Calco
dell'aria
Isola n.1
Isola
n. 2
De
Scriptura
Calco
dell'aria
si annidano unicorni
nel tuo grembo;
dal bosco fuggitivi
al tuo bosco, al tuo altrove,
al golfo aggrovigliato
del tuo alieno fogliame
(trasmigrando)
*
(andiamo facciamo fiorire
questo nulla, ma vieni, costruiamo
il mattino, il pulsare del sole,
il moto frastagliato
delle anatre verdi nella vasca,
vieni costruiamo il respiro
del topo, del geco
e delle foglioline di basilico
e degli esseri nudi la fragranza)
*
cucire sul tuo viso
altro viso di velo,
sulle labbra lumìe,
làmine di silenzio
incise. Ma vederti
di sbieco ancora un poco
*
a corona della tua bocca
bella
in sorriso
colgo l’o
di una luna lunella
in stupore
e non so
se il chiarore
ti annusa
o ti tocca
*
di questi antichi colori
- il bianco che è calco dell’aria
le falde di talco dei calanchi
isolani -
di questo notturno
schiarito
e del morbido cristallo
dell’acqua capovolta
candita
di esuli lune
mi dici
*
e mi dici del giallo
che è gallo dell’arco-
baleno, succo lappo
di cielo
e del giallo
curvo urlo, mallo
d’aria
sublunare
*
il viola va
dal silenzio al si-
lenzio, cosi cangiante
dal rosa all’oltre-
mare, non ha abento
e sei nuda delta
con la tua viola voce
mentre svoli
nel ciao
*
e ho fatto un sogno, mi dici, così nero
da sembrare azzurrato
(si spandeva quel nero
come nuvola acquatica di seppia
e invadeva le lingue
offuscava il palato)
*
l’attesa s’aggatta, mi dici,
nel gheriglio del bianco
in quei gigli farnetici di luce
*
dalla spalla scarlatta
del monte
alla valle crisalide
intatta
parla il rosso
in folla d'orizzonte
e si fa ponte
una svelta cerbiatta
*
la tua terra lontana e navigante
veliero di gerundi
(le tue libere labbra)
brilla in blu
*
arature ricordando
(certe lucide anguille nello stagno)
si sbriciola in grappoli il nero
ricalca l’intero
lo nega
*
un altrove si aggatta
in un chiuso - che so - nido di lucciole
o scala per salire sull’aurora
un altrove piccino:
s’incista in questo bianco
lo indora
fiordi di rami
racconta
in velami
*
progetto d’incertezza,
violino nel jazz, s’infessura
la falce affilata, l’attesa
del labbro in sembianza di mare
del male in sembianza
*
vedi la luna, topo
argentato che sbuca
dalla nuca del nulla,
sentila come culla
*
io vengo dalla terra, dal profondo.
Emergendo, ansimando. Da ferite.
Dalla tua mano provengo, da unghie
che non sanno. Dal tuo labbro che brucia.
Sono graffio. O peluria di luce.
In cosmi di marmi e catene
in punta di piedi mi aggiro,
temo
il mio essere liquido, la fragile
grammatica dell’acqua.
Io sono parola disabile, illegale,
dalla terra che brucia
provengo: dal male
dal tuo labbro animale
(provieni dalla terra. Tu sei Isola,
sei onda di mare pulviscola,
sfrangiata. Tu sei liquida
grammatica. In ala, in giravolta
- sui tetti, celeste, il notturno -
si svolge in discesa imprecisa
il tuo riso spiovente
e in ala la tua dentatura
si aggiunge - bianchissima - alla luna)
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