Angolare
Polarità
A
Luciano
D'Alessandro
Sottomultipli
Vienimi
a trovare
Finire
finalmente
Eredità
Estremi
Il
filosofo
Golfo
Clandestino
Francesca
(I)
Francesca
(2)
Tempesta
Sentiero
scomodo
Ghiaccio
ai
piedi lontani
Ho
perso
Amore
Mio
padre (I)
Mio
padre (2)
Mentire!
Dopo
il fortunale
Il
pianto dei
fiori recisi
1.
Angolare
Per cortesia, io vi imploro,
non
chiamatemi figlio,
non parlate
di specchi
o di fratelli
emigrati.
Per stare tra
voi
devo morire
ogni giorno,
perdere
sangue, risorgere,
sciogliere
nodi tenaci,
riordinare
gli intrecci.
Per cortesia, io vi imploro,
non
abbracciatemi troppo,
la mia
fragilità impallidisce
a tutte le
strette.
Sono acqua,
distillato di stelle,
mercurio
mancato.
Temo le
buche, i fossati,
i vostri
piani inclinati,
le anfore, i
becchi, le forme.
Sono un totem, un idolo, un Dio,
l'effigie
dipinta del cielo,
un colosso di
cartavelina.
Per questo
non cercatemi il centro
o l'ingresso
o l'uscita o la
crepa,
il dettaglio,
il disegno, l'impianto.
Sono l'attesa
paziente seduta
sulla vostra
pietra angolare.
Sono
Polarità
La mia polarità isolata
viaggia su
treni vuoti,
s'illumina
d'intuizioni
che
alimentano il disordine.
E' lei che rassomiglia a un amore
o io che
rassomiglio a un uomo?
Siamo onde brevi
con
differenti fasi isteriche,
siamo fiumi
piccoli
in greti
troppo ampi.
il giorno che è in penombra
o io non vedo
bene?
Pure, questa casa a stento ha
un tetto,
non ha mura,
né porte,
né finestre.
Siamo rimasti in pochi,
abbiamo mani
fragili
come quelle
delle donne
che scrivono
poesie;
loro hanno occhi neri
e parlano
untuosi e
rozzi;
come l'alito
dei preti
odorano di
fiori mai fioriti.
La mia gente muore sotto i portici
delle
bancarelle dei libri a
metà prezzo
dove chi
cammina a piedi
sente ancora
odori
di urina
antica.
A
Luciano D'Alessandro
La città non ti vede ragazzo,
orridente
figura incerta
sulla
staticità del cemento.
Parigi accoglie il saltimbanco,
l'acrobata,
l'artista da strada.
Tutto contiene
mentre tutto
riflette
e assorbe il
movimento.
I bambini proseguono,
dietro i
santi,
sotto le
statue,
ugli antichi
acciottolati,
estranei alla
decadenza.
Ti amo
femmina donna,
carne terrena,
respiro
d'aria ed occhi cosmici,
le galassie
sono nel tuo ventre,
se là,
dove la pietra
è più dura,
hai costruito
la strada dell'uomo.
La città non ti vede vecchio,
la tua
precarietà infastidisce,
ha fretta di
piantare croci
esteticamente
geometriche.
Giocano i bambini tra le tombe
e sorridono
e proseguono
per nuove
moltitudini,
per
aristocratiche solitudini
e
disperazioni senza meta.
Sono tutte isole
come la tua
storia,
occhio che
vola,
corpo seduto
tra alte mura
di pietra
viva.
Sottomultipli
Verde dovizia di germogli,
insane
fantasie di tinte,
convolvoli
aggrovigliati
e gelsomini e
salvie,
uomini
all'aria, al sole,
ad asciugare
gli occhi
e donne
sempre giovani
per una nuova
danza
sul dolce
filo delle ore.
La rosa impazzita in giardino
lo sento mi
vuole spiegare
che non ha
tradito promesse,
non è
mai arrivata in
ritardo,
che il suo
tempo è il
colore
e il colore
è il suo tempo.
