Risveglio
Verso assassino
La
prossima
esclamazione
Angeli
terreni
Notti
di luce giorni di buio
A
cosa
serve il pianto
Un
sonno
bambino
Visione
Corsaro
di sabbia
Insegnami
la
parola
Non
può
un poeta
Dalla
parte
del cielo
Il
nuovo zenit
Risveglio
Lo avverto:
l’Oceano
dell’Aurora
ha schiuso le
porte
ai primi
sbadigli d’oppio
delle misere
ciminiere,
all’irrequieto
pattinare
nella
metropoli
sperduta nel
fango
Dalla Collina delle Colombe
il mio sangue
caldo sul
cuscino
torna a
fondersi
col sangue
del mondo
Verso
assassino
Da questo spazio
finito di buio
stilla
un verso
assassino
e come veleno
mi serpeggia
nel sangue,
carpisce le
parole
al mio
esistere
già
dilaniato
da schegge
d’incubo
Dimmi,
o Signore
degli Arcobaleni,
dov’è
riposta
la mia pietra
angolare,
sì
ch’io possa
sapere chi
sono
e lenire
il tormento
delle ore
La
prossima esclamazione
L’arbusto adolescente
è un
fossile fragilissimo,
come le
strofe recitate male
di una
gioventù senza
ruolo
In un’atmosfera da scandalo,
la vita non
accoglie invocazioni:
la mia voce
è una sillaba
perduta nel
fragore
e la zattera
è già
pronta
Ma sono nato per esserci,
chiedo scusa
al progresso
Non lascerò affogare
le mie forme
colorate
nella taverna
dei numeri:
gli ultimi
frantoi della speranza
mi apriranno
varchi
tra i vuoti
fauni di bronzo
e mi daranno
storie
modellate con
la focaccia e col
vino
Io sarò la prossima esclamazione
Angeli
terreni
Ho incatenato le grida
per ritrovare
i battiti del
tempo
e il Divenire
Angeli terreni mi sorridono,
immobili
sulle soglie dell’Incanto
L’orizzonte è una foresta
in cui
avrò radici
Non è vero che ho bisogno
di incertezze
e crude parole
Uccido ogni giorno il passato
Notti
di luce giorni di buio
Nei labirinti del sogno
sfioravo
l’Infinito
tra le
braccia d’una cometa
e miliardi di
visioni
brillavano
come rubini
sul calore
del mio corpo,
lontano dai
bassifondi
d’ogni tempo
e dolore
Le dita puntate
contro il
rosso cielo
aperto sulla
mia mente,
sulla mia
volontà d’arrendermi,
e falò
di fantasie
che
m’indicavano la via
“Notti di luce giorni di buio,
fatemi ancora
sognare
con le vostre
armoniche
disegnate dal
vento”
fu l’ultima
preghiera
che rubai
alla luna
prima
dell’esplosione
A cosa serve il pianto
L’amore non può
coesistere col timore
Seneca
A cosa serve il pianto
tra queste
mura che già
di lacrime
hanno sapore
e trasparenza,
qui dove
sommesso Amore si curva
su fantasmi e
tracce
di incontri
cortesi più
dell’alba,
di alte
fiamme ai venti riparate
Mai scambierò il tuo cuore
con altri
frammenti d’illusione
e chino tra
nuvole e terre
misurerò
il tuo volo da
lontano,
per renderti
ancor lievi i desideri,
per indicarti
il bene
che avevo e
non t’ho dato
Lasciami guarire – lasciami! –
e fuggi
regina della gioia
oltre l’isola
nel mare
della vita
che sorprende,
uccide e pur
risuscita,
tra specchi
che non rammentino
forme della
mia sconfitta
Un sonno bambino
Sulla mappa del dolore
avevo segnato
i percorsi
di
impossibili guarigioni,
come cerchi
di conchiglie
attorno a
castelli di sabbia,
e da novello
Ulisse
cercavo la
fonte di ogni grazia,
l’acqua della
rigenerazione
che consuma
il vanto
e lascia
immacolato l’ardire
Ma si è poca cosa
