1.
Marina
Il
tuo fremito di spiaggia
mancava
al pino cieco
rientrato
in severa stagione.
Si
apre il cammino il granchio
perso
dalla corrente,
la
luna pullula di abissi.
I
magazzini assorti,
che
i pescatori volgono
al
cielo, paiono teschi:
sfibra
il mattone
nella
canicola di calce.
Ognuno
vota i gabbiani.
E
forse a me si guida
una
nuova creazione
che
ricovera attimi
fra
le alghe,
fra
ogni emozione capita
e
già spesa.
da
La vita reale
2.
Introduzione al tramonto
A
te chi prega
per
discorsi
o
scrosci di foresta
cede
il paese,
sapore
circondato
di
case bianche:
un
misto di nenie
che
va per cortili
e
sale il riposo
di
una sera,
una
sirena che spiega
la
richiesta tregua
d'ogni
mare, e sviene.
Così,
come un circo
vendemmiato
in montagna,
la
mia pace:
così,
con
l'erba nei canali
m'addormento,
fiore
sulle vele.
3.
Giglio
Ma
come persa di là da un vetro
del
crudo ricordo ripete il sisma
di
stagioni di brezza la deiscenza
la
tua mano di papavero scompare
fra
di me petalo sonoro.
Non
altro versi a questa schiuma
che
io sono,, a questo coro
di
veglie trasognate: ebbi
a
non trascorse ore risposta
dal
tuo sperduto silenzio
e
sete conscia della luce
di
questo nostro grembo infranto.
da
La vita reale
4.
Franare con la parsimonia
Franare
con la parsimonia
degli
echi
quando
il sole è pane e parola
di
noi bettole del silenzio
lasciarsi
scioccare
dal
muto lungometraggio
di
questi sassi,
dal
sapore di quanto mi dai
dal
manto di cascata
di
ciò che conservi
nel
buio d'una intraprendenza
che
è il tuo modo di ringraziare
di
osannare il biancore di calce
dei
visceri, d'implorare
del
loro palpitante giudizio
il
ritorno...
Questo
è il mio maggio,
l'aprire.porte
di desinenze sfitte
un
velo come di sposa
che
lambisce l'ambra di un risveglio
in
cui tramontare
e
placarsi...
5.
Quasi un brandello di me a Iesolo Lido
E’
bastato scrivere, riscrivere, rivedersi
crescere
leggero nella memoria
di
un altro. 0 di un sopore indistinto
rea
folgorazione condannata a scoria
forse
per il compleanno d'una eternità.
Non
tutto posso indossare, non tutto dirimere
tempestosamente
avvertire o accusare,
il
plagio è appena percettibile, la bambina
che
sorteggio coi pensiero consenziente,
l'onda
mi sostiene ma traballa la coscienza
falansterio
della perplessità. Qui chiudo
un
poco la mia mortale consunzione, chiedo
al
penetrante refrigerio un nuovo élan vital
o
la conferma umida che il cigolio della vita
non
è la più giusta delle partenze...
da
La visita
6.
Scherzo (I)
(Con
gli amici che forse non ho)
Concludere
con una sconclusione di nessi
tramestare
la giacitura in cui
abbiamo
goduto più volte del meritato
riposo:
è il minimo che possa usurpare
a
quanti spesso hanno gettato
le
loro mani fra le mie, citando
a
memoria qualcosa delle loro vite
nella
trasparenza dei polpastrelli.
Rifiatare,
rifinire le ciacole per dirlo. Senza
strisciare
fra i mille inghippi della verbosità
stendere
l'anima ad asciugare
e
trame nuova forza come da un candido
rimpatrio.
Scansare ancora quei cigli
perturbati,
le donne intente a guadagnare
una
riconoscenza, una fioritura autunnale
nel
pieno del plasma, del siero neonatale
sgualcito,
vilipeso. E altri vocaboli e ulteriori
cantilene:
un turno di sorveglianza
nell'angusta
garitta, nella serica stanza
da
cui il guantone dell'aria
ha
rapito con sé dei miei anni i migliori
e
li ha murati nella polveriera stellare
dei
suoi inganni...