Ma a me è rimasto un balcone
e non
c'è tempo o stagione
o colore
per chi non attende.
Vienimi
a trovare
Vienimi a trovare questa notte,
potremo
sederci intorno al fuoco,
ridere d'un
girotondo di folletti
rossopallidi,
che hanno
dimenticato o mai saputo
il loro nome.
Vienimi a
trovare questa notte,
parleremo
degli amici da grandi
magazzini,
mani sulle
spalle e sorrisi legati
ad un filo
per
riprenderli in fretta e all'occorrenza.
Vienimi a
trovare questa notte,
potremo
parlare delle belle donne,
con occhi di
vetro e guance improbabili,
vestite con
gusci di lumaca
e con spessi
occhiali cerchiati
sul cuore.
Vienimi a
trovare questa notte,
potresti
disegnarmi nell'aria
i tuoi nuovi
orizzonti,
fermare le
tue mani sui miei
occhi
e ridarmi
ancora la vita.
Vienimi a
trovare questa notte.
Finire
finalmente
Perché deformi il viso?
per mostrarmi
a pieno
l'ingiuria
della morte?
L'inutilità
del ricordo?
Per scompormi
la memoria?
Per darmi il
senso terreno
della
concretezza dell'assenza?
della
necessità della
resurrezione?
Lenta scivola l'immagine,
l'oblio ne
confonde i tratti,
ne sedimenta
le energie.
Il corpo
è già
disfatto,
ma le idee,
come i pensieri,
hanno ali di
pipistrello,
vorticosamente
turbinano
nei vuoti del
cervello.
Ali uncinate
e nere
artigliano i
volti nuovi,
spuriano il
presente.
... e mi ripeto voglio vivere
solo per
destinazione,
traccio
strade incerte
per incerti
passi,
disegno
motivi fragili
per fragili
necessità,
innalzo
bandiere rosse
per guerre
inesistenti,
accendo
fuochi freddi
d'intelligenze
artificiali
senza peso e
profondità.
Rantola il desiderio,
la mia carne
animale
pulsa per
conservazione,
si spegne per
denutrizione
la mia
volontà anoressica.
Sento il tempo
andare
Stancamente mi domando
per il solo
compimento,
della follia qua] è il confine,
si confondono
le
luci
e se potrei distendere la mente
tra ombre ed
altre
luci,
tra le sue braccia informi.
tra soli e
lune
uguali.
Finire finalmente.
... ma c'è il rumore del mio cuore...
Eredità
Chi raccoglierà i miei
pensieri sgualciti,
le mie idee
in disordine
come i miei
documenti?
Rideranno di
quest'amore ridicolo,
perla in una
vita d'aceto?
S'intenerirà
mai qualcuno
per la
solitudine del mio letto?
o per le
immagini di me
negli specchi
della mia casa?
Con che occhi
guarderanno i miei
cassetti?
Forse
dimenticheranno in fretta
l'eredità
dei miei fallimenti,
forse
sarò solo un pessimo
esempio
perché
mia figlia non
si senta orfana.
Estremi
Siamo gli estremi vicini
di un cerchio
non chiuso,
ci vediamo ci
sfioriamo
e un'intera
curva ci distanzia.
Ma non
staccare la mano,
non spegnermi
i tuoi occhi,
ormai non hai
bisogno di parole
per
raccogliere la mia lucida
follia
e setacciarvi
una pagliuzza d'oro.
Portala al
polso, piccolo monile,
per
impreziosire una serata asfittica.
Il
filosofo
Partori due versi e un libro scritto
male
e un
pomeriggio prese la morte
sotto braccio.
Il filosofo
in mutande canticchiava
piano
mentre
pensava in rosso il suo
epitaffio.
"Pervincere
ci vogliono occhi
neri"
gli
urlò l'amante unta
di sudore
raggomitolata
intorno al suo
sedere.
