VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Silvio Izzolino Schioppa

   
Angolare
Polarità
A Luciano D'Alessandro
Sottomultipli
Vienimi a trovare
Finire finalmente
Eredità
Estremi
Il filosofo
Golfo
Clandestino
Francesca (I)
Francesca (2)
Tempesta
Sentiero scomodo
Ghiaccio ai piedi lontani
Ho perso
Amore
Mio padre (I)
Mio padre (2)
Mentire!
Dopo il fortunale
Il pianto dei fiori recisi




1. Angolare

Per cortesia, io vi imploro,
non chiamatemi figlio,
non parlate di specchi
o di fratelli emigrati.
Per stare tra voi
devo morire ogni giorno,
perdere sangue, risorgere,
sciogliere nodi tenaci,
riordinare gli intrecci.

Per cortesia, io vi imploro,
non abbracciatemi troppo,
la mia fragilità impallidisce
a tutte le strette.
Sono acqua, distillato di stelle,
mercurio mancato.
Temo le buche, i fossati,
i vostri piani inclinati,
le anfore, i becchi, le forme.

Sono un totem, un idolo, un Dio,
l'effigie dipinta del cielo,
un colosso di cartavelina.
Per questo non cercatemi il centro
o l'ingresso o l'uscita o la crepa,
il dettaglio, il disegno, l'impianto.
Sono l'attesa paziente seduta
sulla vostra pietra angolare. Sono

Polarità

La mia polarità isolata
viaggia su treni vuoti,
s'illumina d'intuizioni
che alimentano il disordine.

E' lei che rassomiglia a un amore
o io che rassomiglio a un uomo?

Siamo onde brevi
con differenti fasi isteriche,
siamo fiumi piccoli
in greti troppo ampi.

il giorno che è in penombra
o io non vedo bene?

Pure, questa casa a stento ha un tetto,
non ha mura, né porte, né finestre.

Siamo rimasti in pochi,
abbiamo mani fragili
come quelle delle donne
che scrivono poesie;

loro hanno occhi neri
e parlano
untuosi e rozzi;
come l'alito dei preti
odorano di fiori mai fioriti.

La mia gente muore sotto i portici
delle bancarelle dei libri a metà prezzo
dove chi cammina a piedi
sente ancora odori
di urina antica.

A Luciano D'Alessandro

La città non ti vede ragazzo,
orridente figura incerta
sulla staticità del cemento.

Parigi accoglie il saltimbanco,
l'acrobata, l'artista da strada.
Tutto contiene
mentre tutto riflette
e assorbe il movimento.

I bambini proseguono,
dietro i santi,
sotto le statue,
ugli antichi acciottolati,
estranei alla decadenza.

Ti amo
femmina donna,
carne terrena,
respiro d'aria ed occhi cosmici,
le galassie sono nel tuo ventre,
se là, dove la pietra è più dura,
hai costruito la strada dell'uomo.

La città non ti vede vecchio,
la tua precarietà infastidisce,
ha fretta di piantare croci
esteticamente geometriche.

Giocano i bambini tra le tombe
e sorridono
e proseguono
per nuove moltitudini,
per aristocratiche solitudini
e disperazioni senza meta.

Sono tutte isole
come la tua storia,
occhio che vola,
corpo seduto
tra alte mura
di pietra viva.

Sottomultipli

Verde dovizia di germogli,
insane fantasie di tinte,
convolvoli aggrovigliati
e gelsomini e salvie,
uomini all'aria, al sole,
ad asciugare gli occhi
e donne sempre giovani
per una nuova danza
sul dolce filo delle ore.

La rosa impazzita in giardino
lo sento mi vuole spiegare
che non ha tradito promesse,
non è mai arrivata in ritardo,
che il suo tempo è il colore
e il colore è il suo tempo.

Ma a me è rimasto un balcone
e non c'è tempo o stagione
o colore

per chi non attende.

Vienimi a trovare

Vienimi a trovare questa notte,
potremo sederci intorno al fuoco,
ridere d'un girotondo di folletti rossopallidi,
che hanno dimenticato o mai saputo il loro nome.
Vienimi a trovare questa notte,
parleremo degli amici da grandi magazzini,
mani sulle spalle e sorrisi legati ad un filo
per riprenderli in fretta e all'occorrenza.
Vienimi a trovare questa notte,
potremo parlare delle belle donne,
con occhi di vetro e guance improbabili,
vestite con gusci di lumaca
e con spessi occhiali cerchiati sul cuore.
Vienimi a trovare questa notte,
potresti disegnarmi nell'aria
i tuoi nuovi orizzonti,
fermare le tue mani sui miei occhi
e ridarmi ancora la vita.
Vienimi a trovare questa notte.

