze e venti,
e noi come presi da questo andare
per cunicoli che hanno la forza
strozzata del destino dal respiro
un po' incavato o premuto
contro la soffice cavità dei desideri,
giravolte d'una più vuota sostanza
come lo scarabeo spinge la pallina
che gli scivola giù verso l'acqua e poi
salta su, rimonta beffarda sul pendio
che è la sua condanna e l'unico,
possibile, pertugio di salvazione,
e viva la pena che nutre
l'idea forte opposta al suo nulla,
ancora il pulviscolo dei gesti
che danno fiato e sogni e corsa
oh l'impresa capitale
dei due sauri impressi nel calco,
e poi fulminante
fu la stretta, leggera la corsa
- millenaria e millenaria
lungo evi d'inesausta decimazione-
fino allo stupore nella teca,
e ci fu slancio, emozione
o cieco tintinnar d'istinto
sfilacciato nella caligine...
Le
conchiglie
La
mappa non è il territorio.
Il
nome non è la cosa designata.
Gregory
Bateson
Approdò sulla spiaggia
assetato di mistero.
C’era la promessa, o premessa,
per una equa meditazione universale
sui beni, prossimi o remoti,
dell'esistenza.
Ma il calco della mano lo ridusse a ciò che
conosceva o sperava. Era poco, fumo che svapora. Pensava alle
conchiglie,
c osservi, stanno meravigliate a osservarti e tutto è nello
specchio
di quello sguardo che si specchia. Spinse l'occhio all'orizzonte.
Attese.
E nulla in vista, mio provvido signor Comandante. Scelse di pisciare
con
la libertà che nessuno poteva sottrargli. Il liquido si
raggrumò
nel friabile tunnel
di particole del mondo.
La
tela del racconto
Per
Le coucher du soleil
di
Claude Lèvi Strauss
1)
Punture e bagliori.
Scoppi e scintille.
Scosse e profili.
Quando il sole brucia
sull'onda, sopra l'ardesia
pulita del cielo, oltre
il rosato bastione
di nuvole, lo sciamano
vive l'allucinazione
di un mondo ormai impassibile.
Senza più coscienza, neppure
delle sua gioiosa pena
d'essere e confermare
il verbale abrogato.
E si vede più chiaro
nella sua estasi? E cosa,
oltre il profilo quieto
di alberi rannicchiati:
un altro paesaggio,
altre cose anche minime
che spezzano l'orizzonte?
Ora che le montagne
sono solo montagne
e le acque sono acque,
una pietra più armoniosa
d'ogni altra avvolge
il profumo nel cavo del giglio
sapiente più d'ogni parola.
2)
Con gesto leggero,
come se dall'inizio d'ogni cosa
che non ha inizio fosse segnato
quel giro di farfalla,
con volo veloce
lascia la casa teporosa,
la mano fraterna, il riso
e la festa, il raggio
che penetra nel salone
e fruga tra i ritratti,
senza pietà di famiglia,
Ora si distende
e gli insetti portano
l'umore del contagio.
La terra è come questa terra
l'erba come questa prateria.
Quel vuoto sarà pieno, pienissimo
se accanto al fuoco sparso,
nell'ombra scolpita come metallo,
distillano dal sogno
le parole del viaggio.
Ora che le montagne
sono solo montagne
e le acque sono acque,
una pietra più armoniosa
d'ogni altra avvolge
il profumo nel cavo del giglio
sapiente più d'ogni parola.
3)
Con gesto leggero,
come se
dall'inizio d'ogni cosa
che non ha inizio
fosse segnato
quel giro di
farfalla,
con volo veloce
lascia la casa
teporosa,
la mano fraterna,
il riso
e la festa, il
raggio
che penetra nel
salone
e fruga tra i
ritratti,
senza
pietà di famiglia,
Ora si distende
e gli insetti
portano
l'umore del
contagio.
La terra è
come questa terra
l'erba come
questa prateria.
Quel vuoto
sarà pieno, pienissimo
se accanto al
fuoco sparso,
nell'ombra
scolpita come metallo,
distillano dal
sogno
le parole del
viaggio.