"Ma
c'è sempre un altro
che perde al posto mio"
rispose
chiudendo l'alba fuori
la finestra.
Il filosofo
in mutande canticchiava
piano
mentre
scriveva in nero il suo
epitaffio.
L'amante si
rivestì piano,
piano se ne andò,
mise al collo
un cartello scritto
in rosso
"Sivendono
due cosce e poche
idee".
Golfo
E c'è stasera qualcuno
che si domanda
con quale
luna gli toccherà
morire
e osserva
preoccupato la marea.
A che serve
piangere o pregare,
c'è un
Dio anche dall'altra
parte.
Sono
cresciuto con le lampadine
al neon,
in una storia
figlia di tante
storie,
con la
sicurezza presuntuosa
d'un dio greco,
spargendo
sale, verità
e comportamenti.
Ah
quant'è poca la pochezza
dell'ingegnere,
si riscatti
misurando un volo
di rondini,
il peso d'un
sogno il rumore
della fantasia.
E c'è
stasera qualcuno
che si domanda
con quale
luna gli toccherà
morire.
Restituitegli
vi prego l'odore
delle scuderie,
il colore
sacro d'un filo d'erba,
il sapore
caldo delle ginestre
al sole.
Non voglio
che questa notte muoia
con la luna
nuova.
Ah
quant'è poca la pochezza
dei generali,
quanto quella
dei preti e degli
americani,
che contano i
giorni come grani
d'un rosario,
perché
la vita è
un intervallo tra la culla e la bara.
Restituitemi
vi prego la speranza
delle mie utopie;
stasera
canterò con il
popolo iracheno
e con chi
dall'altraparte si
domanda
con quale
luna stanotte gli toccherà
morire
e osserva
preoccupato la marea.
Clandestino
Non senza dolore decisi di partire,
non senza
entusiasmo e curiosità.
Fremente mi
sono preparato al
viaggio
sempre meglio
di come ho viaggiato;
ho lasciato i
sogni nella vecchia
casa
per liberare
il cuore ed accoglierne
di nuovi.
Ma i treni
sono più belli
alla stazione,
il loro
elettrico ronzio è
un canto di sirene
e forse si
dovrebbe avere cera
per le orecchie,
legarsi
saldamente all’albero
maestro.
Sono un
clandestino.
Il senso di
colpa non basta a
pagare il biglietto
e prima o poi
qualcuno me lo
domanderà.
Il treno ha
percorso migliaia
di miglia,
soltanto per
ritornare, soltanto
per ritornare.
Ah fossi nato
controllore o conducente
di treni,
ah fossi nato
ferroviere!
Questo buffo
destino mi ha fatto
viaggiatore,
e per di
più viaggiatore
clandestino.
Francesca
(I)
Il corpo scontato irrinunciabile
carne
La perfezione
del sangue nella
goccia rotonda
E l’anima mai
leggera appena
s’affaccia
All’orlo
degli occhi di matita
orientale
E il fastidio
dei suoni, dei
suoni, dei suoni
La parola
detta ti unge le labbra
e costringe
il sorriso tra parentesi
strette
ci
sarà pure un coltello,
una lama, una tomba
per
ricordarti, stringerti in
un palmo di cuore
magnolia
odorosa di sangue
Francesca
(2)
Porto il tradimento come un cilicio
All’incrocio
tra Palermo e Santa
Flavia
La memoria
non ha tempo
O non
è memoria
Ma un ricordo
riflesso dagli
occhi
Striscia di
luce pronta a morire
Non ho niente
da fare
Se non
fingere di stupirmi per
il prossimo lutto
Palermo mi
annega per quello
che non è
Vi prego
restituitela ai figli
E
all’abbraccio mutilato di Francesca
Tempesta
Terrore di tempesta e salso vento
un’orda
d’onde a trascinare scogli,
e parevano
invincibili giganti
di compatto
scheletro terrestre,
inamovibili.