Finire finalmente

Perché deformi il viso?
per mostrarmi a pieno
l'ingiuria della morte?
L'inutilità del ricordo?
Per scompormi la memoria?
Per darmi il senso terreno
della concretezza dell'assenza?
della necessità della resurrezione?

Lenta scivola l'immagine,
l'oblio ne confonde i tratti,
ne sedimenta le energie.
Il corpo è già disfatto,
ma le idee, come i pensieri,
hanno ali di pipistrello,
vorticosamente turbinano
nei vuoti del cervello.
Ali uncinate e nere
artigliano i volti nuovi,
spuriano il presente.

... e mi ripeto voglio vivere
solo per destinazione,
traccio strade incerte
per incerti passi,
disegno motivi fragili
per fragili necessità,
innalzo bandiere rosse
per guerre inesistenti,
accendo fuochi freddi
d'intelligenze artificiali
senza peso e profondità.

Rantola il desiderio,
la mia carne animale
pulsa per conservazione,
si spegne per denutrizione
la mia volontà anoressica.

Sento il tempo andare                         Stancamente mi domando
per il solo compimento,                      della follia qua] è il confine,
si confondono le luci                            e se potrei distendere la mente
tra ombre ed altre luci,                       tra le sue braccia informi.
tra soli e lune uguali.                           Finire finalmente.

                    ... ma c'è il rumore del mio cuore...
 

Eredità

Chi raccoglierà i miei pensieri sgualciti,
le mie idee in disordine
come i miei documenti?
Rideranno di quest'amore ridicolo,
perla in una vita d'aceto?
S'intenerirà mai qualcuno
per la solitudine del mio letto?
o per le immagini di me
negli specchi della mia casa?
Con che occhi guarderanno i miei cassetti?
Forse dimenticheranno in fretta
l'eredità dei miei fallimenti,
forse sarò solo un pessimo esempio
perché mia figlia non si senta orfana.

Estremi

Siamo gli estremi vicini
di un cerchio non chiuso,
ci vediamo ci sfioriamo
e un'intera curva ci distanzia.
Ma non staccare la mano,
non spegnermi i tuoi occhi,
ormai non hai bisogno di parole
per raccogliere la mia lucida follia
e setacciarvi una pagliuzza d'oro.
Portala al polso, piccolo monile,
per impreziosire una serata asfittica.

Il filosofo

Partori due versi e un libro scritto male
e un pomeriggio prese la morte sotto braccio.
Il filosofo in mutande canticchiava piano
mentre pensava in rosso il suo epitaffio.
"Pervincere ci vogliono occhi neri"
gli urlò l'amante unta di sudore
raggomitolata intorno al suo sedere.
"Ma c'è sempre un altro che perde al posto mio"
rispose chiudendo l'alba fuori la finestra.
Il filosofo in mutande canticchiava piano
mentre scriveva in nero il suo epitaffio.
L'amante si rivestì piano, piano se ne andò,
mise al collo un cartello scritto in rosso
"Sivendono due cosce e poche idee".

Golfo

E c'è stasera qualcuno che si domanda
con quale luna gli toccherà morire
e osserva preoccupato la marea.
A che serve piangere o pregare,
c'è un Dio anche dall'altra parte.
Sono cresciuto con le lampadine al neon,
in una storia figlia di tante storie,
con la sicurezza presuntuosa d'un dio greco,
spargendo sale, verità e comportamenti.
Ah quant'è poca la pochezza dell'ingegnere,
si riscatti misurando un volo di rondini,
il peso d'un sogno il rumore della fantasia.
E c'è stasera qualcuno che si domanda
con quale luna gli toccherà morire.
Restituitegli vi prego l'odore delle scuderie,
il colore sacro d'un filo d'erba,
il sapore caldo delle ginestre al sole.
Non voglio che questa notte muoia
con la luna nuova.
Ah quant'è poca la pochezza dei generali,
quanto quella dei preti e degli americani,
che contano i giorni come grani d'un rosario,
perché la vita è un intervallo tra la culla e la bara.
Restituitemi vi prego la speranza delle mie utopie;
stasera canterò con il popolo iracheno
e con chi dall'altraparte si domanda
con quale luna stanotte gli toccherà morire
e osserva preoccupato la marea.