7.
Scherzo (II)
Giudicare
la vergogna. Questo il compito
del
medico, questo l'assillo del poeta?
Curare
lo spappolarsi del midollo, della creta
tenue
di cui è fatta la verità l'empito
invitante
d'ogni dolorosa vitalità.
Vibra
appena il corpo in questa tensione
si
ammansisce in una rettitudine
che
vuol proporsi come oggettività.
E
si muove, incurante delle epoche,
fra
i pesi e le flessioni delle eresie
monetarie,-
fra le sotterranee passioni
che
affittano l'animo inquieto di ciascuno
e
lo restituiscono scarabocchiato ai cari
dilemmi
d'un tempo. Da un angolo all'altro
della
città delle cellule, fra i soffi incontinenti
di
orbite speranzose viaggia il medico:
poeta
degli spazi nel vuoto del male.
Quei
nuclei, quegli aliti ho contato
Dissolvendomi,
distribuendo la vita
come
un giocattolo nuovo scomposto per la gioia
d'infiniti
bambini. Questo conta, l'opera.
Celata
nel duttile ma supio della coscienza
essa,
non l'operatore, merita clemenza....
da
Testamento del medico
8.
(Demenza senile)
An
aged man is but a paltry thing,
A
tattered coat upon a stick...
Un
uomo anziano non è che cosa miserevole,
Una
giacchetta sbrindellata su un bastone...
W.
B. YEATS, Saffing to Byzantium II
Envejecer
es un olor y un dolor al mismo tiempo.
Invecchiare
è un osannante (putrido?)
rarefarsi,
è raggiungere a tratti un palpito
dopo
un'ininterrotta gita di fremiti.
In
questo punto certamente nulla ha un senso:
piove
da più parti un massacro d'organi,
si
rincantuccia in un angolo l'abbagliante
corresponsione
delle forze, gesticola in noi
un
nuovo e più intenso oceano di cadute.
Unica
pruderie rimastaci, il pensiero, pronto
a
tendersi, a scoccare, a frugare nel paniere
delle
verità. Fisso nella palude che c'investe,
sensibile
e prudente verso ogni nuovo patois
sociologico,
rigurgita volentieri la rima forzata
a
propinarci primavere della terza età,
non
s’appisola, guata senza volute di codardia
il
centone di noi che traghettiamo al capolinea,
ci
conquista meglio d'altri l'accorato patema
della
carità...
9.
Giuramento d’Ippocrate
(Per
il disincanto)
Gewaltiges
Sterben und singende Flamme im Herzen.
Immensa
la morte, e la fiamma cantante nel cuore.
G.
Trakl, Frúhling der Séele
No
jures, porque todo juramento es un énfasis.
Non
giurare, perché ogni giuramento è un'esagerazione.
J.
L. Borges, Fragmentos de un evangelio apócrifo
Promettere
agli infiniti giorni o all'unica notte?
Balbettare
ciò che all'inizio non puoi sentire
o
falsare il detto del fondatore nel mezzo del cammino?
E
poi? A ritroso verso il meccanico biascicare
o
incaponiti in avanti, fondi e mendaci proditores?
Certo
la felicità è ignota a chi giura, certo sconosciuto
gli
è l’assoluto, la perfezione in ogni dove,
il
cronometro dei gesti che cadono a puntino
e
estranea
è la sua anima sulla terra (ah! Trakl,
Es
íst die Séele ein Fremdès auf Erden).
Promettere
ai corpi infiniti o all'antimateria,
al
tempo o al suo contrario? Alla penombra, giurare,
meglio
che allo straripante sole: che siamo ormai pronti
a
verificare la parzialità, l'indecisione, la p
dell'infinitesimo,
la cantilena della vita in mancanza
d'esistenze
allo stato puro, l'inquinamento nelle frasi
e
nei sogni, il terremoto in essi diuturno.
A
questo ci consacriamo. In questo afferriamo per un attimo
l'instabile
umanità: solo il provvisorio ci soccorre,
sbarra
la strada all'uomo che fugge verso la cenere.