E vorticano e
rotolano come ciottoli
di spiaggia.
Uguale
tempestare e insospettabile
smussa gli
artigli della giovinezza
così
presti a lacerare
vita,
a
respirarla.
Poi il fiato
si fa corto e spesso.
La notte
autunnale ha un brivido
all’inizio;
spero si
trovi sempre un abito
pesante
e un motivo
buono per andarsene.
Sentiero
scomodo
Prospettiva senza orizzonte
Foglie secche
gemono
Rughe agli
occhi, alla fronte
Lo zefiro
s’è fatto vento
Il vento mi
scompone
Eclissi di
cuore
Di sapori di
vita
I sogni non
muoiono
Illanguidiscono
Di debolezza
infantile
Si ammalano
Ma non
muoiono ancora
Il passo
stanca
Sul sentiero
Volgare
Il gesto
è lento
Trascorso,
accennato.
Eclissi di
cuore
Di sentori
d’amaro
Di frutti non
colti
Lasciati
marcire
E ora?
È ora!
Ghiaccio
ai piedi lontani
Solinientesangue
Scavo
commozioni nei rari sogni
Poi mi sfango
in nausee di volti
Un bel verso!
Un bel verso!
Una lacrima
patetica mi scuote!!!
Ah ah!!!
Galleggio sui
vostri sorrisi
Ancorati in
porti sicuri
E derive
derive restituisco
Plastica di
catene e catene in
carbonio
Il cerchio
dell’asino è
invisibile
Solo
perché molto più
grande.
Un pianeta!
E giriamo
Girogirotondogirogirotondo
Giratuttoilmondo.
Ah ah
Il mio
bambino mi è scappato
di mano
È
corso a giocare dove
la realtà è sogno
Perché
il sogno è
realtà
Sono solo
Mi sfango in
nausee di volti
E galleggio
sui vostri sorrisi.
Ah ah!!!
Scrivo bodoni
dimensione sedici
Fabrizio se
n’è andato
Non voleva
salutare il millennio
Ora tutti lo
amano
Sono accorsi
tutti all’ultima
stazione
Si accorre
sempre tutti all’ultima
stazione
È il
viaggio che devi
fare da solo
Ah ah!!!
C’è un
gesto meno uguale
degli altri?
Un gesto che
non conosci, come
una parola nuova?
Un gesto che
ti faccia dire
“domani
vivrò per compierlo
e vedere cosa succede”
ma poi si
dovrebbe inventare
un effetto.
Ah ah!!!
Mi piacerebbe accarezzare la vita
non sono mai
stato leggero, è
vero
ma lei
è mai stata sincera?
Ah ah!!
Ho perso
Ho perso ad uno ad uno gli anni
Per dire che
ne ho avuti tanti
Per
stemperare i rimproveri
Dimenticare
Gli omicidi
commessi
L’ultima
menzogna è una
tempesta
Di neve
piccola e vento asfittico
Basta un
colpo di tosse
Per impedirmi
la masturbazione
E tu mi parli
di veri uomini
Mentre sono
così vicino
alla morte
Amore
Amore
con un
coltello tra i denti
E un altro
nel cuore
Amore
Amore colpito
a morte
Distratto e a
tradimento
Amore
Amore
maleducato
Amore
ammaestrato
Amore
simulacro
Romanzo
d’appendice
Amore
occasionale
Vestito
matrimoniale
Odoroso di
detersivi
Di fiori
secchi
Amore
travestito
Amore fiore
all’occhiello
Amore da
presentare
Amore da
accomodare
Amore da
tollerare
Amore
ipocrisia
Amore umiliato
Offeso,
fuggito via
Amore orgoglio
Troppo
distante
Teso come una
sfida
Abortito e
diminuito
Amore pagato
a rate
E non
consumato
Amore
consumato
Gratis o a
buon mercato
Amore offerto
a poco
Nascosto
dietro uno specchio
Dietro una
caffettiera
Una sedia
fuori posto
O un quadro
appeso male
Amore
soffocato
Più
piccolo del dettaglio
Più
piccolo dei se
Più
piccolo dei ma
minimo
rispetto al forse
ipotesi
rispetto al poi
certezza
rispetto al mai
Mio padre (I)
Il fiume ristagna in anse nuove,
cerca sponde
per riposare l’attesa
che l’uomo
gli restituisca il
letto.