dinanzi a un
addio:
un lamento,
un gesto incompiuto,
un fugace
brusio
prima del
silenzio,
la strada
interrotta
dal muro
dell’inquietudine
L’orribile impotenza
Ora che la ragione è quieta
mi adagio in
un sonno bambino
e dalla
purezza di un’elegia
schiva
all’inutile sapienza
mi lascio
docile corteggiare
fino al
sollievo
di un libero
sorriso
Visione
Quando le porte della percezione
sono
spalancate, le cose appaiono
come
veramente sono – infinite
WILLIAM
BLAKE
Cercherai il
mio corpo
e lo scoprirai
su un letto
di cenere,
saprai che
è fatto
di legno arso
e sassi
e dorme nel
chiarore
di uno spazio
allucinato,
dove morte e
vita
si fondono e
confondono
Dovrai guardare
oltre
l’immaginazione,
tra le ombre
che non si
afferrano,
in ogni
intenzione
e in ogni
imminenza,
nella
mutevolezza dei desideri
Vedrai le mie cellule
come pezzi di
un mosaico
approssimato
per eccesso
e ti
apparirà il baro
che ha
truccato le mie carte
E se avrai un sogno,
non
rifiutarlo:
fallo nascere
per me
Corsaro di sabbia
Potrei raggiungere la Cima
seguendo il
sentiero di felci,
ammaestrare
il corvo nero
e farne il
Principe dei Voli
o l’ultimo in
vetrina,
ma voglio che
la morte
mi trafigga
in piedi,
come in un
sogno bellissimo:
gli scudieri
del buio
hanno altri
posti
dove vendere
illusioni
Sono un corsaro di sabbia
che ha una
piccola vigna
in una
contrada lontana,
là
dove i canti
non si
perdono in lamento
e ogni cosa
ha il sapore del
Vero
Insegnami la parola
Insegnami la parola
che rende
liberi e gioiosi,
che sale
nella gola
come lava di
vulcano
e scioglie le
catene
di ogni
solitudine
Denuda la mia anima
con dolce
prepotenza
e interroga
il mio Dio:
lui solo
saprà dirti
quale spirito
ha per me dimora
sulla riva
delle consonanze
Sii Atomo Cuore Madre,
sii vento di
magia
che soffi
senza posa
fino al
mirabile giorno
in cui
vedrò morente
il mio
inquieto errare
Non può un poeta
Non può un poeta
risolvere in
versi
i sensi di
colpa
e la colpa
dei sensi,
né
ricomporre
detriti,
brandelli
di animi
straziati
Il peso della materia
mai gli
darà emozioni
e lo
terrà fermo
nel limbo
della purezza
Che sia cantore
di Universi
in fuga
dalle oscure
cifre
smarrite
nell’ambiguità
La porta della notte
gli resti
sbarrata
Una luce sempre nuova
lo sublimi
Dalla
parte del cielo
Le briciole sfuggite
alle mie mani
fanciulle
sono in
viaggio
nel ciclo
della materia,
tra il
ripudio e il rimpianto
di una mite
stagione
Torneranno, lo so,
torneranno
col loro sapore
all’approssimarsi
del Limite
Dalla parte del Cielo
la mia verde
carrozza
si
aprirà alla luce
Dalla parte del Cielo
si è
trasparente zaffiro
strappato al
sortilegio delle
nebbie
Si è seme che avrà
frutto
Quando la morte mi dirà
di andare, le
chiederò
un altro po’
di fiato
Siederò con lei
e le
racconterò la mia
età felice
Il nuovo zenit
Arabeschi d’azzurro
si aprono
sulla mia
salvezza
e su ogni
stelo
in equilibrio
sul prato del
mondo
Cerco il nuovo Zenit,
una fetta di
luna
o un piccolo
sasso
dove incidere
la mia umile
vita
Pioggia,
scendi a
purificare
queste mie
certezze
sanguinanti e
fragili:
ho l’impegno
di stremare
il Tempo
e cavarmi dal
petto
l’isola di
malinconia
che m’invita
a morire