Stiano
tranquilli i miei maestri: li rispetterò
per
apostrofare il mio orgoglio, per mostrarmi degno
dell'esercizio
dell'arte, per celare lo sconquasso
della
coscienza. Stiano tranquilli e sappiano: niente
è
immenso quanto il frammento. Praticare questa verità
è
essere maestri. Per il resto nessuno può impedirci
di
essere grandi, o di essere piccoli stupidi che lo pensano.
Facciano
memoria, coloro che si affidano a me: serbare
la
loro salute e il loro segreto sarà per me
una
tentazione più forte delle altre. Facciano memoria:
non
scordino che il loro male si moltiplica nel mio
e
che la loro salute non può contagiarmi.
Sarò
un fratello per i miei colleghi. Sarò un amico.
Sarò
amante e sputacchiera: il panno sozzo sarò
che
vincola le loro confessioni, che colleziona
le
complicità e le ricicla, che le cerca e se ne compiace.
Spero
soltanto che essi s'accorgano con dolore
di
non essere peggiori di me. 19 mio paziente sarà
la
mia ancora. Non la depositerò mi alcun porto,
perché
l'unica giustizia sta nel non fermarsi,
sta
nell'affrontare la tempesta in mare aperto:
cosa
conta, allora, la sua razza, il suo partito,
la
sua posizione sociale? Oltre la giustizia
che
è sempre in cammino, oltre la verità che non giudica,
cosa
conta, cosa può pretendere d'avere importanza?
Prometto
con parola solenne che d'ora in poi accetterò
il
concepimento e il concepito, la nascita e il nascituro:
procreare
non è forse l'unica accortezza
che
ci consente di preservare il dubbio, il dinamico dubbio
l'ombra
che con discrezione rivela i passi al giusto?
Accetto
il disincanto. Lo invoco, me ne impreziosisco.
Non
accetto che si usi la mia sciente ignoranza,
non
accetto che la mia vacua conoscenza s'ammanti
di
ingordigia e di supponenza. Non accetto che la sofferenza
si
propaghi per causa mia, se non all'interno di me stesso.
Faccio
queste promesse con libertà ed efficacemente
le
presento sotto l’egida del mio onore. Beati
comunque
coloro che non hanno bisogno di promettere,
felice
colui che s'appropinqua al telo, alla nera lavagna
e,
pur sapendo che l'enigma gli è dinanzi, non si scompone;
felice
chi s'arresta, chi rinuncia a ciò che di sé ristagna
al
di là del velo che la pietà del creato gli antepone...
10.
Attraversando
(La
voce, il vuoto, la parola)
Ecco
che giganteggia questa pausa
perché
si è lasciata tentare, ma non è scesa
a
compromesso. Palpita il silenzio,
ha
palpitato come un'anima che vibra
al
fracasso di una guerra improvvisa,
si
è lasciato deglutire e riproporre
nuovo
nell'ascolto, nuovo in me che ascoltavo.
Ora
voi tutti che credete di zittire
e
invece spezzate i vostri attimi
con
il ludibrio. con la protervia di questi segni,
ecco
che parlate, in realtà, e gridate anche
con
quello che le vostre vite concedono
o
conservano, in attesa che un bruto,
inconsapevolmente
scelto, vi dipinga nello spazio
e
lo attraversi con voi, immobile
nell'infinito
balbettio della quiete...
da
Stecche dell’immenso
11.
Su una sopravvissuta soglia
Se
spiccare un libro o un attimo dagli altri
-
quasi a fame lanterna del vivere -
è
dare se stessi non so. non spetta
a
me cacciare a forza
alcuna
pietruzza di senso nella luce
ma
forse è cosi, ci si svena
aprendo
gli occhi al mattino
ricevendo
passivi il giorno
fra
una piaga e l'altra
sorbendo
ininterrotta sempre
la
tisana dei ricordi, quando
dal
suo decubito incede la sera
e
la si afferra intrepidi
rigurgito
venuto
chissà
da dove a condensare
un
firmamento chiaro
nel
cavo della nostra ombra
che
scade.