A valle
clamore d’un disordine
d’acque
a monte
silenzio d’acque umiliate.
Un uomo
è seduto sull’argine.
Aspetta?
Ricorda? Sogna? Riposa?
Lo osservo.
Svanisce in
un calare di palpebre.
Riappare
lacero d’anni
a restituire
ad un cancro
ciò
che un duce e la guerra
non avevano
avuto.
E l’estate
continua.
Mio padre
lentamente si spegne
nella luce
ferma di Agosto.
Mio
padre (2)
Era terra fresca
di sapore
umido
e scura di
fertilità
mio padre mio
padre
ritornava
vestito di blu
forse ho
pianto
non ricordo
ruppero la
cassa
usanza barbara
violenza ai
timpani
e all’anima
lamenti di
donne
e il mento di
mia madre
un po’
tremante
poi parole
di gente
appena vista
poi parole
di gente che
non tace
così
mentre i
morti marciscono
i vivi
costruiscono altari
Mentire!
Perché la verità?
Quale segreto
resterebbe dentro
a rodere
Erodere e
sfiancare la coscienza
A far
crescere il rancore per
non aver vissuto
L’ultima
menzogna, la più
grande.
Quale vuoto
sconosciuto resterebbe
Al posto
dell’angoscia?
Non
toglietemi il rogo e la sua
fiamma
Rimarrei nudo
e senza palcoscenico.
Quale terrore
avanzerebbe
Al posto del
terrore?
Dormirei,
mangerei e dormirei
Senza sognare
più.
Ora
Proprio ora
che conosco l’origine
Filosofia
invernale e manichea
Delle virgole
messe fra i pensieri
Mischio le
lettere della parola
madre
Per farla
diventare derma o merda.
Non
m’impressiona più
il flusso d’uomini
Di donne e di
bambini, che muoiano!
calpestano
proprietà private!
E mi
disgustano perché
mi rassomigliano.
Dopo
il fortunale
L’orizzonte s’avvicina
Dopo di te
Tutto
è raggiungibile
Possibile.
Plausibile.
Non è
vuota
L’insania
marcescente
Forma
ameboidale
Di
genialità gratuita
Ferisce
Non lenisce.
Il cuore
è inutile
Ami i riflessi
I luccichii e
lo specchio.
Dove
nascondere
L’umido sperma
Della mia
intelligenza?
Cracovia
è scomparsa
Bucarest
dissolve
Così
Budapest e Mosca
E tace
La compagna
Cassandra.
Morire insieme
Lentamente
Per poterne
parlare
La grande
trovata
La soluzione
finale.
Ma piovono
gocce di sangue
Tra i miei
occhi
Ed i tuoi
Sei
letteratura televisiva
Manca
così poco
Ad essere
niente
E tu m’insegni
La buona
educazione.
Il pianto dei fiori recisi
Avete mai sentito il pianto dei
fiori recisi?
Rassomiglia alla solitudine delle
stelle
alle oscurità degli abissi
del mare
al folle girotondo di un pianeta.
Io ho sentito il pianto dei fiori
recisi.
“Fermati!
tu che hai l’animo fragile come
uno stelo,
fermati e portaci lontano dalle
lapidi,
non vogliamo essere i tristi
guardiani
di cupi ricordi e di svogliate
memorie”
Mi sono fermato,
“Non piangete, vi porterò
alla mia donna”
I fiori recisi hanno preso a
danzare
l’allegria di una danza odorosa,
si sono adunati nella mia mano
e ora appassiscono nella tua
casa.