Clandestino

Non senza dolore decisi di partire,
non senza entusiasmo e curiosità.
Fremente mi sono preparato al viaggio
sempre meglio di come ho viaggiato;
ho lasciato i sogni nella vecchia casa
per liberare il cuore ed accoglierne di nuovi.
Ma i treni sono più belli alla stazione,
il loro elettrico ronzio è un canto di sirene
e forse si dovrebbe avere cera per le orecchie,
legarsi saldamente all’albero maestro.
Sono un clandestino.
Il senso di colpa non basta a pagare il biglietto
e prima o poi qualcuno me lo domanderà.
Il treno ha percorso migliaia di miglia,
soltanto per ritornare, soltanto per ritornare.
Ah fossi nato controllore o conducente di treni,
ah fossi nato ferroviere!
Questo buffo destino mi ha fatto viaggiatore,
e per di più viaggiatore clandestino.

Francesca (I)

Il corpo scontato irrinunciabile carne
La perfezione del sangue nella goccia rotonda
E l’anima mai leggera appena s’affaccia
All’orlo degli occhi di matita orientale
E il fastidio dei suoni, dei suoni, dei suoni
La parola detta ti unge le labbra
e costringe il sorriso tra parentesi strette
ci sarà pure un coltello, una lama, una tomba
per ricordarti, stringerti in un palmo di cuore
magnolia odorosa di sangue

Francesca (2)

Porto il tradimento come un cilicio
All’incrocio tra Palermo e Santa Flavia
La memoria non ha tempo
O non è memoria
Ma un ricordo riflesso dagli occhi
Striscia di luce pronta a morire
Non ho niente da fare
Se non fingere di stupirmi per il prossimo lutto
Palermo mi annega per quello che non è
Vi prego restituitela ai figli
E all’abbraccio mutilato di Francesca

Tempesta

Terrore di tempesta e salso vento
un’orda d’onde a trascinare scogli,
e parevano invincibili giganti
di compatto scheletro terrestre, inamovibili.
E vorticano e rotolano come ciottoli di spiaggia.
Uguale tempestare e insospettabile
smussa gli artigli della giovinezza
così presti a lacerare vita,
 a respirarla.
Poi il fiato si fa corto e spesso.
La notte autunnale ha un brivido all’inizio;
spero si trovi sempre un abito pesante
e un motivo buono per andarsene.

Sentiero scomodo

Prospettiva senza orizzonte
Foglie secche gemono
Rughe agli occhi, alla fronte
Lo zefiro s’è fatto vento
Il vento mi scompone
Eclissi di cuore
Di sapori di vita
I sogni non muoiono
Illanguidiscono
Di debolezza infantile
Si ammalano
Ma non muoiono ancora
Il passo stanca
Sul sentiero
Volgare
Il gesto è lento
Trascorso, accennato.
Eclissi di cuore
Di sentori d’amaro
Di frutti non colti
Lasciati marcire
E ora?
È ora!

Ghiaccio ai piedi lontani

Solinientesangue
Scavo commozioni nei rari sogni
Poi mi sfango in nausee di volti
Un bel verso! Un bel verso!
Una lacrima patetica mi scuote!!!
Ah ah!!!
Galleggio sui vostri sorrisi
Ancorati in porti sicuri
E derive derive restituisco
Plastica di catene e catene in carbonio
Il cerchio dell’asino è invisibile
Solo perché molto più grande.
Un pianeta!
E giriamo
Girogirotondogirogirotondo
Giratuttoilmondo.
Ah ah
Il mio bambino mi è scappato di mano
È corso a giocare dove la realtà è sogno
Perché il sogno è realtà
Sono solo
Mi sfango in nausee di volti
E galleggio sui vostri sorrisi.
Ah ah!!!
Scrivo bodoni dimensione sedici
Fabrizio se n’è andato
Non voleva salutare il millennio
Ora tutti lo amano
Sono accorsi tutti all’ultima stazione
Si accorre sempre tutti all’ultima stazione
È il viaggio che devi fare da solo
Ah ah!!!
C’è un gesto meno uguale degli altri?
Un gesto che non conosci, come una parola nuova?
Un gesto che ti faccia dire
“domani vivrò per compierlo e vedere cosa succede”
ma poi si dovrebbe inventare un effetto.
Ah ah!!!

Mi piacerebbe accarezzare la vita
non sono mai stato leggero, è vero
ma lei è mai stata sincera?
Ah ah!!