Trascorre
con noi quanto diamo
o
attinge muto una sua
impercettibile
grazia, lontano
dai
fragori, dalle petulanze
decorato
di silenzio
su
una sopravvissuta soglia?
Insinua
il suo si la doglia
liquida
che ci sposta
più
in là col suo grembo lattescente,
cerca
se stessa in una proiezione
che
accorpa i crolli e le visioni
le
parole percorse
e
la mano che le chiede
nei
suoi stremati abbandoni
e
le ciglia sono lì
sono
lì gli uccelli che il gelo non raffrena
e
tu a mollo come gioia
nella
tua pena,
tu
fra i libri e i soli che sei di me
fra
gli incroci dell'essere fatti
per
un verso o per l'altro persona
a
tessere pagine e pagine ancora
come
prora di pazza vita che ti sfiora
che
con tutte le sue dita ti perdona...
12.
Inverno 11
Oh,
ma quale quisquilia qui per le scale
sei
tu la bilia o il chicco di sale
che
stracco bisbiglia, non t'odono
cadono,
rotolano, si rialzano, i più
salgono
o scendono senza far danno
dove
poi condurranno i gradini non so né
sanno.
Ma tu sei lì quasi imperturbato, l'imperlato
della
fronte ti rivela. cala la sera su di loro e su te.
A
breve, non greve ragione a tutto questo mai non v'è.
Ma
ve', la sorpresa è che sei durato il lampo
ingarbugliato
d'un peccato, il tanto il poco
che
importa, le porte hai udito sbattere
le
lampade schioccare, tutto il falansterio
ministero
o mysterium salutis sussultare
se
chicco ti sciogli, se bilia ti frantumi
il
tuo minuscolo tutto è già finito. E’ un rito?
Una
capace bolgia per gli imbrogli di partito?
Mistero
o ministero a te misero non lumi
che
facciano chiaro oltre l'impiantito...
13.
Inverno 13
Ma
predicare e predire
predicare
di fronte al mare, origliare
e
dire di fanfare il fascino di lampare
il
lascito e benedire poi - gli orinatoi
a
due passi, rifiuti e scorie, due assi
corrose
dal viaggio fra le onde - sonde
e
incassi, resi sassi fra i sassi
salvo
dire. eccettuato parlare di quelle
fanfare
ritrovate ove il vate mancava
ove
lavava la memoria l'ava ove
la
moria discendeva e s'accendeva
il
malproprio lume di quelle lampare
proprio
di quelle, o vita, di quelle
ed
io invaso a predicare, il gargarozzo
secco
per la mestizia che imbecco o che
m'imbocca,
in bocca il pozzo d'un panno
logoro
che in danno mio fluiva come
stecco:
era un becco in definitiva
posatosi
sull'ara della cantica furtiva
su
quella della giara alla deriva.
Il
sale mi parve che ascoltasse, era
una
stinta sera disossata non
lontano
dal suo asse percepivo
lontana
la frana del mio arrivo
lontana
o piana, umana non nata
la
mia nuova adulta bamibinata...
14.
Antipoesia del millennio
Cresceva
con gli amici
il
dardo giustapposto della
tua
emozione
la
fredda epoca in cui consistevi
appariva
una minutaglia
d'infime
spore e destini tranciati
mentre
le strade divelte
approssimate
basivano per l'ansia
e
il lutto.
Non
ne avevano
gli
amici concorde contezza
io
stesso scivolando incappavo
incredulo
in sguardi
di
pietra feconda.
Un
paese, attenti, è una diligenza
che
fa 4dulto il passo della vita
e
t'incapricci a fissarlo nudo
con
qualche sera nel petto
fra
vene e vento
lo
ricordi come una menzogna
sottile,
lo ritrovi nel latte
che
intiepidisce il mattino
ma
slitti se vuoi spiegare cos'è
quasi
non ti sovviene il nome
che
ti accoglie fresco ogni ora
perso
fra storni straniti, perso
nel
silenzio di pelle
dell'universo...