Ho perso

Ho perso ad uno ad uno gli anni
Per dire che ne ho avuti tanti
Per stemperare i rimproveri
Dimenticare
Gli omicidi commessi
L’ultima menzogna è una tempesta
Di neve piccola e vento asfittico
Basta un colpo di tosse
Per impedirmi la masturbazione
E tu mi parli di veri uomini
Mentre sono così vicino alla morte

Amore

Amore
con un coltello tra i denti
E un altro nel cuore
Amore
Amore colpito a morte
Distratto e a tradimento
Amore
Amore maleducato
Amore ammaestrato
Amore simulacro
Romanzo d’appendice
Amore occasionale
Vestito matrimoniale
Odoroso di detersivi
Di fiori secchi
Amore travestito
Amore fiore all’occhiello
Amore da presentare
Amore da accomodare
Amore da tollerare
Amore ipocrisia
Amore umiliato
Offeso, fuggito via
Amore orgoglio
Troppo distante
Teso come una sfida
Abortito e diminuito
Amore pagato a rate
E non consumato
Amore consumato
Gratis o a buon mercato
Amore offerto a poco
Nascosto dietro uno specchio
Dietro una caffettiera
Una sedia fuori posto
O un quadro appeso male
Amore soffocato
Più piccolo del dettaglio
Più piccolo dei se
Più piccolo dei ma
minimo rispetto al forse
ipotesi rispetto al poi
certezza rispetto al mai

Mio padre (I)

Il fiume ristagna in anse nuove,
cerca sponde per riposare l’attesa
che l’uomo gli restituisca il letto.
A valle clamore d’un disordine d’acque
a monte silenzio d’acque umiliate.
Un uomo è seduto sull’argine.
Aspetta? Ricorda? Sogna? Riposa?
Lo osservo.
Svanisce in un calare di palpebre.
Riappare lacero d’anni
a restituire ad un cancro
ciò che un duce e la guerra
non avevano avuto.
E l’estate continua.
Mio padre lentamente si spegne
nella luce ferma di Agosto.

Mio padre (2)

Era terra fresca
di sapore umido
e scura di fertilità
mio padre mio padre
ritornava vestito di blu
forse ho pianto
non ricordo
ruppero la cassa
usanza barbara
violenza ai timpani
e all’anima
lamenti di donne
e il mento di mia madre
un po’ tremante
poi parole
di gente appena vista
poi parole
di gente che non tace
così
mentre i morti marciscono
i vivi costruiscono altari

Mentire!

Perché la verità?
Quale segreto resterebbe dentro a rodere
Erodere e sfiancare la coscienza
A far crescere il rancore per non aver vissuto
L’ultima menzogna, la più grande.
Quale vuoto sconosciuto resterebbe
Al posto dell’angoscia?
Non toglietemi il rogo e la sua fiamma
Rimarrei nudo e senza palcoscenico.
Quale terrore avanzerebbe
Al posto del terrore?
Dormirei, mangerei e dormirei
Senza sognare più.
Ora
Proprio ora che conosco l’origine
Filosofia invernale e manichea
Delle virgole messe fra i pensieri
Mischio le lettere della parola madre
Per farla diventare derma o merda.
Non m’impressiona più il flusso d’uomini
Di donne e di bambini, che muoiano!
calpestano proprietà private!
E mi disgustano perché mi rassomigliano.

Dopo il fortunale

L’orizzonte s’avvicina
Dopo di te
Tutto è raggiungibile
Possibile.
Plausibile.
Non è vuota
L’insania marcescente
Forma ameboidale
Di genialità gratuita
Ferisce
Non lenisce.
Il cuore è inutile
Ami i riflessi
I luccichii e lo specchio.
Dove nascondere
L’umido sperma
Della mia intelligenza?
Cracovia è scomparsa
Bucarest dissolve
Così Budapest e Mosca
E tace
La compagna Cassandra.
Morire insieme
Lentamente
Per poterne parlare
La grande trovata
La soluzione finale.
Ma piovono gocce di sangue
Tra i miei occhi
Ed i tuoi
Sei letteratura televisiva
Manca così poco
Ad essere niente
E tu m’insegni
La buona educazione.

Il pianto dei fiori recisi

Avete mai sentito il pianto dei fiori recisi?
Rassomiglia alla solitudine delle stelle
alle oscurità degli abissi del mare
al folle girotondo di un pianeta.
Io ho sentito il pianto dei fiori recisi.
“Fermati!
tu che hai l’animo fragile come uno stelo,
fermati e portaci lontano dalle lapidi,
non vogliamo essere i tristi guardiani
di cupi ricordi e di svogliate memorie”
Mi sono fermato,
“Non piangete, vi porterò alla mia donna”
I fiori recisi hanno preso a danzare
l’allegria di una danza odorosa,
si sono adunati nella mia mano
e ora appassiscono nella tua casa.



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